L’ultima fatica letteraria di Michela Murgia ha per titolo God save the queer-Catechismo femminista (Ed. Einaudi, Collana Stile libero, pag.152).
Dopo Ave Mary la nota scrittrice sarda affronta con una raffinata verve dialettica il controverso rapporto tra femminismo e religione e sente prepotente la necessità di «capire quali aspetti della vita e della spiritualità siano davvero inconciliabili come sembrano e soprattutto se questi aspetti siano realmente fondativi della professione di fede e non un’eredità storica che è doveroso ridiscutere ogni giorno alla luce del Vangelo e della propria intelligenza. Da cristiana confido nel fatto che la fede abbia bisogno della prospettiva femminista e queer perché la rivelazione non sarà compiuta fino a quando ad ogni singola persona non sarà offerta la possibilità di sentirsi addosso lo sguardo generativo di Dio».
Il saggio non è rivolto soltanto ai credenti ma a tutti coloro i quali vogliono riflettere su questi temi scavalcando pregiudizi e preconcetti in modo da alimentare il dubbio e stimolare la mente verso riflessioni alternative.
Noi di Mydreams abbiamo seguito un incontro con Michela Murgia organizzato dalle librerie UBIK per Connessioni.
Quale è stata la genesi di questo saggio?
«Ho pensato che le contraddizioni non vanno sempre risolte anzi, un noto scrittore di cui adesso non ricordo il nome ,asseriva che le risposte uccidono le domande. Sui temi del libro non si trova ancora una risposta univoca e pertanto è meglio restare alle domande e sottolinearne la loro complessità. Le eventuali risposte sono soggettive e legate alla nostra esperienza. Il modo in cui credo è solo mio e così anche il femminismo. Si è sempre sottolineata la conflittualità tra persona credente e militante. Ma la Chiesa non è un monolite. Anche nella Chiesa ci sono numerose correnti al pari di un partito politico. C’è la corrente pre-conciliare, quella progressista, quella legata alla tradizione e altre ancora con posizioni variegate e dialettiche tra loro che influenzano anche i papi che sono al vertice della stessa Chiesa. Anche io ho fatto esperienza nell’Azione cattolica e molti politici italiani provengono da essa quali Scalfaro, Bindi, Prodi».
Il libro è intriso di spiritualità ed anche nel femminismo più avanzato non si parla molto di questo aspetto.
«So che il libro avrà una chiave di lettura politica mentre invece ho parlato ampiamente di spiritualità. Molti vedono la religione come un fatto politico mentre la spiritualità come qualcosa che investe il nostro privato. Questa dualità non ha ragione di esistere. Io sono cambiata mille volte rispetto a Dio e a Cristo. Il Vangelo mi ha sempre sorpreso e ho avuto diverse chiavi di lettura a seconda della mia età e del mio vissuto. Io rivendico l’aspetto spirituale e la necessità di parlarne. C’è il pregiudizio che i credenti siano meno concettuali anche nella sinistra colta. C’è il timore di parlare di Dio a causa della destra e del suo motto: Dio, patria e famiglia».
In che modo è possibile conciliare i termini catechismo e femminismo?
«Invidio gli ebrei praticanti che ci battono per la conoscenza approfondita delle Sacre Scritture. Noi non le conosciamo appieno e abbiamo conoscenze dottrinali spesso fuorvianti. Cristo sembra addirittura contrario al matrimonio e non al divorzio tanto da non essersi mai sposato! Chiunque per Cristo è padre, sorella, fratello, senza alcuna discriminazione, in una uguaglianza di genere. Nessun genitore avrebbe voluto un figlio così aperto e problematico come Gesù e vi richiamo alla memoria l’episodio del suo allontanamento volontario per recarsi nel Tempio e occuparsi delle cose del Padre suo. Il matrimonio è stato sacralizzato dalla Chiesa diventando un sacramento ma non tutti sanno che sono gli sposi ad essere i ministri e non il sacerdote che ne benedice soltanto l’unione. Anche il concetto di famiglia è cambiato nel tempo perché il modello sul quale si reggeva è stato fallimentare perché basato su un alto grado di coercizione: l’indissolubilità e la fedeltà perpetua. Ovviamente questo modello consentiva la certezza della prole e l’attribuzione dell’eredità da parte dei figli».
Cosa ne pensi della parola irriverenza?
«Non ho mai usato questa parola nel mio libro ma essere irriverenti non vuol dire per forza mancare di rispetto agli altri. Siamo più abituati ad essere riverenti. Ci sono sempre più persone con il ginocchio flesso. Si può offendere Dio ed essere rispettosi verso le gerarchie e viceversa. Penso al presidente della Camera Fontana che ringrazia Dio mentre i barconi con centinaia di migliaia di profughi restano in mare e non attraccano in porti sicuri».
Che rapporto c’è tra i termini potere e rivendicazione?
«Il rivendicare ci mette in una condizione di inferiorità. Il potere non va chiesto ma te lo prendi. Penso alle rivendicazioni dei diritti dei neri in America. In inglese c’è un termine intraducibile in italiano: empowerment ossia la conquista della consapevolezza di sé e del controllo sulle proprie scelte, decisioni ed azioni, sia nell’ambito delle relazioni personali sia in quello della vita politica e sociale. Il movimento femminista ha favorito tale processo. Personalmente sto facendo delle cose senza chiedere il permesso a nessuno ovvero nella mia scrittura sto usando lo shiwa. Chi mi legge deve per così dire inciampare su quelle parole. Io sono ossessionata dai livelli di potere proprio perché ho dato in questo libro ampio spazio alla spiritualità parlando ad esempio della Trinità che percepisco come un potere non triangolare ma circolare».
Che cosa ci dici sul termine favola?
«È necessario prospettare diversi finali di una storia ed anteporre agli stereotipi una certa contemporaneità. Se conosci una sola storia non hai la capacità di entrare in altri mondi. I bambini devono abitare in una casa con tante porte e finestre che si aprono al mondo».
Ci sarà un’apertura della Chiesa verso le donne? Il femminile ed il femminismo saranno accolti?
«Il femminile è stato accolto nella figura della madonna, il no alle donne come ministri è stato ribadito da Paolo VI e poi da Giovanni Paolo II. Una certa teologia della liberazione si è avuta in America Latina. Non è detto che nella Sinistra non ci siano maschilisti».