Nella superba cornice del Cortile della Reggia di Capodimonte è andato in scena lo spettacolo Un’ultima cosa di e con Concita De Gregorio per la regia di Teresa Ludovico e le musiche live di Erica Mou.
L’universo femminile viene raccontato attraverso la voce di cinque donne che prendono la parola per un’ultima volta: Dora Maar risucchiata dal genio imprevedibile di Picasso, Carol Rama superba pittrice dove il sesso è protagonista e suscita scandalo, Amelia Rosselli la poetessa incompresa morta suicida, Maria Lai la grande ricamatrice di libri che con un nastro azzurro di ventisette chilometri ha unito le case e le montagne barbaricine, Lisetta Carmi ottima ritrattista di: Ezra Pound, Carmelo Bene, Lucio Fontana, Leonardo Sciascia…
Lo spunto che dà vita allo spettacolo che fa dialogare sulla scena la nota giornalista e scrittrice Concita De Gregorio e la trentenne musicista Erica Mou ,è un libro della stessa autrice dal titolo Così è la vita- Imparare a dirsi addio (Einaudi 2012), scritto dopo la scomparsa del padre.
A queste cinque protagoniste è dedicata un’orazione funebre realizzata con le loro stesse parole perché la morte chiude il cerchio della vita e ognuno di noi vorrebbe avere la possibilità di dire un’ultima cosa su se stessi senza diritto di replica.
Ecco come la stessa Concita De Gregorio spiega la genesi dello spettacolo: «Mi sono appassionata alle parole e alle opere di alcune figure femminili luminose del ‘900, spesso rimaste in ombra o nell’ombra di qualcuno. Ho studiato il loro lessico fino a “sentire” la loro voce, quasi che le avessi di fronte e potessi parlare con loro. Ho avuto il desiderio di rendere loro giustizia attraverso l’unica cosa che so fare: la scrittura».
Dora Maar, Carol Rama, Amelia Rosselli, Maria Lai, Lisetta Carmi attraverso la voce della De Gregorio e i canti della Mou entrano in scena a teatro subito prima di uscire di scena nella vita.
Nelle loro parole appassionate è racchiusa l’esistenza di ciascuno di noi, nel bene e nel male. Le fragilità, le paure, i desideri, i ricordi ed i rimpianti sono palpabili , veri, sentiti, meditati. Immaginiamo queste cinque donne attraversare la vita a testa alta, senza dubbi o ripensamenti di sorta, consapevoli che la vita è un soffio di vento ,una girandola di emozioni, una meravigliosa avventura.
Viene quasi voglia di scrivere il proprio necrologio in modo da renderlo unico ed universale , incapace di essere frainteso e vestito da altre parole che non siano le nostre.
Struggenti e autentiche le parole di Lisetta Carmi, l’unica delle donne viventi che alla richiesta dell’autrice di scrivere la sua orazione funebre risponde cosi : «Accidenti, non ci avevo mai pensato. È giusto: dovremmo essere noi a parlare di noi stessi , al nostro funerale. Sono così scialbi i discorsi d’occasione dei parenti. A parte i figli e i nipoti, certo, che a volte dicono cose minime e vere, a volte sorridono persino. Io vorrei che tutti sorridessero ma di figli non ne ho. Perciò dubito temo la cerimonia solenne il ricordo accorato. Che spreco, che occasione mancata! Sarebbe bello esserci da vivi, hai ragione. Dare a tutti il benvenuto, approfittare per dire un’ultima cosa».