«Fare teatro significa vivere fino in fondo quello che gli altri nella vita recitano male». Eduardo
Il film Qui rido io di Mario Martone con la collaborazione nella sceneggiatura di Ippolita Di Majo, presentato in concorso alla 78esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, è stato proposto in anteprima nazionale ieri sera al Cinema Modernissimo di Napoli in presenza del cast.
Prodotto da Indigo Film con Rai Cinema in coproduzione con Tornasol, fotografia di Renato Berta, scene di Giancarlo Muselli e Carlo Rescigno, costumi di Ursula Patzak, è incentrato sulla vita del grande attore comico e commediografo della Napoli del ‘900 Eduardo Scarpetta interpretato da Toni Servillo. Il cast si completa con: Maria Nazionale (Rosa De Filippo), Cristiana Dell’Anna (Luisa De Filippo), Antonia Truppo (Adelina De Renzis), Eduardo Scarpetta (Vincenzo Scarpetta), Roberto De Francesco (Salvatore Di Giacomo), Lino Musella (Benedetto Croce), Paolo Pierobon (Gabriele D’Annunzio), Gianfelice Imparato (Gennaro Pantalena), Iaia Forte (Rosa Gagliardi), Chiara Baffi (Nennella De Filippo), Gigio Morra (Presidente del tribunale), Greta Esposito (Maria Scarpetta), Nello Mascia (Giudice istruttore), Roberto Caccioppoli (Domenico Scarpetta), Giovanni Mauriello (Mirone) e Marzia Onorato, Salvatore Battista e Aldo Minei rispettivamente nei ruoli di Titina, Peppino e Eduardo De Filippo.
Qui rido io è il motto che campeggia sulla Villa La Santarella di Eduardo Scarpetta, ”‘o cummò sotto e ‘n coppa“, sulle pendici del Vomero, realizzata con i soli proventi degli incassi al botteghino dell’omonima commedia. Nella Napoli culturalmente vivace della Belle Époque, l’attore e commediografo Eduardo Scarpetta è ormai al culmine del suo enorme successo a teatro. Toltasi la maschera della commedia dell’arte di Pulcinella ereditata da Antonio Petito, ha plasmato una sorta di alter ego Felice Sciosciammocca. Vestito con un vistoso abito a quadretti, un cilindro in bilico sulla testa, un papillon, un sottile bastoncino da passeggio e le scarpe esageratamente grandi, anticipatore del grande Charlot, è la caricatura di un uomo borghese, immortalato nelle commedie Miseria e nobiltà, Il medico dei pazzi, Un turco napoletano.
Barcamenandosi tra il palcoscenico e la sua invadente e numerosa famiglia allargata costituita da mogli, amanti e figli legittimi ed illegittimi, tra cui Titina, Eduardo e Peppino De Filippo, Eduardo Scarpetta decide di realizzare la parodia de La figlia di Iorio, un dramma di Gabriele D’Annunzio. La messa in scena dell’opera scatena un putiferio che vede anche il coinvolgimento di numerosi intellettuali: Salvatore Di Giacomo, Roberto Bracco, Ferdinando Russo, Benedetto Croce. Scarpetta viene denunciato dal Vate per plagio. Il processo si conclude dopo tre anni con la sua assoluzione ma ha irrimediabilmente minato il delicato equilibrio tra vita familiare e professionale.
Tutta la filmografia di Mario Martone ha il pregio di possedere diverse chiavi di lettura e così Qui rido io. Il film è una biografia di Eduardo Scarpetta, è una riflessione sulle difficoltà di un uomo e di un commediografo che si sforza di superare i limiti di un teatro legato alla tradizione, è il tentativo riuscito di dare un senso alla nascita dei tre fratelli De Filippo che hanno ancora una volta, ciascuno a suo modo, rivoluzionato nei contenuti e nella recitazione l’arte teatrale, è una osservazione profonda sul teatro e su ciò che esso rappresenta nelle nostra vita, è un omaggio a Napoli e alla sua gloriosa Storia. Non a caso la prima inquadratura è dei Fratelli Lumière che filmano la Napoli dei primi del ‘900.
Miseria e nobiltà che fa da sfondo alle vicende della famiglia Scarpetta, debuttò proprio al Teatro Valle di Roma nel 1889, set delle riprese di Qui rido io. E con questa espressione Eduardo Scarpetta voleva intendere che se il pubblico rideva a teatro per le battute delle sue commedie, in quel luogo, Villa La Santarella, era lui a ridersela di gusto del mondo intero e delle sue follie.
La fedele ricostruzione degli interni sottolinea che i film di Mario Martone nascono per il teatro e poi vengono affidati al cinema. Anche la felice intuizione di affiancare attori noti e di comprovata esperienza con quelli giovani è un ricalcare le orme dello stesso Scarpetta, un passaggio di testimone come accade per la celebre battuta Vicienzo m’è pate a mme pronunciata da Vincenzo, Mario ed Eduardo Scarpetta nonché da Eduardo e Luca De Filippo.
Toni Servillo è immenso nel ruolo di Eduardo Scarpetta sapendone cogliere appieno gli umori, le fragilità, i pensieri con la consapevolezza di dare corpo e voce ad un personaggio realmente esistito e che ha svolto il suo stesso mestiere. Significative le scene da Coppa Volpi della sua personale arringa difensiva durante il processo di plagio, il suo pianto dirotto alla presenza di Benedetto Croce che gli dice: « Ma come, voi fate ridere tutti con le vostre commedie e non siete capace di ridere sul trascorrere del tempo che passa?», il vedersi morto al posto di Petito al San Carlino con il volto bistrato e infarinato, il suo ruolo di pater familias nel porzionare un fragrante e fumante sartù di riso nei piatti dei suoi numerosi figli, consorte, amanti, attrici della Compagnia.
Maria Nazionale è una Rosa sanguigna, passionale, perfetta incarnazione di una donna del Sud sorprendentemente aperta per l’epoca, capace di dispensare affetto e comprensione a figli non suoi e a chiudere entrambi gli occhi sui numerosi amori del marito: la figlia Maria, nata da una relazione con la maestra di musica Francesca Giannetti, suo figlio Domenico, il cui padre si vociferava che fosse addirittura il re Vittorio Emanuele III°e per questo impossibilitato a calcare le tavole di un palcoscenico, i tre fratellini De Filippo avuti dalla sorella di Rosa stessa detta Nennella. (Si racconta che uno spettatore urlò dalla platea al termine di una recita:”Scarpè, tien ‘e ‘ccorne!” E senza scomporsi il grande commediografo rispose: ”Sì, ma song ‘ccorne riali!”)
Eduardo Scarpetta è un Vincenzo misurato, attento e premuroso nonostante le incomprensioni e le rivalità con il padre. È lui che compra le sfogliatelle per il pranzo domenicale, è lui che eredita il personaggio di Felice Sciosciammocca, è lui che, alla morte del , prende le redini della Compagnia e scrive altre commedie tra le quali ricordiamo ‘O tuono ‘e marzo e La donna è mobile. Abbiamo ammirato le capacità attoriali di Eduardo Scarpetta ne L’amica geniale e in Carosello Carosone e se buon sangue non mente continuerà a dare prova del suo talento e della sua versatilità.
La vera rivelazione del film sono i due piccoli attori che impersonano Peppino ed Eduardo De Filippo a cui somigliano in modo impressionante, confrontandoli con le foto d’epoca. La malinconia di Eduardo e la sua sofferenza nello scoprire di essere figlio di padre ignoto vengono rese da Aldo Minei con una naturalezza da attore consumato. Anche il piccolo ribelle Salvatore Battista rende i capricci e le ansie di Peppino con una notevole disinvoltura. Entrambi i ruoli avrebbero fatto tremare i polsi a qualsiasi attore! Quando a Peppino fu rivolta la domanda che padre era stato Eduardo Scarpetta rispose: «É stato un grande attore». E commentò con acrimonia: «Mio padre rideva dei fatti seri della sua vita privata». Insuperabile nel film la scena dei capricci di Peppino nel salire sul palcoscenico. Eduardo con poche parole lo convince: «Peppì, vuò ‘a libertà? ?A libertà sta là ncoppa!» (Indicando appunto il palcoscenico dove lui vi era salito a soli 4 anni nella commedia La Geisha)
Intervenuti in sala alla prima proiezione, Toni Servillo e Mario Martone, visibilmente commossi e soddisfatti per l’accoglienza riservata dal pubblico al film hanno rilasciato le seguenti dichiarazioni.
«Questo è il film – ha detto Servillo – che io e Mario volevamo fare da 40 anni. Ci conosciamo da molti anni e abbiamo spesso lavorato insieme, dai tempi di quando fondammo Teatri Uniti. Napoli è tra le prime città che celebra il teatro e che sa raccontarlo nella sua Storia. La regia sapiente di Mario ha focalizzato l’attenzione sui tre bambini, i De Filippo, che diventeranno essi stessi la storia del teatro». Ad una signora tra il pubblico che gli ha augurato di vincere la Coppa Volpi, ha risposto con un sorriso ed un gesto scaramantico.
Mario Martone, per nulla affaticato dal red carpet veneziano e dalle numerose interviste rilasciate in questi giorni, ha detto con tono colloquiale: «Il mio è un film corale, un film-romanzo sulla paternità negata, quella raccontata attraverso gli occhi di Peppino che non lo perdonerà mai. Volevamo raccontare questa straordinaria famiglia tribù che ruota attorno a un genio del teatro che è anche un patriarca amorale, spinto da una grande fame di riscatto e di rivalsa. A fare anche da scenografia a questo film ci sono le canzoni, non solo quelle della tradizione classica ma anche recenti come Indifferentemente e Carmela. Credo che oltre la giuria ci sia il pubblico che, come sempre, farà la sua parte. Grazie di tutto e a tutti e.. incrociamo le dita».
Il film Qui rido io è ben scritto e ben recitato. Andate tutti al cinema e godetevelo perché è un’opera che celebra la vita e la vita è teatro!