Proseguono, al Teatro Elicantropo di Napoli, le repliche di Signurì Signurì di Enzo Moscato, tratto da La Pelle di Curzio Malaparte, presentato da Teatro Elicantropo, Anonima Romanzi e Prospet, per la regia di Carlo Cerciello (in scena dal gio. al sab. alle 21:00, dom. alle 18:00; fino al 30 Nov.).
Signurì Signurì è uno dei primi testi scritti da Moscato, insieme a Scannasurice (che vedremo in scena dal 15 Gennaio 2015). Con questi due spettacoli, il regista – nonché direttore artistico dell’Elicantropo – Carlo Cerciello intende omaggiare quest’anno uno dei massimi drammaturghi italiani contemporanei. Scritto agli inizi degli anni Ottanta, Signurì Signurì è un testo emblematico del dopo terremoto, in cui l’autore vede non poche analogie con la Napoli del dopoguerra. Siamo agli sgoccioli dell’Eduardismo che aveva permeato tutta la cultura della seconda metà del secolo, e una nuova leva di autori-registi-attori emerge in contrapposizione con quella Napoli da cartolina che finora era stata rappresentata. Ed ecco Moscato che, con la sua visione dura, cinica, crudele ma mai fredda della città, ci sbatte in faccia lo squallore ma anche la forza di chi ha imparato a vivere precariamente, abituandosi “come topi” al veleno. Il riferimento al più grande romanzo-verità del secondo dopoguerra non poteva essere più calzante. E lo fa con un linguaggio nuovo, un Napoletano spogliato dalle puliture borghesi che si erano imposte, definito da Fiore di “barocchismo degradato“. Ecco dunque uno spettacolo audace, duro, provocatorio, fuori da qualsiasi stereotipo, che procede per quadri non tetri ma colorati, dove un carosello di personaggi eroici, tragici, ridicoli si affolla a ridosso dello spettatore e lo rende – volente o nolente – partecipe dei drammi che si consumano davanti ai suoi occhi.
Carlo Cerciello ci ha abituati, negli anni, ad un teatro povero, fatto di pochi elementi, corale, dove tutta la forza sta nella potenza espressiva dei suoi interpreti. Possiamo dire che qui si supera, in un turbinio di situazioni emozionanti, deliranti, ironiche, grottesche. Dove ogni elemento appare assolutamente necessario, ogni azione scrupolosamente pensata ed eseguita da un gruppo di venticinque (!) giovani attori semplicemente strepitosi. Così come appropriato è ogni intervento musicale ed ogni elemento scenico, realizzato dagli allievi del III anno del corso di scenografia dell’Accademia di Belle Arti. Uno spettacolo che per forza, vitalità, freschezza e bellezza estetica merita di essere visto.
Da non perdere.