Quanta importanza ha per la nostra radice culturale un disco come “Largo di Castello – balli e canti su colascione e chitarra battente alla maniera antica” – opera prima di Alessia Luongo, musicista, ricercatrice, in qualche modo potremmo definirla anche storica di un’arte antica e di un suono antico. La Luongo ha studiato per anni quel certo modo di riportare alla luce il suono e la canzone che andava in scena nelle piazze popolari di una Napoli del 1700, ha restituito voce agli strumenti antichi, a quel certo modo di suonarli, alle maschere che ne fanno da corredo e alla grandissima tradizione teatrale con le sue tante derive. Un disco che vede la stretta collaborazione di Manuel Pernazza (ambasciatore nel mondo della maschera di Pulcinella, col quale collaboro e porto in tutto il mondo in scena spettacoli-musicali che coinvolgono l’opera buffa, la musica e la commedia dell’arte) e, non ultimo, con il M° Roberto De Simone. Nel disco non solo grandi tradizionali ma anche nuove scritture che la Luongo interpreta seguendo quel preciso modo di pensare alla canzone antica.
Napoli è la nostra casa dunque ci sentiamo tutti figli di questo disco… “Largo di Castello” è anche la napolitanità di oggi o rivediamo una Napoli che non c’è più?
Decisamente una Napoli che non c’è più. Sono stata recentemente a “Largo di Castello”. Oggigiorno si chiama Piazza Municipio. E’ un qualcosa di totalmente irriconoscibile, una storia che non viene ricordata neanche dal comune stesso di Napoli, che avrebbe comunque potuto porre delle targhe per commemorare figure storiche e avvenimenti importanti accaduti in quella piazza. Come posso dire che è una Napoli che vive ancora oggi? Magari nei sentimenti, negli slanci emotivi sopravvive tutto questo, ma anche nel modo stesso di rapportarsi all’arte e alle sue radici, Napoli ha dimenticato tutto. Io ho un debole per via dei Tribunali, sempre a Napoli. Tuttavia, provo estremo odio per via di San Gregorio Armeno, la via dei presepi, piena di stereotipi commerciali e che dello splendido ricordo della bravura dei vecchi artigiani non ha più nulla, neanche l’anima. Napoli è una città che oggigiorno vive di luci e ombre, di contraddizioni continue. Io resto speranzosa sempre che possa risollevarsi. Io non vivo a Napoli, vivo a Roma. Sono sincera, non vivrei a Napoli, almeno in quella di oggi. Il mio disco spero sia la casa di quell’anima e quello slancio emotivo di cui raccontavo poco fa.
Con Manuel Pernazza, nella vita come nel mestiere, portate avanti la cultura della commedia dell’arte, delle maschere, l’opera buffa. Da più parti si parla di tutto questo come di un’arte che al pubblico chiede partecipazione… non è solo qualcosa da vedere… o sbaglio?
È qualcosa da comprendere, in questo senso, vi è partecipazione. Durante i live vi è molto racconto, molte spiegazioni dovute al pubblico perché comunque è da raccontare una storia molto più grande. Manuel Pernazza è ad oggi ambasciatore della maschera di Pulcinella, titolo conferito dal Museo di Acerra. Ho invitato lui in scena per rappresentare la tradizione del Teatro San Carlino, che aveva luogo proprio a Largo di Castello nel 1700. Credo che la potenza di queste melodie e maschere sia di creare un’energia unica tra gli artisti e gli uditori, fino ad abbattere continuamente la quarta parete. La magia di queste musiche è proprio quella di far ritrovare tutti in una piazza e quindi il pubblico diventa parte attiva. È questo che voglio quando metto in scena la performance legata al mio disco.
In scena cosa accade? I costumi e le maschere da dove li prendi?
In scena si ricrea un universo romantico in cui pantomima, commedia dell’arte, opera buffa e musica antica ritornano nell’armonia di una passato mai dimenticato, in cui il pubblico subito si identifica. La maniera universale del parlare di determinati modi, maschere, lazzi e canti fanno fare un viaggio allo spettatore in un’epoca che non ha un determinato anno. Lo spettatore sa solo che sta viaggiando in una magia surreale, dove tutto il modo di comunicare è metafisico. I costumi e le maschere sono anche loro portali di questo universo; sono stati recuperati assieme a costumisti e mascherai, artigiani e scenografi partendo dallo studio delle iconografie. Ho il vanto di possedere maschere che mi hanno costruiti artigiani di fama mondiale, appartenenti a famiglie storiche, che oggi purtroppo non si possono più trovare. Per arrivare a tutto questo, bisogna che si faccia un grande percorso di studio con le persone giuste e i Maestri adeguati che sappiano indicare a chi riferirsi di conseguenza. Tutto è personalizzato e studiato in base ai movimenti e nessun dettaglio è tralasciato, addirittura, il colore della calze usate in scena, per cui il grande Maestro Roberto De Simone ha voluto avere l’ultima parola, facendo comprendere che anche quello aveva un suo profondo perché e significato. Insomma, non entro decisamente nel primo mercatino dell’usato come fanno tanti tanti troppi altri… e per causa loro sta andando tutto male.
E gli strumenti antichi: oggi chi li costruisce? Sono repliche affidabili?
Oggi abbiamo la fortuna di avere molti liutai e artigiani di qualità molto alta riferito alla musica. Sicuramente anche da loro vi è uno studio immenso, specifico, colto e accurato. Ho potuto assistere a delle ricerche di alcuni liutai e sono rimasta veramente colpita dalla loro cura nelle misure, nel ritrovamento di determinati modelli storici recuperati da Musei dimenticati in capo al mondo. Vi sono ottimi artigiani all’estero e in Italia che operano meravigliosamente su tutti i legni e gli strumenti. Ovviamente io mi riferisco agli strumenti a corde pizzicate perché è il mio ambito, tuttavia spero che sia così anche per gli altri strumenti, e che anche altri musicisti possano trovare artigiani adeguati e i giusti riferimenti. Adoro ascoltare i liutai che raccontano di tutto ciò che hanno potuto riscoprire e recuperare, perché mi fa conoscere quanto sia spettacolare la loro ricerca e anche io in questo modo so valutare e capire a chi poter commissionare qualcosa o meno. Per quanto riguarda le repliche… mi trovo in imbarazzo a rispondere a questa domanda. Avrei bisogno di poter ascoltare in una maniera VERA, AUTENTICA il suono di certi strumenti. Esiste questa maniera vera e autentica? Nel senso… abbiamo diversi strumenti musicali originali nei musei, qualcuno parla addirittura di farli suonare… di farci tornare nel passato di quei suoni MA a causa, giustamente, della loro “anzianità” non possono essere accordati nella maniera in cui suonavano secoli fa. Ho il sogno di poter suonare una chitarra battente del 1700. SO che non sarà facile e possibile e soprattutto so che la sua accordatura dovrà essere particolare, ma credo sia un’esperienza fantastica e da fare, e dalla quale si potrebbe comprendere molto. Anche solo poter capire come potesse essere, poter accarezzare il legno e sentire la madreperla e poter percepire le anime di chi ha suonato prima di me e di coloro che hanno ascoltato il suo suono originale.
“Largo di Castello” è un omaggio tuo personale a Napoli… almeno così mi piace leggerlo. Sarebbe auspicabile pensare a derive nelle città vicine? Perché penso che come il dialetto, così anche la musica subisce variazioni sul tema a seconda dei luoghi… sbaglio?
Assolutamente! Sono contenta, anzi, che le città vicine possano sentire anche loro un omaggio con questo album. La piazza di cui io parlo raccoglieva, appunto, tutti i popoli e le culture! E’ per questo che è ambientato lì nello specifico. La mia intenzione era proprio riconoscere il crocevia di persone che vanno, che vengono… Io ad esempio, non sono di Napoli. Io sono della provincia di Avellino, io sono proprio una di quelle persone che in antichità si sarebbe mossa da Avellino per andare a raccontare la sua storia a Napoli, con la sua chitarra battente sulle spalle. Nel mio album vi sono diversi brani che hanno origini proprio nei dintorni di Napoli.
Il futuro secondo Alessia Luongo: domanda che sulle prime sembra strana pensando a questo disco… ma se te lo chiedessi, cosa mi rispondi? Come vedi il futuro del suono e della musica secondo te?
Io non posso esprimermi sulla musica moderna; non ne ho i mezzi e soprattutto sarebbe ingiusto una mia qualsiasi leggerezza a riguardo perché sono veramente poco acculturata sulla musica moderna. Quindi, non so cosa rispondere a questa domanda, perché incuriosisce anche me in primis sapere quale sarà il futuro della musica, sicuramente non morirà mai. Per quanto riguarda il genere che propongo io, invece, ho purtroppo brutte sensazioni riguardo a eccessivi classicismi e chiusure da parte di alcuni musicisti classici, e dall’altra parte, troppa contaminazione a discapito delle radici dall’altra parte da parte di musicisti folk. Ecco, diciamo che anche qui, sono molto curiosa di quello che accadrà, tuttavia in questo caso non posso celare una mia preoccupazione e dispiacere perché non so bene cosa succederà. Sicuramente attendere che la musica faccia il suo dovere “è cosa buona e giusta” e bisognerà restare in ascolto. In ogni caso, per chi ha una missione, non bisogna mai desistere e ricordare i valori che porta avanti, contro tutto e contro tutti.