Fino al 21/02/2015 è allestita al Chiostro del Bramante (Roma) una grande mostra antologica dedicata interamente a Maurits Cornelius Escher, artista, incisore e grafico olandese. Sono visibili oltre 150 opere, anche le più famose quali: Mano con sfera riflettente, Giorno e notte, Altro mondo II, Casa di scale.
Grande artista del gioco, fantastico organizzatore di mondi inventati, un genio nel comporre realtà inavvicinabili tra loro (uccelli e pesci) in una trama che fondeva il reale con il surreale suggerendo nuovi visioni e nuovi ragionamenti. Non si direbbe, data la precisione matematica dei suoi lavori, ma Cornelius fu un disastro a scuola; il disegno e gli schemi regolari lo presero da subito distraendolo da tutto il resto. Quand’era ancora un ragazzino, come ricorderà una sua amica, si divertiva a sistemare fettine di formaggio sulla sua grande fetta di pane imburrato in modo da ricoprirla interamente, senza lasciare spazi vuoti. Più tardi confesserà: «La divisione regolare del piano è diventata un’autentica “mania”, a cui sono ormai assuefatto, e da cui talvolta mi è difficile allontanarmi».
Un altro dei suoi giochi preferiti, preludio ai suoi disegni fatti, appunto, di strane connessioni, consisteva nel partire da due concetti arbitrari, apparentemente lontani fra loro come significato, tentandone poi un collegamento logico. Ad esempio, passare dall’autista del tram alla sedia di cucina:
Autista del tram
Tram trainato da cavalli
Su rotaie
Attraversamento della città
Fino al limite
Limitar del bosco
Legna Assi segate
Per costruire mobili Una sedia di cucina. Un aiuto decisivo e ispiratore fu, nel 1922, il viaggio che egli fece in Italia (Firenze, San Gimignano, Volterra, Siena, Ravello, Castrovalva) e successivamente quello che compì in Spagna (Madrid, Toledo, Granada). Fu impressionato dalla campagna italiana (l’Olanda è pressoché un’unica linea a dispetto di quelle che possono essere create con la visione di un territorio morfologicamente più complesso) e dall’Alhambra di Granada, famoso palazzo moresco del Trecento con particolari arabeschi che adornano gli interni. Qui i Mori utilizzarono tutti i diciassette gruppi di simmetria prediligendo, ovviamente per un precetto del Corano (“Tu non disegnerai alcuna figura…”) gli schemi astratti. Da questa visione ecco i cosiddetti disegni periodici che, partendo da una forma semplice, arrivano a riempire tutta la superficie in una geometria più complessa dove lo spettatore dimentica totalmente il punto di partenza.
Dietro i lavori di Maurits Cornelius Escher c’è un grande studio matematico tanto che è molto più amato dai matematici che dai critici o addetti ai lavori. I vari percorsi che Escher ha seguito per arrivare alla comprensione delle regole di costruzione dei suoi disegni, sono raccolti in una serie di quaderni fitti di appunti, semplici quaderni di scuola i cui quadretti lo aiutano a tracciare le griglie dei tasselli elementari delle sue figure.
Questi appunti, recuperati da Doris Schattschneider, matematica e grande ammiratrice dell’artista olandese, sono pubblicati nel suo libro, Visioni della Simmetria, Zanichelli, 1992. Un libro che svela i trucchi del mestiere di Escher e che raccoglie tutto il suo lavoro sulla divisione regolare del piano, quella che chiamò la “teoria profana”. Sono 350 disegni periodici, 180 dei quali sono inediti. Non si vanno a vedere le opere di Escher per emozionarsi ma per giocare visivamente e per comprendere maggiormente lo spazio nonché le ricerche della Gestalt (la corrente sulla psicologia della forma incentrata sui temi della percezione) dato che, come scrive lo stesso artista: «Noi non conosciamo lo spazio, non lo vediamo, non lo ascoltiamo, non lo percepiamo. Siamo in mezzo ad esso, ne facciamo parte, ma non ne sappiamo nulla… Vediamo soltanto sentieri, segni; non vediamo lo spazio vero e proprio».
I suoi disegni, quindi, sono provocazioni che egli crea per affinare la nostra percezione dello spazio, per svelare i limiti e le ambiguità delle nostre capacità percettive.
«Mentre disegno – scrive ancora – mi sento come un medium, controllato dalle creature che sto evocando. E’ come se esse stesse scegliessero le forme in cui apparire. E non si curano, durante la loro nascita, della mia opinione critica e non riesco a esercitare nessuna influenza sulle dimensioni del loro sviluppo. Di solito sono creature difficilissime e ostinate».