Lo scrittore e sceneggiatore italiano parla del suo ultimo lavoro dal titolo "Sorelle - Una storia di Sara"
Dal 16 maggio è nelle librerie e negli store un nuovo romanzo di Maurizio de Giovanni dedicato all’ex agente dei servizi segreti Sara Morozzi dal titolo Sorelle -Una storia di Sara (Ed. Rizzoli, pag.255, Collana Nero).
Apparsa per la prima volta nel 2018 in formato racconto nel volume Sbirre, Sara Morozzi si occuperà in questo nuovo capitolo del rapimento della sua migliore amica e collega Teresa Pandolfi, detta la Bionda.
Soltanto Sara può indovinare la pista per salvarla, quella cui arriverebbe, in uno slancio dell’anima, una sorella.
Noi di Mydreams abbiamo seguito via streaming un incontro con Maurizio de Giovanni organizzato dalle Librerie UBIK per Connessioni. Dopo i saluti e i ringraziamenti di rito, il noto scrittore partenopeo ha risposto alle numerose domande che gli sono state rivolte.
Come nasce questo nuovo libro dedicato a Sara Morozzi?
«Sia la scrittura che la lettura sono delle attività solitarie e la scrittura seriale ha un che di speciale. Si entra in un condominio dove tu vivi giorno dopo giorno e le persone che incontri entrano nella tua vita. Ho incontrato Sara un sabato sera. Io ero in moto e quando mi vide non ebbe paura di me e mi rassicurò con un sorriso. Quella donna dai capelli bianchi e vestita in modo non appariscente mi fa compagnia dal 2017 ed è il mio personaggio preferito con il quale andrei a cena tutte le sere. Di conseguenza la serie che la vede protagonista mi sta particolarmente a cuore perché ha qualcosa di diverso, di alieno da me . Mi sono divertito tanto durante la stesura dei romanzi a lei dedicati.
É scontato dire che facciamo meno figli e quindi abbiamo meno fratelli e sorelle e siamo meno connettivi. Michela Murgia ha specificato in una recente intervista che i rapporti emotivi sono superiori a quelli di sangue ed io sposo questa tesi. Tutte le mie lettrici sono portatrici di dolcezza e di intelligenza tali da rendere duraturi e profondi i legami d’amicizia. Anche se non ci si vede spesso con un’amica basta una telefonata per riannodare un rapporto e sentirsi di nuovo capite e comprese. Ho riflettuto molto su questo. Teresa mi ha chiesto aiuto e io le ho mandato Sara, forse l’unica che può salvarla. Il ritmo del romanzo è serrato fin dalle prime pagine ed è ricco di tensione. C’è bisogno di fare presto e Sara sarà aiutata da tutta la squadra».
I lettori si stupiranno ,leggendo il romanzo, di come lei abbia saputo descrivere questo rapporto tra “sorelle” che dura da trent’anni.
«Per uno scrittore uomo scrivere di donne è molto più facile e bello perché si hanno a disposizione più colori e più sfumature. Noi siamo più banali. Per quanto riguarda il tempo ho fatto questa riflessione. Se prendiamo due metalli diversi e li sottoponiamo ad altissime temperature si attaccheranno tra loro. Nel momento in cui li staccheremo tracce dell’uno si troveranno nell’altro. Un dolore o una gioia ti uniscono per la vita. Porterai sempre quelle tracce che ti hanno saldato ad una persona e la memoria di quelle esperienze condivise resisterà al trascorrere del tempo. Vedere le cose in questa prospettiva mi piace molto, mi affascina».
Siamo noi che ci scegliamo o lo fa il destino?
«Credo che alcuni cambiamenti si subiscono. Penso questo proposito alla perdita di una persona cara. Se questa persona faceva parte di te è inutile pensare di lottare contro il dolore perché ne usciresti sconfitto. Devi imparare a conviverci e accarezzare quella cicatrice. E quel ricordo può anche essere bello, anzi il più bello tra i ricordi. Non sono mai stato più vicino a mia madre come adesso che non c’è più. Massimiliano è presente nella vita di Sara».
Perché ha scelto un ritmo di scrittura veloce sin dalle prime pagine?
«Mi rendo conto di avere una scrittura più intima e sentimentale ma in questo romanzo ho dovuto per forza di cose accelerare il ritmo perché dovevo raccontare tantissimi avvenimenti che accadono. Porto i lettori su una sorta di montagne russe trasferendo in essi la tensione emotiva di Sara per salvare Teresa».
Come è riuscito a dare potenza letteraria al personaggio di Sara, un ex agente segreto?
«Perché sono pazzo di Sara. Non credo che nel panorama della letteratura nera italiana ci sia un personaggio così particolare ed originale. Questo personaggio mi consente non solo di scavare nel suo animo ma anche nei misteri degli ultimi 30 anni. Mi sento come un esploratore che va alla ricerca di luoghi sconosciuti e tutte le cose che racconto sono verosimili. In Sara trovo delle alternative di narrazione che le altre serie non mi consentono».
I lettori notano questo “innamoramento” e se ne accorge anche lei quando scrive?
«Per me è come guardare la crescita dei propri figli. Tu vuoi bene a tutti ma con uno in particolare ti senti più affine. Nella serie di Ricciardi io mi sento Maione perché faccio fatica a comprendere il commissario e questo suscita in me tanta tenerezza. Sara ti guarda ma non te ne accorgi perché il suo sguardo è rivolto altrove e non lo incroci mai. Spesso ha le mai appoggiate e ferme sulle gambe ma proprio perché sta ferma vedi i percorsi della sua mente. Ha il fascino dell’ostrica ed è il mio esatto contrario. Lei è ferma, rallentata, ha una vibrazione che King chiamerebbe Shining».
I lettori si innamorano spesso degli scrittori.Condivide questa affermazione?
«Lo spettatore televisivo guarda mentre il lettore è strettamente connesso con lo scrittore e con i personaggi ma la vera attività creativa è del lettore. Lo scrittore immagina ma il lettore vede. Io non mi reputo uno scrittore alto ma provo molta empatia per i miei personaggi. Quando sono stato male non ero dispiaciuto per me ma per loro. Per questo ho scritto Caminito».
Boris e Pardo ormai sono una coppia a tutti gli effetti.
«In ogni mia storia o serie delego ad alcuni personaggi la parte della commedia aumentando un certo realismo. Nei Bastardi questo compito l’ho affidato ad Aragona che si crede irresistibile e non si accorge delle sue numerose gaffe mentre in Ricciardi, Bambinella crede erroneamente che il mondo lo ami per quello che è. Tratto male Pardo con piena consapevolezza e anche Boris lo fa perché è un cane con lo spirito camorristico. Mi sono molto divertito a bullizzare questo personaggio».
Per la serie Sara lei fa numerose ricerche. In che modo?
«É vero faccio delle ricerche accurate ma non posso svelare le fonti. Il personaggio di Andrea Catapano è complementare a quello di Sara perché sfrutta la cecità per affinare l’acume e la potenza degli altri sensi. Presso l’Istituto Martuscelli di Napoli mi sono sottoposto ad un esperimento. Ti mettono una benda e ti portano in un luogo buio dandoti un bastone per ciechi. Senti dei rumori e degli odori e percepisci degli ostacoli in ambienti diversi quali possono essere un bar, un supermercato, un cinema o un vicolo. Dopo questa esperienza sei una persona diversa e comprendi le difficoltà a cui è sottoposto quotidianamente un cieco o un ipovedente».
Scriverà un libro sul terzo scudetto vinto dal Napoli?
«I tifosi juventini sono abituati alla vittoria, noi napoletani siamo giubilari nel senso che trascorre un lungo lasso di tempo tra uno scudetto e l’altro. Possiamo pertanto formarci il nostro epos ed essere testimoni del racconto degli altri».
Al termine della chiacchierata Maurizio de Giovanni dà una notizia: ci sarà per Netflix una serie televisiva su Sara Morozzi.