Da venerdì 25 marzo è disponibile in rotazione radiofonica Fake Bloom, il nuovo singolo dei Reel Tape estratto dal loro nuovo album Fences.
Il brano racconta la storia di Murray Bookcin operaio, filosofo, anarchico, storico ambientalista, fondatore dell’ecologia sociale. La sua voce ci ricorda l’assurdo tentativo dell’uomo di dominare la Natura che inevitabilmente si scontra con la limitatezza delle risorse e con la crescente minaccia del climate change.
Ecco come i Reel Tape spiegano la genesi del brano: «Volevamo provare a descrivere la sensazione di straniamento, impotenza e frustrazione di fronte alla minaccia del cambiamento climatico e per farlo, cercavamo un luogo surreale, delle immagini potenti ed inquietanti. La ricerca ci ha portati alla base NATO abbandonata del Monte Giogo a 1500 metri di altitudine costruita per spiare il blocco sovietico. È in questo luogo che abbiamo girato il videoclip che accompagna il brano».
L’album Fences è dedicato interamente alle barriere e ai confini, non solo fisici e politici ma anche sociali e mentali. L’eco delle sensazioni, inquietudini ed esperienze personali viene impresso ed assorbito nella trama emotiva delle musiche e dei testi.
Track list: 10.000 miles away, Fake Bloom, The Fence, NOF4, In Your Brain,H-Play, Diamond Shaped Pills, Brexit, The Stronghold, Instigator, L’Ora esatta, Outer Space View.
Le dodici tracce hanno uno stile musicale eterogeneo che vanno dalle sonorità post-rock a quelle elettroniche e psichedeliche.
Noi di Mydreams abbiamo avuto il piacere di intervistare i Real Tape.
Quando e come nascono i Reel Tape?
«Il progetto è iniziato nel 2017 dall’idea di tre amici: Lorenzo Franci, tornato a Firenze dopo anni a Londra, Lorenzo Cecchi e Lorenzo Nofroni, di provare a ibridare le proprie influenze musicali con lo strumento espressivo dei campioni vocali, dopo aver assistito ad un folgorante concerto dei Public Service Broadcasting. Da questo il nome del gruppo che fa riferimento alla tecnica del cutting& splicing delle bobine a nastro, il tradizionale “taglio” cinematografico. Dopo un primo periodo con il batterista inglese Adam Bailey, poi trasferitosi ad Amsterdam per lavoro,si sono uniti il bolognese Lorenzo Guenzi alla batteria e il cantante spezzino Alessandro Lattughini. Lorenzo Franci dopo la realizzazione dell’album ha poi deciso di lasciare il gruppo ed è attualmente sostituito da Lorenzo Lazzaro (giuriamo che non lo facciamo apposta a chiamarci tutti Lorenzo…)».
Come riuscite a coniugare al meglio le vostre esperienze personali in campo musicale?
«I nostri singoli background musicali sono abbastanza diversi, ognuno di noi arriva da esperienze musicali in generi differenti e questa è un po’ la forza dell’album. Ci viene in mente la metafora del tendone da circo in cui ognuno tira in una direzione diversa e questo sforzo apparentemente disarticolato permette però poi di alzare il tendone…In parte noi funzioniamo proprio così, armonizzando le nostre differenze. Generalmente nasce prima la musica che è la parte più istintiva ed epidermica, in alcuni casi un brano arriva già con una struttura precisa nel momento in cui viene portato in sala prove e poi viene arrangiato dal gruppo ma col tempo abbiamo sviluppato una sempre maggiore capacità di scrittura collettiva. Spesso siamo partiti proprio dai campioni vocali come estratti presi dalla realtà e dall’attualità e inseriti nei brani e i testi nascono come conseguenza, come una sorta di trama emotiva che riflette l’eco delle sensazioni, inquietudini e suggestioni impresse dai campioni stessi».
Quali sono gli artisti che ispirano le vostre composizioni?
«In primis i Public Service Broadcasting per l’uso sapiente dei samples ma le influenze sono moltissime: Radiohead e R.E.M. Smaching Pumpkins, Mogwai, David Bowie, Kurt Vile, Suede,Cocteau Twins, The Horrors, Wilco, Sparklehorse e molti altri».
Qual è il filo conduttore dei 12 brani del vostro ultimo album Fences?
«L’album è dedicato interamente al tema delle barriere e dei confini, declinato in questi 12 modi differenti: da quelli fisici e politici di Brexit e The Fence (sul muro Messico-USA), allo sradicamento tra Uomo e Natura in Fake Bloom, alle barriere architettoniche e mentali di H-Play a quelle psichiche in NOF4 e in Stronghold (sul fenomeno Hikikomori), all’incomunicabilità tra le persone, alle barriere sociali ed esistenziali. Come dicevamo, per affrontare questi temi abbiamo usato lo strumento dei campioni vocali, inseriti nei brani come una sorta di schiaffo immediato, a volte anche disarmonico, che riporta subito l’attenzione al tema centrale del brano. Abbiamo anche cercato di mettere insieme sonorità diverse tra alt-rock ed elettronica, tra atmosfere rarefatte e suoni ambientali ed in questo senso le 12 tracce suonano molto varie ed eterogenee, un vero e proprio viaggio anche attraverso lingue differenti : italiano, inglese, spagnolo, islandese, giapponese e russo. Fences vuole essere innanzitutto un album sull’osservazione della realtà e sulla necessità di cambiarla radicalmente. Per questo l’intro strumentale 10.000 miles away, con i samples di Armstrong e Gagarin, è una sorta di sguardo distaccato che dallo spazio si avvicina progressivamente alla Terra, mettendola a fuoco senza le divisioni prodotte dall’uomo».
Quali sono le vostre barriere?
«Ciascuno di noi ha le proprie, ognuno è particolarmente legato ad un brano e alla sensazione di barriera che questo prova ad evocare ed in qualche modo a esorcizzare. Alcune canzoni nascono proprio per provare a superare ostacoli personali, psicologici o esistenziali, come una sorta di terapia; altri derivano più dall’impegno diretto di alcuni di noi in battaglie ambientali e sociali. Il senso di incomunicabilità tra le persone, il distacco crescente con il mondo naturale, la frustrazione e l’alienazione di fronte alle disuguaglianze sociali e alle crescenti conflittualità…Queste sono probabilmente le sensazioni che più ci accomunano».
Ci potete spiegare la genesi del singolo Fake Bloom in cui parlate di Murray Bookchin, padre dell’ecologia sociale?
«É un brano nato dalla sensazione di distacco e di di sradicamento dalla natura, dall’impotenza di fronte alle conseguenze del rapporto distorto tra uomo e pianeta Terra e dall’energia delle folle di ragazzi scesi in piazza per la crisi climatica. Nella ritmica serrata della canzone abbiamo inserito proprio la voce di Murray Bookchin, filosofo ed attivista , fondatore dell’ecologia sociale che ci ricorda che l’assurdo tentativo dell’uomo di dominare la Natura è destinato a fallire L’errore è sempre lo stesso che poi porta alla tentativo di dominazione dell’uomo sull’uomo con tutte le conseguenze che stiamo vedendo nell’attualità. Nel testo risuona l’eco della frustrazione e dell’angoscia per un equilibrio che appare ormai destinato a spezzarsi».
Quale dovrebbe essere, in poche battute, la soluzione all’eterno conflitto Uomo-Natura?
«Eterno, forse, non è il termine giusto. Certamente non è da un conflitto che è iniziato il rapporto dell’uomo con la natura che è la nostra origine, la nostra casa e solo con una nuova armonizzazione l’attuale conflitto potrà risolversi. È la famosa transazione ecologica, quella vera, non quella di Cingolani…Che non significa certo ritornare all’età della pietra, né ci deve spaventare anzi: ripensare-anche attraverso la tecnologia- il modo con cui ci muoviamo, organizziamo le nostre città e le nostre case, mangiamo ,lavoriamo, è anzi una straordinaria occasione per migliorare la qualità della vita e delle relazioni sociali, in un tempo in cui il senso di insoddisfazione e il disagio psicologico sono sempre più comuni».
In che modo pensate di promuovere l’album Fences? Avete già qualche data per un probabile tour?
“ In questo momento, dopo un periodo sicuramente difficile in cui le possibilità di suonare live si sono clamorosamente ristrette- e le poche sembravano essere riservate ai gruppi cover- iniziamo finalmente a programmare alcuni live di cui potrete presto informarvi sui social. Nel frattempo i brani Fake Bloom e NOF4 stanno avendo un buon riscontro nelle radio. Continuiamo a lavorare a nuovi brani con un approccio ancora differente, stavolta cercando di usare lo strumento delle campionature in modo sonoro e meno verbale. Non vediamo l’ora di rientrare in studio e registrare nuovo materiale, ma intanto ci godiamo Fences, un lavoro che è stato anche faticoso ma di cui siamo molto orgogliosi».