Al Teatro Augusteo di Napoli è di scena ‘Na Santarella di Eduardo Scarpetta, con Massimo De Matteo e Angela De Matteo, e con Giovanni Allocca, Chiara Baffi, Marika De Chiara, Carlo Di Maro, Luciano Giugliano, Valentina Martiniello, Peppe Miale, Sabrina Nastri, Federico Siano; adattamento e regia di Claudio Di Palma; una produzione Ente Teatro Cronaca, Sgat Napoli e Teatro Augusteo (repliche fino a domenica 11 febbraio).
Era il 1889 quando Eduardo Scarpetta (padre naturale dei De Filippo), all’apice della sua fortunata carriera di drammaturgo-attore-capocomico, trasse da una pochade francese (come quasi tutte le sue commedie) ‘Na Santarella. In essa, il suo personaggio-feticcio Don Felice Sciosciammocca veste i panni di un Maestro di musica per le novizie del convento delle Rondinelle e, allo stesso tempo, segretamente, quelli di compositore di operette licenziose. Tra le sue allieve c’è Nannina, la santarella del titolo, le cui indiscusse capacità canore le fanno sognare la ribalta. La sua occasione arriverà quando, alla prima dell’operetta del suo Maestro, La Figlia dell’Imperatore, la primadonna Cesira, gelosa di Don Felice, dà forfait, lasciando così campo libero alla giovane educanda che si dimostrerà, grazie al suo carattere travolgente, santa e diavola.
«Si tratta di una donna – spiega Di Palma – dalla doppia personalità: timida e timorata di Dio, ma anche estrosa, ribelle, volitiva. Intorno a lei e al suo maestro, l’autore costruisce una rete di umanissimi figuri alle prese con dissonanze interiori non risolte, con vizi, ipocrisie ed ambizioni malamente nascoste. Tutti questi sono capaci di trovare soluzioni alle proprie nevrosi negli stessi equivoci che provocano. Per questo non nasce dramma. Il Teatro di Scarpetta, infatti, si occupa piuttosto proprio del ribaltamento del dramma, ossia, della comicità».
E ciò fece, tra metà Ottocento e primi decenni del Novecento, la sua fortuna, fin quando la Grande Guerra non fece dimenticare al pubblico l’attitudine al riso. ‘Na Santarella, con le sue centinaia di repliche, divenne di gran lunga la sua commedia più amata, tanto da fruttargli una fortuna, che egli spese facendosi costruire una Villa, Santarella, appunto, sul Vomero, sulla cui facciata fece scrivere – su una lapide ancor oggi visibile – “Qui Rido Io”.
Chi pensa si tratti di un teatro e una comicità obsoleti dovrà ricredersi, perché qui si ride e si ride molto. Merito dell’adattamento e della regia di Claudio Di Palma, che conosce bene i meccanismi della comicità dell’Arte e ripropone – in versione aggiornata – tutto il suo campionario di lazzi, tic, tormentoni ed equivoci. Per raggiungere questi ottimi risultati si affida al grande Massimo De Matteo, che conferisce poliedricità di carattere al suo Felice Sciosciammocca e i cui lazzi verbali sono da incorniciare, e all’esuberante Santarella di Angela De Matteo, dalla voce potente e la simpatia straripante. Da segnalare anche Chiara Baffi, impeccabile nei panni della Superiora Donna Rachele, i due bravissimi caratteristi Peppe Miale (Conte Porretti), Giovanni Allocca (Maggiore Angelo Cannone) e tutto il resto del cast, che nel suo insieme si rende anch’esso protagonista. Un apprezzamento particolare va alle scene meta-teatrali di Luigi Ferrigno, ai costumi eleganti e coloratissimi di Annamaria Morelli e alle musiche – che qui hanno particolare importanza – di Paolo Coletta. Spettacolo da vedere perché diverte e perché rappresenta il seme del Teatro Napoletano del Novecento.