Dalle approfondite ricerche sul canto gregoriano e sulle tecniche compositive antiche è stato concepito Do Ut Des, il terzo disco degli AB Quartet, il virtuoso quartetto jazz composto da Antonio Bonazzo (pianoforte), Francesco Chiapperini (clarinetto e clarinetto basso), Cristiano Da Ros (contrabbasso)e Fabrizio Carriero (batteria e percussioni).
L’album Do Ut Des, pubblicato dall’etichetta Red&Blue, disponibile su tutte le piattaforme digitali, è un album contemporary jazz, con sonorità rock ed elettroniche, che richiama alle atmosfere ancestrali tipiche del canto gregoriano. I brani del disco sono scaturiti dalla verve compositiva del pianista Antonio Bonazzo, fatta eccezione per Lente Sed Sine Misericordia e Ut Queant Laxis, frutto della creatività del contrabbassista Cristiano Da Ros. In occasione dell’uscita del disco abbiamo intervistato il pianista Antonio Bonazzo.
È uscito il vostro terzo disco dal titolo Do Ut Des ispirato al canto gregoriano. È un album jazz frutto di sperimentazione, ricerca, conoscenza della musica antica, ma anche della vostra creatività come jazzisti.
“Do ut des” è partito inizialmente dallo studio del repertorio gregoriano sul liber usualis, una raccolta dei canti gregoriani utilizzati per la messa. Dalle melodie gregoriane ho tratto diversi spunti melodici molto interessanti che alla fine sono diventati temi o parte di questi all’interno dei pezzi del disco. Poi parallelamente al lavoro sui temi c’è stato quello di riscoperta delle tecniche compositive antiche come il contrappunto, i procedimenti imitativi i madrigalismi e così via. Alla fine tutto il materiale è stato rimaneggiato e utilizzato nei pezzi creando una musica ibrida in cui le eco della musica antica convivono con sviluppi musicali mutuati dalla musica elettronica, dal rock e dal jazz ovviamente.
Che significato assume per il vostro percorso artistico la realizzazione di questo nuovo disco?
È difficile inquadrare il proprio lavoro con obiettività essendoci ancora in mezzo. Quello che noto di più è che rispetto al disco precedente mi sembra più vicino al rock e alla musica elettronica. In ogni caso mi fa piacere che il sound e lo stile del quartetto restino riconoscibili in tutti e tre i dischi che comunque sono lavori molto diversi.
Il brano Dies Irae, riprende il canto gregoriano Dies Irae, “Giorno dell’ira”, scritto nel XIII secolo da Tommaso da Celano, una parte del requiem, la liturgia eucaristica in suffragio per i defunti. È un canto gregoriano che ha ispirato nei secoli tanti compositori. Quanto vi ha entusiasmato sviluppare questo pezzo?
È stata una sfida non da poco soprattutto pensando a quanti grandi compositori l’hanno utilizzato all’interno della loro musica. In realtà questo tema è molto facilmente riconoscibile e si presta a diversi tipi di sviluppo. Nella nostra versione ho pensato uno sviluppo basato sulle imitazioni: la linea di basso è il tema per aggravamento ossia è la stessa melodia con valori più larghi mentre le parti in note veloci che contrappuntano la voce principale sono l’imitazione del tema per diminuzione. Per completare l’ibridazione il tutto è accompagnato da una ritmica drum and bass con qualche influenza di prog degli anni ’70. É un pezzo che mi ha fatto impazzire durante la composizione ma sono contento del risultato.
Beata Viscera trae ispirazione dal Beata Viscera Mariae Virginis, un inno alla Vergine Maria composto da Pérotin nel 1220. È un brano che trasmette gioia!
Sì, sono d’accordo con te. Beata viscera ha una linea melodica meravigliosa e quello che mi sembra incredibile è come a distanza di secoli riesca ad essere assolutamente attuale senza comunque perdere il suo sapore arcaico. In generale in tutto il disco ho cercato di non perdere il contatto con l’antichità e di non snaturare il carattere dei canti originali.
Papa Benedetto XVI è stato difensore e promotore del canto gregoriano come canto liturgico e preghiera.
Papa Benedetto è una persona di grande cultura ed è anche musicista. Sicuramente il gregoriano è il canto liturgico per eccellenza nella chiesa cristiana e con il suo carattere severo non può che richiamare al raccoglimento della preghiera. Questo chiaramente esula dalle nostre intenzioni, il disco non ha carattere religioso ma è vero che richiama l’intimismo dei luoghi di preghiera e soprattutto esige un ascolto attento e profondo.
In questi anni vi siete esibiti in Italia, Svizzera e Francia riscuotendo notevole successo. Quali ricordi custodite di quei concerti?
I ricordi più belli non sono legati tanto dall’importanza del concerto quanto a quella particolare alchimia che si crea col pubblico e con la situazione in generale. Tra questi uno dei concerti di quest’estate in Francia è stato fantastico. Il pubblico veramente caloroso era entusiasta nonostante non si trattasse di un festival specializzato nel jazz contemporaneo e la location, un vecchio fienile riattato a teatro, ha dato quella spinta in più che ha lasciato in tutti noi un ricordo bellissimo. Un’esperienza che speriamo di ripetere anche con questo nuovo disco.
Sono previste serate live in questo periodo?
I prossimi concerti sono ancora quelli che erano stati fissati l’anno scorso mentre stavo aspettando di uscire col disco nuovo per cominciare a proporre le prossime date. Al momento è stato confermato il concerto al ’67 Jazz Club di Varese ma sto aspettando conferme per diversi altri club e per una tournée in Francia in estate.