Il Teatro San Ferdinando di Napoli inaugura la nuova stagione con La Zattera di Géricault di Carlo Longo, con Lorenzo Gleijeses, Francesco Roccasecca, Claudio Di Palma, Nello Mascia, Anna Ammirati per la regia di Piero Maccarinelli; una produzione del Teatro di Napoli-Teatro Nazionale (repliche fino a dom. 6 novembre).
Théodore Géricault, artista nato a Rouen nel 1791, dipinse La zattera della Medusa a seguito di un evento drammatico: durante un naufragio della nave Meduse, centoquarantasette persone furono abbandonate in mare su una zattera e solo quindici di loro rividero la terra dopo numerosi episodi di cannibalismo, disperazione, pazzia e annegamenti. Nel 1819 il ventottenne Gérucault espone al Salon di Parigi il suo gigantesco dipinto. L’opera diventa subito uno scandalo politico per l’aperta accusa di inefficienza verso la monarchia appena restaurata. Il dipinto raffigura, infatti, i naufraghi abbandonati su di una zattera al largo delle coste del Senegal, dal vigliacco e incompetente comandante della nave, messo a capo della “Meduse” unicamente per la sua passata fedeltà alla monarchia. «Quella Zattera – sostiene Piero Maccarinelli – non rappresenta solo la Francia alla deriva dopo la caduta di Bonaparte o la terribile agonia dei superstiti al naufragio, ma il naufragio della vita stessa dell’artista, in una storia d’amore proibita e disperata. Il testo di Longo segue il percorso dell’artista ma al contrario. Dall’esposizione dell’opera terminata si risale alla sua giovinezza, ai complicati rapporti con gli zii in un percorso esistenziale e artistico di grande fascino. Rabbia, delusione amorosa, indignazione civile e politica, totale incertezza del proprio destino ci accompagnano in questo percorso che per molti versi sfiora la contemporaneità quando la zattera si fa emblema delle navi dei migranti nel nostro mediterraneo».
Maccarinelli conduce lo spettatore nel mondo del pittore Géricault in modo limpido e preciso, sottolineando le luci e le (tante) ombre di quest’artista tormentato, preso più dalle proprie vicissitudini sentimentali (il rapporto quasi incestuoso con la giovane zia e il tradimento nei confronti dello zio, che nutre per lui un sincero affetto paterno) che da una volontà di denuncia politica. Il sipario si alza sull’atelier dell’artista, una volta che ha terminato l’opera che è stata rifiutata dal Louvre. In questo percorso à rebours riscopriamo l’opera nelle varie fasi di gestazione, per risalire al suo schizzo preparatorio, in un dissolversi progressivo della tela, che corrisponde al dissolversi della vita del protagonista. Lorenzo Glejeses dà buona prova (anche fisica) delle sue capacità attoriali, come il resto degli interpreti, ciascuno perfettamente aderente al proprio personaggio. Una menzione particolare va fatta a Nello Mascia, impeccabile zio tradito. Spettacolo ben definito anche grazie alle scenografie di Gianni Carluccio (che ne firma anche il disegno luci) e ai costumi d’epoca di Zaira de Vincentiis.