La serie televisiva tratta dai romanzi di Elena Ferrante torna con 8 nuovi episodi dal 6 febbraio su Ra1
Cambiano le ambientazioni sia temporali che logistiche, ma la terza stagione de L’amica geniale, in onda dal 6 febbraio su Rai 1, si preannuncia già vincente; si parte dal 28 % di share delle seconda stagione e con uno zoccolo duro di spettatori costituiti da giovani e giovanissimi.
In questa stagione, firmata Fandango, The Apartment, Fremantle e Wildside con Rai Fiction e HBO Entertainment, Elena e Lila sono diventate donne. La vita le ha costrette a crescere in fretta: Lila si è sposata a sedici anni, ha un figlio piccolo, ha lasciato il marito e l’agiatezza, lavora come operaia in condizioni durissime; Elena è andata via dal rione, ha studiato alla Normale di Pisa e ha pubblicato un romanzo di successo che le ha aperto le porte di un mondo benestante e colto. Ambedue hanno provato a forzare le barriere che le volevano chiuse in un destino di miseria, ignoranza e sottomissione. Pur divise dalle scelte e dalle opportunità, Elena e Lila rimangano sempre unite da un legame fortissimo e ambivalente, a volte evidente nella dolorosa e inevitabile alternanza di esplosioni violente o di incontri che riservano loro prospettive inattese.
La scelta di affidare la regia a Daniele Luchetti è una svolta perché nessuno più di lui conosce gli anni Settanta, periodo raccontato da Storia di chi fugge e di chi resta di Elena Ferrante, libro da cui prende le mosse la storia.
«Ho approcciato a questa regia – dice Daniele Luchetti – fidandomi totalmente del romanzo, utilizzandolo come punto fermo, un pozzo a cui attingere per avere delle risposte e questo mi ha garantito, paradossalmente, una maggiore libertà nel mio lavoro. Sono figlio di quegli anni che ho già raccontato in altri lavori, mia madre ha fatto parte della storia del femminismo italiano eppure in casa doveva fare tutto quello che in quegli anni era appannaggio delle donne, cucinare, lavare e di questa cosa mia madre ha sofferto per tutta la vita. Conosco la sua voglia di emanciparsi, di uscire fuori dai ruoli canonici, bene ed il mio intento è stato quello di raccontare in modo veritiero e interessante questo tentativo di “liberazione” delle donne di quell’epoca. Elena e Lila sono cresciute, sono diventate madri ed hanno le responsabilità di madri. Ho lavorato sui personaggi, abbiamo lavorato in condizioni difficili. Con qualunque occhio la si guardi, la storia di Lila e Lenù è sempre la stessa e sempre differente, profonda, fine e popolare. Avere l’onore di filmare semplicemente la verità della loro trasformazione è stata fonte di piacere inesauribile».
Gaia Girace (Lila) e Margherita Mazzucco (Elena) giovani interpreti della serie sono cresciute nei loro personaggi. «Ho avuto dei momenti di crisi – dice la Girace- non sapevo se volevo continuare a fare questo mestiere perché sono cresciuta sul set e questo mi ha impedito di avere un’infanzia ‘normale’. Devo anche a Luchetti, che ci ha chiesto di divertirci sul set, se ho deciso di restare. Trovo molte affinità con il mio personaggio e da lei sto imparando anche delle cose che trovo utili nella vita».
«Il rapporto con Luchetti – le fa eco la Mazzucco– è stato di grande amore per il suo modo di farmi entrare in un’epoca che non conoscevo, gli anni Settanta, e nella sua capacità di farmi fare cose lontane da me, con naturalezza. In questa stagione ho dovuto gestire due bambine e una casa, non facile all’inizio ma poi l’ho affrontato e tutto è stato facile, anzi mi sembrava quasi di non lavorare quando ero sul set».
La serie è all’altezza di tutte le grandi serie internazionali che stanno uscendo, ha avuto, infatti, una distribuzione in 130 paesi ed ha avuto un grande successo in Nord America, senza dimenticare che in Cina hanno dedicato una mostra alla serie.
«Lo sforzo produttivo – ha dichiarato il produttore Domenico Procacci – è stato il maggiore tra le tre stagioni perché abbiamo seguito le location del libro e quindi abbiamo girato tra Milano, Napoli, Firenze e Caserta; anche i luoghi che abbiamo conosciuto negli altri anni, sono state sviluppati. Girare in tempi di covid comporta uno sforzo produttivo enorme e delle regole ferree sul set».