A cinque anni di distanza dal suo precedente lavoro Scatole di vetro, Maurizio Petrelli ha pubblicato il suo nuovo album Scrivo canzoni per mosche e zanzare che contiene 8 inediti e due cover. Ecco la tracklist: Nilo, Avanti c’è posto, Spicchio di luna (brano di Sergio Caputo), Ce la farai, Vecchio farmacista, Effimero amore, Hey Maria, Una lettera, Questa è la mia vita (brano di Domenico Modugno), Ovunque tu sia.
In questo suo ultimo lavoro discografico, Maurizio Petrelli, si discosta un po’ dagli stili della Big Band e della Jazz Orchestra che avevano contraddistinto i suoi precedenti album, a favore di uno stile più intimista. Complice di ciò sono stati certamente i due anni di lockdown che lo hanno portato a riflessioni più profonde sul senso della vita.
Noi di Mydreams abbiamo avuto il piacere di intervistarlo.
Il tuo nuovo album ha un titolo particolare, fortemente ironico. Ce ne spieghi la genesi?
Certo, il titolo è volutamente ironico. La musica cosiddetta mainstream, che dura da un po’ di anni monopolizza i media, proviene in gran parte dai generi rap e trap, tranne alcune eccezioni. Quella che faccio io, ovvero la musica scritta sul pentagramma, la canzone classica nel senso nobile del termine, fondata su melodia e ritmo, suonata da musicisti in carne ed ossa e non programmata da un computer, pare non interessare più. Sono convinto che ci sia un pubblico al quale possa piacere questa musica, ma quando compongo e scrivo ho spesso la sensazione che a quel pubblico non potrà mai arrivare. Da queste considerazioni è venuto fuori il titolo Scrivo canzoni per mosche e zanzare.
In cosa differisce dai precedenti?
La differenza consiste innanzitutto nel suono che accantona in parte lo stile Big Band, e nelle tematiche che sono ovviamente figlie di due anni “speciali” che per fortuna ci siamo lasciati alle spalle. Il filone romantico-nostalgico però resta.
Per quali motivi hai atteso ben 5 anni prima di pubblicare un nuovo album?
Due anni li ho spesi nella continua ricerca a risposte alle tante domande che ognuno di noi si pone inevitabilmente nella vita e sulle sue prospettive.
Qual è il fil rouge che attraversa i brani?
Forse nel fatto che ho ripercorso a ritroso tutta la mia vita. Sono stato molto fortunato. Ho vissuto intensamente con esperienze di viaggi in tutto il mondo, incontri, scambi culturali, osservazione su culture distanti dalla nostra, sempre affascinanti. Tante partenze e tanti ritorni, continuamente arricchito di cose nuove, stimolanti e talvolta inaspettate ed imprevedibili.
Nell’album sono presenti due cover: Spicchio di luna di Sergio Caputo e Questa è la mia vita di Domenico Modugno. Cosa rappresentano per te questi due brani e perché li hai scelti?
Il primo, riarrangiato egregiamente da Andrea Presta , mi porta negli anni’80, quelli della mia giovinezza musicale. Ambientazioni “nightclub” che non si vivono più, luci rarefatte ed effetti retrò intriganti. L’altro brano di Domenico Modugno, meno noto, l’ho scelto per il testo e ho suggerito un’atmosfera “Lisboa antigua” con un ritmo beguine ed una fisarmonica strepitosa del maestro Loderini, leccese doc…
Quanto ha inciso sul tuo modo di fare musica il Salento e le sue tradizioni?
Ha inciso pochissimo in quanto avendo fatto i miei studi universitari a Bologna negli anni ‘70, ho ascoltato altro. La tradizione musicale del Salento, che amo in modo viscerale, non ha avuto nessuna influenza sul mio modo di fare musica e non ha vicinanza musicale con il mio mondo.
Con quali artisti ti piacerebbe collaborare in un prossimo futuro?
Bisognerebbe fare la domanda al contrario. C’è qualcuno tra i grandi che ha la curiosità di ascoltare le canzoni di un perfetto sconosciuto come me ed ha addirittura il coraggio autolesionista di duettare insieme?
Come promuoverai Scrivo canzoni per mosche e zanzare?
Attraverso live, ai quali accorrerete più numerosi possibile e attraverso radio e TV.