«Se vediamo l’arte come qualcosa di isolato, di sacro e di separato da tutto, significa che non è vita. Mentre l’arte deve essere parte della vita, deve essere di tutti». Marina Abramovic
«L’arte deve essere disturbante, deve porre domande, deve predire il futuro. Solo significati stratificati possono dare lunga vita all’arte: in questo modo la società prende ogni volta dall’opera ciò che le serve». Marina Abramovic
Attraversare i muri- Un’autobiografia di Marina Abramovic con James Kaplan, ed. Bompiani, pag.411, traduzione di Alberto Pezzotta, è un libro straordinario. La più importante esponente dell’arte performativa si racconta senza filtri e senza pudori regalandoci un ritratto autentico e commovente di una donna e di un artista singolare. Nulla ha placato la sua sete di libertà e d’indipendenza, la sua prepotente determinazione a scoprire culture lontane, ad entrare in contatto con i fruitori della sua arte, ad usare il suo corpo svelandone l’anima.
Nata a Belgrado nel ‘46, figlia di genitori comunisti, eroi di guerra sotto il regime dittatoriale di Tito, cresce secondo una ferrea etica del lavoro ammorbidita dalla presenza di una nonna amorevole. Si diploma giovanissima all’Accademia di Belle Arti ma ben presto, eludendo il severo controllo di una madre dispotica, si trasferisce ad Amsterdam ed inizia le sue performance spesso estreme che richiedono ore di preparazione avviate da una purificazione fisica e mentale ottenuta attraverso digiuni e meditazione.
Oggi la Abramovic vive tra New York e la Hudson Valley dove insegna, ad artisti di tutto il mondo, a realizzare performance dopo aver tenuto corsi a Parigi, Amburgo, Berlino, in Giappone, Copenaghen, Milano Roma, Berna. Tra le sue allieve più note Lady Gaga.
Una parte considerevole del libro è dedicata a Ulay, suo compagno per ben 12 anni molti dei quali passati a bordo di un furgone, da nomadi, attraversando l’Europa.
La relazione professionale e sentimentale dei due artisti terminerà sulla Muraglia Cinese, sfondo di una delle performance più suggestive. Marina Abramovic, incontrerà per l’ultima volta Ulay al MoMa di New York nel 2010, durante The Artist is present dove più di 750mila persone aspettarono fuori dal Museo per avere la possibilità di sedersi di fronte all’artista, una performance durata 736 ore.
Nel libro si dà ampio spazio alla descrizione di tutte le opere realizzate e al suo metodo di lavoro sintetizzato nel Manifesto della vita di un artista (pag.343-344), suddiviso in tre parti: La condotta di vita di un artista, La relazione di un artista con il silenzio, La relazione di un artista con la solitudine.
Attraversare i muri- Un’autobiografia è corredato da numerosissime foto che rendono il volume ancora più prezioso.
La nostra città avrebbe dovuto ospitare a Castel dell’Ovo Estasi, realizzata prendendo spunto dalle visioni di Santa Teresa d’Avila , dopo ben 46 anni dopo la storica performance Rhytmo 0 alla Galleria Studio Morra.
Questa volta, contrariamente al solito, noi di Mydreams, per invogliarvi alla lettura, trascriviamo le ultime parole del libro(Marina Abramovic si trova in India per sottoporsi ad un rito ayurvedico): «Per trenta giorni non dissi una parola, né aprii una valigia: ogni giorno ricevevo tre pigiami puliti. Per trenta giorni mi nutrii di ghi (N.d.r. burro chiarificato usato nella cucina indiana e nei Paesi asiatici) e meditai. Ogni giorno ero sottoposta a una serie di massaggi. Non guardavo mai computer e smartphone. Le email sembravano appartenere a un passato remoto. E dopo trenta giorni ero guarita ma non potevo tornare direttamente al mondo moderno. Così andai in un luogo di villeggiatura sull’Oceano Indiano. Mi spogliai ed entrai in acqua . Le onde erano enormi e l’acqua, color giada , rifletteva i raggi del sole . L’Oceano era immenso. A volte ho bisogno di sentire la vita attraverso ogni mio poro. Uscendo dall’acqua, mi sentii piena di energie. Mi sentii luminosa. Mi rivestii e raggiunsi la foresta al di sopra della spiaggia. Inoltrandomi tra gli alberi, il fragore delle onde si affievolì e tutt’a un tratto sentii gli esseri viventi attorno a me: tutto era vita».