Persi in mezzo ai deliri esterofili dei teen ager italiani anni 80, gli Spandau Ballet mostrano il loro lato (nascosto) soul nel nuovo film Soul Boys of the Western World, in questi giorni in 150 sale italiane. Un film che ha avuto l’anteprima la scorsa primavera in America e a Cannes ma che è stato lanciato ufficialmente dal recente passaggio al festival del cinema di Roma.
Anzitutto plauso a George Hencken che nella sua opera prima sembra aver messo a frutto l’esperienza maturata negli anni accanto a Julien Temple, il mago delle bio pic musicali inglesi. Il film documentario è molto godibile, contestualizzato e ritmato e offre la giusta dimensione del fenomeno Spands. Un fenomeno prettamente europeo (e italiano) visto che come documentato, la loro scalata all’America (che era riuscita a Culture Club e Duran Duran) si arrestò per un incidente al sassofonista Steve Norman.
Ma molto del lungometraggio è dedicato alla situazione sociale dell’Inghilterra periodo Margareth Thatcher, che assieme ai rivali da classifica, sembra essere la spina nel fianco dei cinque di Islington. Tasse, disoccupazione e violenza scorrono sullo sfondo di una favola rock iniziata come The Gentry nei trendy locali londinesi nel 1979. E finita proprio nel 1990, quando la Maggie nazionale non fu più rieletta. Tutta l’epopea dei New Romantic si snoda attraverso questo periodo erroneamente etichettato all’epoca come dominato dal pop plasticoso inglese. A vederli suonare e provare in immagini inediti in studio, tutto sembra fuorché dilettanti alle prese con la creatività.
Erano fashionistas, sì, ma con un’anima soul che nei dischi veniva sempre più fuori, a dispetto del caos glam che li circondava. E i divetti odierni impallidiscano pure al loro cospetto.
È anche una storia di amicizia che riporta alla luce le battaglie legali e i problemi di salute degli anni 90 (azzannati dalla stampa scandalistica inglese) ed è qui che viene fuori l’altra accezione “soul” del film, un candore e un’umanità che tocca non solo i fan della band in questione ma tutti gli spettatori minimamente interessati alle dinamiche dello show business, eterne e ripetitive, che contribuiscono ad alimentare il mito.
È liberatoria e inaspettatamente onesta la scena della reunion “privata” prima del tour di rilancio del 2009: cinque musicisti che non si sono visti per 18 anni entrano assieme in sala prove con la tensione alle stelle che si sblocca solo quando attaccano Through The Barricades. È quello che hanno creato assieme a riportarli in sintonia. Ed è una lezione che ci si porta dietro quando si esce dal cinema.