L’ultimo film di Marco Bellocchio, presentato fuori concorso alla 74esima edizione del Festival di Cannes nella sezione Première si intitola Marx può aspettare e racconta del suicidio di suo fratello gemello Camillo avvenuto il 27 dicembre 1968.
Ecco come lo stesso regista ne racconta la genesi: «Questo film è iniziato cinque anni fa come un tentativo di festeggiare i compleanni dei miei fratelli ancora in vita. Tutti, tranne me, avevano raggiunto e superato gli 80 anni, adesso li ho compiuti anch’io. Ho capito subito, proprio quel giorno, il 16 dicembre 2016, che tale memoria nostalgica del passato non era motivo di gioia né per me, né per i miei fratelli e sorelle. Era Camillo, parlare di Camillo, quello che mi interessava. Una storia totalmente autobiografica ma che vuole essere universale per almeno due motivi: una riflessione sul dolore dei sopravvissuti e sulla volontà di nascondere la verità a nostra madre , convinti che altrimenti non avrebbe sopportato la tragedia. Il secondo motivo è che la morte di Camillo cade in un anno rivoluzionario, il 1968, l’anno della contestazione giovanile, del maggio parigino, della libertà sessuale, dell’invasione della Cecoslovacchia . Ma tutti questi avvenimenti passarono accanto alla vita di Camillo e non lo interessarono. Marx può aspettare mi disse, l’ultima volta che ci incontrammo…».
Letizia, Pier Giorgio, Maria Luisa, Alberto e Marco sono riuniti con figli e nipoti e banchettano piacevolmente parlando del più e del meno. All’improvviso il ricordo di Camillo prende il sopravvento ed il racconto della sua tragica morte viene narrato senza filtri, censure, paure, vergogne. Ciascuno dei componenti della famiglia Bellocchio ne sottolinea un particolare e ne scaturisce il ritratto di un giovane con le sue fragilità alle quali all’epoca non si seppe dare la giusta attenzione.
Il film mescola sapientemente documenti d’archivio, filmati amatoriali della famiglia Bellocchio, spezzoni della filmografia del grande regista che ha ricevuto a Cannes la Palma d’oro alla carriera.
La ricostruzione dell’infanzia e dell’adolescenza dei due fratelli gemelli si fonde con la Storia dell’Italia negli anni del conflitto mondiale e dell’immediato dopoguerra.
I ricordi di famiglia si alternano e diventano amari ed intrisi di rimpianto per una morte che forse, poteva essere evitata.
La madre, ossessionata dalla religione, è la figura centrale del film e Camillo riveste il ruolo di comprimario tra tutti i fratelli con delle capacità e delle doti intellettive superiori : Marco, regista pluripremiato, Pier Giorgio, fondatore della rivista letteraria Quaderni piacentini, Alberto, affermato sindacalista, le sorelle Letizia e Maria Luisa, fini intellettuali che disquisiscono sui rapporti fede-ragione. Una famiglia complessa e complicata dove Camillo non trova un suo spazio ed un suo ruolo tra mille contraddizioni e impedimenti che lo porteranno a diventare un mediocre professore di ginnastica.
Accanto ai fratelli spiccano le figure della moglie di Tonino, altro fratello morto del regista ,che per prima vide il corpo senza vita di Camillo e la sorella della sua fidanzata. L’inserimento di alcune testimonianze rese da uno psichiatra e da un sacerdote non fanno altro che rendere più vere ed accorate le testimonianze dei familiari.
Un film da vedere e rivedere perché pur narrando una tragedia privata fa riflettere sulla morte e su come la famiglia abbia un ruolo centrale nella vita di ciascuno di noi.