«Il passato è fatto di una materia molle e instabile, che cambia forma e consistenza a seconda del momento, dell’umore e della tenacia con cui siamo disposti ad aggrapparci ai ricordi»
E Viola Ardone ci sorprende ancora una volta con il romanzo Grande Meraviglia (Ed. Einaudi, Stile Libero Big, pag. 298), il terzo di un’ ideale trilogia del ‘900, preceduto da Il treno dei bambini e Oliva Denaro.
Questa volta siamo negli anni ’80 e la protagonista si chiama Elba, come il grande fiume del Nord. E’ stata sua madre di origini tedesche, la Mutti ,a sceglierlo.
Vivono entrambe in un luogo fantastico e misterioso il Mezzomondo che in realtà è un manicomio, il Fascione. La piccola cresce in quel luogo di dolore e di sofferenza e dopo una parentesi dalle Suore Culone per imparare a leggere e a scrivere, ritorna ma non trova più sua madre. Non le rimane che scrivere una sorta di diario a cui dà il nome di Diario dei malanni di mente raccontando il suo universo dilatato deve vivono le uniche persone da lei frequentate: il primario Colavolpe, il dottore che esegue gli elettroshock Lampadina, l’infermiera Gillette con il volto reso ispido da una tenace peluria, Nana la Cana. E poi i numerosi pazienti: la Nuova anoressica e quindi pelle e ossa, Nonna Sposina che non fa altro che burbureggiare, aspettando il suo sposo, Mastro Lindo che ha tentato di suicidarsi con la candeggina, Sandraccio Non ce la faccio, Mappina che ruba gli oggetti, soprattutto quelli che luccicano, Aldina la poetessa sovversiva. “«Noi matti siamo piante con le radici in vista: se abbiamo fame ne abbiamo troppa, se non ne abbiamo non mangiamo più, se siamo contenti cantiamo e balliamo, se siamo tristi è come se fossimo morti da un pezzo. Se abbiamo un sospetto è già diventato realtà, se abbiamo paura è una porta spalancata nel vuoto. Se abbiamo voglia di parlare, le parole diventano un fiume…». Eppure Elba in questo luogo infernale ha punti di riferimento precisi e regole da rispettare scritte nel famoso Diario e gioca con Lello Cammello, a Regina reginella, alla Caramella fuggita o al Cinema muto.
Un giorno varca la soglia del Fascione un nuovo dottore: Fausto Meraviglia. Giovane psichiatra seguace di Franco Basaglia riesce a tirare fuori dal manicomio Elba, portandola ad abitare a casa sua, imparando da lei il peso e la forza di una nuova paternità.
Viola Ardone ci ha abituati ad una scrittura intensa e profonda, personalissima e struggente nella descrizione dei personaggi e dei luoghi. Il lettore viene trasportato nello sguardo limpido e chiaro di Elba e nel suo mondo ed impara a vivere con lei in quel luogo terribile e feroce quale può rivelarsi un manicomio. Sebbene la legge Basaglia n° 180 risalga al 1978, siamo ancora oggi prevenuti nei confronti dei malati di mente e ben lontani dal dare loro la dignità di persone. Pertanto la storia di questa bambina diventa denuncia sociale e non a caso ritroviamo il personaggio di Liliana Calò incontrato nel romanzo Oliva Denaro.
Viola Ardone è consapevole che proprio le donne venivano segregate e fatte sparire nei manicomi a volte senza una ragione plausibile e tutta la sua forza narrativa la pone al servizio di queste creature fragili ed indifese eccellendo in particolare nella loro descrizione, ricca di immagini poetiche: “La mia Mutti era bella: i capelli di muschio dorato, gli occhi di foglie croccanti, le dita di edera rampicante”.
Elba viene riconosciuta finalmente una persona da Fausto Meraviglia con un amore grande anche se imperfetto e limitato perché ciascuno di noi sente prepotente il bisogno di amare e di essere amato e che l’amore degli altri non dipende soltanto da noi. Ed Elba, in una lettera indirizzata a Fausto, scriverà con la sua grafia piccola ed inclinata a destra: «Anche se non ricevo tue notizie continuo a pensare a te, l’amico dei matti e dei gatti. Per me sei sempre vivo, come tutte le cose che consolano».
La vera libertà è riuscire ad immaginare la propria salvezza e l’amore è un sentimento incomprensibile, è una forma di pazzia. In una splendida giornata di sole o con la neve, dopo una partita di pallone dove tutti sono usciti a respirare la vita, tutto si condensa in un urlo di gioia e in un abbraccio.
Grande Meraviglia è un romanzo da leggere avidamente. «Non era pazza la mia Mutti. Era sana in un mondo di folli. É finita qui per non rinunciare a me. Per dare la vita a me, ha rinunciato alla sua». Esiste Amore più grande?