Filippo Timi in stato di grazia ieri sera nel Cortile della Reggia di Capodimonte in Cabaret delle piccole cose affiancato da giovani attori talentuosi: Erica Bianco, Livia Bonetti, Matteo Cecchi, Francesca Fedeli, Ilaria Marchianò, Viola Mirmina, Marco Risiglione, Federico Rubino.
Lo stesso attore e regista perugino descrive così il proprio spettacolo: «Si tratta di una drammaturgia che nasce dal silenzio e dalla fragilità di sentimenti che appartengono al mondo. Questi piccoli oggetti, come per magia, prendono il coraggio di strappare i fili dell’ovvietà, e si propongono in un cabaret a volte surreale a volte malinconico, a volte disperatamente comico. Riconosco un’ispirazione vagamente francescana. Tutto ha un’anima. Francesco si scusava con i sassolini quando li calpestava camminando. Se dai un nome a una pianta, la innaffi meglio».
Ma quali sono le piccole cose che raccontano la loro esistenza fatta come quella degli umani di tragedie, peripezie, amori, felicità, ricordi, attraverso le voci di coloro che li interpretano in divisa collegiale e muniti di un vistoso naso da Pinocchio per sottolineare la loro eterna fanciullezza?
Una candelina cianfrusaglia, un rubinetto piagnone, l’ultima sigaretta prima di smettere di fumare, un sasso innamorata di un altro sasso ma ovviamente senza piedi, mani, bocca per avvicinarsi, toccare e baciare, un centesimo di euro che da solo non vale nulla, l’eco di una cantante, uno specchio e persino una lumachina che vorrebbe rinascere pescecane.
Lo spettacolo apre le porte alla fantasia e allo stupore, doti squisitamente infantili che dovremmo coltivare anche in età adulta per entrare nel regno dei cieli.
Quante volte abbiamo sperimentato da piccoli che dare un nome alle cose a noi care ed una personalità ci riempiva di gioia? Quante volte abbiamo immaginato che quelle piccole cose le avremmo sempre portate con noi riflesso dei nostri desideri? E quante volte un piccolo oggetto ha spalancato la mente ai ricordi? E qui ci viene in aiuto Gozzano con le sue buone cose di pessimo gusto riunite nel salotto di Nonna Speranza e alle quali Filippo Timi avrebbe regalato nuovi ed originali monologhi.
Credere fermamente che le cose abbiano un’anima e una vita propria ci renderebbe senza dubbio migliori e aumenterebbe quanto meno il rispetto per tutto ciò che popola il nostro mondo e il mondo stesso. Ecco quindi il rivoluzionario messaggio dello spettacolo: ciò che passa inosservato al nostro sguardo può diventare fonte di emozioni e di sentimenti profondi e proprio in quelle piccole cose è racchiuso il senso della vita.
La forza vitale della drammaturgia di Filippo Timi risiede in questo costante senso di leggerezza che testimonia la profondità delle sue intelligenti proposte artistiche.
Alla prima napoletana sinceri e calorosi applausi. Stasera si replica. Da non perdere.