In scena, in prima nazionale, al Teatro San Ferdinando di Napoli Il Complice, di Friedrich Durrenmatt, nella traduzione di Emilio Castellani, con Renato Carpentieri che ne firma anche la regia, e con Salvatore D’Onofrio, Giovanni Moschella, Valeria Luchetti, Francesco Ruotolo, Antonio Elia, Pasquale Aprile; una produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale e Associazione Culturale “Il punto in movimento” (repliche fino a dom. 10 aprile).
Scritta nel 1977, Il Complice è una commedia noir e distopica del grande scrittore e drammaturgo svizzero di lingua tedesca, Fridrich Durrenmatt. Nel sottosuolo di una Metropolis senza nome vive Doc (Salvatore D’Onofrio), uno scienziato famoso che la crisi economica ha buttato sul lastrico; costretto a lavorare per Boss (Carpentieri), un anziano capomafia, ha inventato una macchina per dissolvere cadaveri: “Il delitto perfetto è diventata una possibilità reale”. Gli affari vanno a gonfie vele ma Doc e il suo necrodializzatore diventano oggetto di contesa e strumento di lotta tra interessi diversi. Nella gestione della macchina infernale, fra Boss e Doc s’inserisce il capo della polizia, Cop (Giovanni Moschella). Quando si scontrerà con la gigantesca rete di connivenze che domina la macchina statale, anche Cop, a suo modo cercatore di giustizia, rimarrà schiacciato e il controllo dell’apparato, con Doc come insostituibile tecnico addetto, passerà alle alte sfere dell’ordine costituito… “Il complice è una allegoria grottesca – dichiara Renato Carpentieri –, com’era allegoria quella dei Viaggi di Gulliver di Swift: lo stesso Dürrenmatt si definisce «il commediografo più truce che ci sia» e aggiunge «La nostra è un’epoca del grottesco e della caricatura». Già solo la scelta di una forma allegorica fa venire la voglia di mettere in scena questo testo, anche come reazione alla moda teatrale di falso realismo o di sogni estetizzanti sfruttando gli autori classici”.
Le belle scene di Arcangela Di Lorenzo, a metà tra il realistico e lo stilizzato, ci introducono in un mondo sotterraneo claustrofobico eppure confortevole. Un ascensore centrale è l’unico collegamento col mondo esterno. Nel mondo di sotto si muovono come topi personaggi spregiudicati, cinici, a tratti grotteschi. Il Complice per eccellenza è naturalmente Doc, lo scienziato di una scienza vilipesa e distorta, “l’intellettuale”, ma è evidente che anche tutti gli altri protagonisti sono complici: fanno quello che possono per continuare a vivere, ribelli o acquiescenti, nel disordine provocato da altri. Lo stile recitativo da gangster movie sottolinea il lato paradossale della vicenda che si sviluppa attraverso continui colpi di scena, fino ad un finale parossistico. Alcuni cali di tensione rallentano qui e lì il ritmo di una pièce che, se ben rodata, può risultare più avvincente. Di buon livello, comunque, sia il cast attoriale che quello tecnico-artistico, tra cui ricordiamo Annamaria Morelli per i costumi, Cesare Accetta per le luci e Andreas Russo per il suono, tutti elementi di grande effetto.