In scena, al Teatro Nuovo di Napoli, Barzellette di e con Ascanio Celestini con l’accompagnamento musicale di Gianluca Casadei; una produzione Fabbrica srl (repliche fino a dom. 21 novembre).
Una piccola stazione terminale. I treni arrivano e tornano indietro perché i binari si interrompono. Un vecchio ferroviere parla al becchino del paese in attesa di un morto di lusso. Un emigrante che ha fatto fortuna all’estero e, ora che è morto, sta tornando al paese per farsi seppellire. Nell’attesa il ferroviere racconta le sue barzellette, quelle che ha raccolto dai viaggiatori. Gente sconosciuta che arriva e riparte senza lasciare nient’altro che le proprie storie buffe. E perché le ha raccolte? Per far ridere il capostazione. Nel tempo il vecchio ferroviere s’è innamorato delle sue storielle e non sappiamo se un giorno le racconterà davvero all’uomo per il quale sono state raccolte. O forse gliele ha già raccontate.
Questo è il plot che fa da cornice al nuovo spettacolo di Ascanio Celestini che, come tutti i suoi lavori, nasce per finalità diverse (in questo caso si tratta di un libro per l’Einaudi) e viene da lui stesso tradotto in linguaggio scenico. Come lui stesso racconta, queste storielle varie – alcune comiche, altre decisamente più drammatiche – sono il frutto di una rielaborazione di racconti sentiti in diverse parti del mondo.
«Le barzellette hanno attraversato il mondo e le culture vestendosi dell’abito locale – dichiara infatti Celestini – ma portando con sé elementi pescati ovunque. La stessa struttura di una storiella sarda che racconta la lite tra vicini la ritroviamo in una barzelletta cecoslovacca sull’invasione russa del ‘68. I carabinieri italiani in Francia diventano belgi. I tirchi sono scozzesi o genovesi e, un po’ ovunque, ebrei. Le barzellette sugli afroamericani quando arrivano in Italia finiscono sul corpo degli zingari. Se ne racconti solo un paio rischi di fare il gioco dei razzisti. Ma se ne metti in fila tante dimostri che nelle storielle c’è anche una grande compassione. Ci ricordano infatti che possiamo ridere di tutto e soprattutto di noi».
Con la capacità di eloquio e la scioltezza dei suoi ragionamenti, Ascanio Celestini ci regala un nuovo spettacolo divertente, denso di significati e a tratti commovente, trovando il modo di ricordare anche le stragi di Piazza Fontana e di Bologna che, non a caso, coinvolgono un ferroviere anarchico e una stazione ferroviaria. La particolarità, questa volta, è l’elemento improvvisazione. Il corpus di storie al quale attinge, infatti, conta oltre duecentteatro nuovo, o barzellette. Celestini sceglie di raccontarne alcune, a seconda della città in cui si trova e del contatto che riesce a stabilire col pubblico, rendendo ogni sera il suo spettacolo unico e irripetibile. Una vera prova d’attore per un artista giunto nel pieno della sua maturità umana e stilistica.