“Un Campari a Veracruz” è l’ultimo lavoro dello scrittore Gianni Morelli, edito da Morellini Editore. Dopo “Amori, altopiani e macchine parlanti” (Garzanti) e “Rosso Avana” si completa la trilogia latinoamericana. Il romanzo ha visto la luce grazie ai viaggi dell’autore in quei luoghi di bellezza e colori, senza dimenticare il Campari che ha scoperto per caso in un Bar di Veracruz. Una storia che ha messo insieme racconti e sogni. Una straordinaria narrazione intrisa di realismo magico che ha tracciato la strada alla realizzazione, appunto, di una trillogia. Dell’ultimo lavoro abbiamo interloquito con l’autore.
Gianni Morelli è al suo terzo romanzo, si vuole presentare?
Sono nato nella seconda metà del secolo scorso da una famiglia di sarti, mi sono occupato di chimica-fisica, matematica e geografia. Sono stato tra gli ideatori della collana di guide turistiche ClupGuide (96 titoli dal 1979 al 2007), dal 1980 scrivo saggi e articoli per riviste, dal 2002 scrivo racconti e romanzi, tra cui “Amori, altopiani e macchine parlanti” (Garzanti, 2009) “Rosso Avana” (ADV Lugano, 2016) e “Un Campari a Veracruz” (Morellini, 2023).
Un Campari a Veracruz è un romanzo ambientato in Messico, mi può spiegare perché il Campari, bevanda notoriamente novarese?
È stata una sorpresa anche per me scoprire a Oaxaca, nel mezzo della Sierra, un bar dove il Campari era considerato la bevanda d’eccellenza per chiudere la notte o per aprire la mattina. Quel Bar si chiamava “Mocambo”. Oggi chiuso.
Lei descrive il romanzo come un coro operistico, dove ci sono sei protagonisti, mentre alcuni soltanto “Abbozzati” quasi fossero allestimenti scenici, quindi deduco che ha voluto costruire un impianto teatrale dove i protagonisti raccontano le proprie storie, o i propri profili, in che modo sono venuti fuori i personaggi del romanzo?
È esatto. Immaginate un’opera lirica con i protagonisti, i comprimari dietro di loro e il coro tutto intorno davanti alle quinte e al fondale. Ciascuno ha uno spazio definito ma chiaro e insieme creano lo spettacolo.
La Regina è il personaggio misterioso che comprende i piaceri, le volontà e le anomalie di ogni essere umano, cosa rappresenta per lei la donna della Limousine bianca?
Il Sogno. Il sogno che si è materializzato per un momento e poi si è nascosto da qualche parte. Il sogno è miraggio, desiderio, illusione, bellezza, meraviglia, splendore, incanto. Ci sono sogni che non si lasciano abbandonare.
Cosa scatta in Yani nel voler rintracciare a tutti i costi la Regina? Infatuazione, o che altro? La sensazione che quella sia la donna del suo destino?
Proprio così: quella donna è il suo destino. Yani è un sarto italiano che si trova a Veracruz per una serie di eventi e di coincidenze scritte nella sua storia. E quella donna gli sembra il passo decisivo verso la felicità.
La storia si concentra su determinati luoghi: il balcone dell’Hotel, la sartoria“El Elegante”, il “Mocambo”, Juchitán, e tanti altri luoghi. Questi luoghi rappresentano la concentrazione della storia. Tutto inizia da lì, o è parte essenziale del romanzo? E perché la scelta?
Tutto inizia, continua e si conclude lì. Non è una scelta, è il sogno.
Lei narra con precisione i luoghi, gli odori e i colori del Messico, perché ha deciso di ambientare il suo romanzo proprio lì? Nostalgia o passione per il luogo? È una fotografia a colori o bianca e nera che ha inteso scattare?
Nei miei diversi viaggi messicani ho scoperto, oltre a mille altre cose, il porto di Veracruz con le luci della notte, il Campari del Mocambo e le straordinarie donne di Juchitán, una vera comunità che continua a vivere con tutti i suoi usi, i suoi costumi, le sue regole dettate dalla porzione femminile della città. Tutto legato alla cultura zapoteca che si è insediata nell’area pacifica del Messico meridionale dopo essere stata scacciata dalla Sierra dall’arrivo di Mixtechi, Aztechi e Spagnoli.
Nel suo romanzo cosa c’è di vero? E quanto frutto della sua fantasia?
È tutto vero ad eccezione dei due protagonisti e del sogno che li lega.
La saponetta Camay, il suo profumo, la bellezza femminile, e la dolcezza di un aroma quasi dimenticato, c’è un motivo perché prende lustro abbinandola alla regina?
“Camay, quel pizzico di fascino in più”. Dagli anni sessanta un mito fatto di schiuma e profumo.
Il romanzo gira intorno alla ricerca estenuante di Yani per incontrare la Regina, il suo è stato un colpo di fulmine? O quale necessità?
Yani è un sarto, conosce i segreti del filo e delle stoffe, il miracolo di un capospalla perfetto. La regina potrebbe essere il senso più profondo della sua vita.
Senza entrare nei dettagli, senza scoprire troppo, tra la regina, Yani e il Campari, per non parlare della saponetta Camay, cosa li unisce?
Senza entrare nei dettagli, li unisce questo romanzo.
Se dovesse definire il suo romanzo in poche parole, in che modo lo illustrerebbe?
Questo romanzo è il filo di un sarto che cuce uno sull’altro la notte del porto di Veracruz, il bancone di un bar chiamato Mocambo e i fiori multicolori ricamati sugli abiti delle donne del Messico meridionale. Riuscirà quel filo sottile a tenere insieme tutto questo o si spezzerà prima di trovare la regina che lui vorrebbe vestire di Luna?
Sono previsti eventi per la presentazione di “Un Campari a Veracruz”?
La presentazione ufficiale è stata ospitata dal Grand Hotel et de Milan, una scenografia straordinaria, piena degli echi di Verdi, di Caruso e di altri straordinari personaggi. Altre ne seguiranno.