“La lezione” al Teatro Sannazaro di Napoli, con Nando Paone, Daniela Giovanetti, Valeria Almerighi, regia di Antonio Calenda
“La lezione” al Teatro Sannazaro di Napoli, con Nando Paone, Daniela Giovanetti, Valeria Almerighi, regia di Antonio Calenda.
“La Lezione” è un atto unico scritto da Eugène Ionesco nel 1951 che fa parte del cosiddetto “Teatro dell’assurdo”, così chiamato per gli avvenimenti trattati privi di logica apparente: assistiamo a una comicità paradossale, macabra, a un dramma dove i nonsense, l’irrazionalità, il paradosso, la ripetizione ossessiva del gioco linguistico prendono il sopravvento.
L’incontro tra il professore e l’allieva di turno procede tra leziosità e carinerie iniziali, con inusitata foga da parte di entrambi e con slanci che sfiorano l’esagerazione. La scarsa cultura dell’allieva, che non è capace di rispondere a banali domande, viene presto a galla, facendo così perdere man mano il controllo emotivo al professore, fino a condurlo a una lucida follia e all’implosione.
L’ allieva non conosce i più banali principi del ragionamento aritmetico né nozioni filologiche. In un crescendo di tensione irrazionale e immotivata prosegue la pièce fino al tragico epilogo finale.
“Era una cattiva allieva, non voleva imparare: non è colpa mia” ripete il professore alla domestica dopo l’epilogo finale, rivelando così il suo fallimento e vuoto esistenziale.
E’ una forma di potere cieco quello che il docente esercita sull’attonita allieva fino ad annullarla fisicamente e psicologicamente, una forma di coercizione a prescindere che mette in atto, attraverso il linguaggio, chi ha nella società un ruolo di comando, del tutto indipendente dal valore e dalla bontà di quello che professa.
Oggi più che mai assistiamo a questa forma di sopruso su masse di persone incapaci di pensare con la propria testa che si affidano ciecamente al potente di turno.
La Lezione è un testo di profetica attualità, quasi simbolo di una società distopica, dominata da social media, da incomunicabilità, dalla prevaricazione, da un sempre crescente nichilismo di valori e da un assenza di regole.
I personaggi di Ionesco si muovono in una zona grigia caratterizzata dal nulla, dalla atrofia della razionalità: il professore e l’allieva tentano di comunicare e interagire con l’altro, nonostante gli ostacoli che alla fine risultano insormontabili, facendo via via emergere istinti selvaggi e deliranti, la parte buia insita nell’animo umano, obbligandoci a riflettere sul lato meno appariscente delle cose. Inoltre l’autore prende una chiara posizione critica contro le falsità e ipocrisie del nazismo.
Il finale è permeato da un pessimismo estremo che porta a considerare ogni nuovo inizio precursore di una nuova fine, in un circolo vizioso di un cerchio infinito, in un interminabile gioco dell’oca in cui si torna sempre al punto di partenza.
Merito dell’attore Nando Paone è quello di alleggerire i dialoghi con la sua surreale verve, restituendoci in una atmosfera grottesca una comicità mai banale che argina la forza incontrollabile del male che invade lo spazio morale e fisico dell’esistenza umana. Le sue indubbie qualità espressive d’interprete sono esaltate anche grazie all’ ottima regia di Antonio Calenda, che riesce a mettere in scena tutta la tensione narrativa di un testo non facile da realizzare.
Da vedere.