Dove si balla, brano che sprona con leggerezza ed ironia a superare ogni paura e preoccupazione attraverso la musica
Ha partecipato per la prima volta al Festival di Sanremo Jacopo D’Amico, in arte Dargen D’Amico, il cantautore rapper, dj e produttore discografico milanese, con il brano Dove si balla, un pezzo che fonde l’elettronica, il pop anni ’90 e il rap d’autore. Il testo concepito da una riflessione sugli accadimenti degli ultimi due anni, sprona con leggerezza ed ironia a superare ogni paura e preoccupazione, attraverso la musica. Per la serata delle cover l’artista ha rivisitato La bambola, il successo del 1968 di Patty Pravo. Intanto, il 4 marzo, uscirà il suo decimo progetto discografico, Nei sogni nessuno è monogamo, che include anche Dove si balla. Un album che rispecchia lo stile musicale di D’Amico, che attinge dal cantautorato italiano, dalla musica classica e dall’elettronica.
Come nasce Dove si balla, il brano che hai portato a Sanremo?
È nato a settembre quando siamo tornati allo stato di emergenza. Ho voluto cercare una valvola di sfogo a sensazioni percepite, durante il lockdown e nei mesi successivi, quando ho smesso di fare l’artista e si era rotto l’equilibrio tra i dischi prodotti e la dimensione live.
Nel testo reciti fottitene e balla. Cosa intendi precisamente?
Ci dobbiamo fottere del terrorismo psicologico, del fatto che i media siano governati dalla volontà di cavalcare le nostre paure e ci dobbiamo fottere delle limitazioni mentali.
Perché hai scelto come cover la canzone La bambola di Patty Pravo?
Cercavo un brano difficile da portare sul palco dell’Ariston, che mi facesse rischiare un po’. La scelta è ricaduta sul brano di Patty Pravo, anche perché mi dava la possibilità di arrangiarlo a modo mio. Così, dopo aver chiesto l’autorizzazione agli autori e compositori della canzone, ho riletto una parte della narrazione, non più dal punto di vista degli anni ’60, ma dei giorni nostri, riscrivendo una strofa.
È prevista la riapertura delle discoteche. Sei soddisfatto?
Sono contento, mi auguro ci sia però una seria progettualità riguardante le discoteche. Perché se si riaprisse per poi richiudere, diventerebbe rischioso. E alcuni locali cercando di rimanere aperti, chiuderebbero definitivamente. Spero ci sia una riapertura seria, per poter ricominciare a fare cultura attraverso l’intrattenimento.
Puoi darci qualche anticipazione sul tuo nuovo progetto discografico?
«Sì, il disco intitolato Nei sogni nessuno è monogamo uscirà il 4 marzo. Sanremo per me è stata un’occasione per ritornare a scrivere musica e raccontare quello che avevo da dire negli ultimi anni. Avevo molte cose di cui parlare e sono riuscito a condensarle in brani che fotografano i miei pensieri, le mie riflessioni. È un disco che ho scritto senza alcuna collaborazione con altri autori, perché volevo avere la responsabilità del mio lavoro.
Sei salito per la prima sul palco del Teatro Ariston. Quali emozioni hai provato?
«Non calcavo un palco da due anni e mezzo, quindi, l’emozione era quella di poter finalmente ritornare a fare qualcosa che pensavo non avrei più fatto».
Ti senti a tuo agio più nelle vesti di autore di brani o di rapper?
«Devo dire che mi sento particolarmente a mio agio quando scrivo. E devo ammettere che da quando mi sono avvicinato alla musica hip hop, ho sentito naturale proporre un racconto che si avvicinasse al cantautorato italiano».