Ermal Meta partecipa al 71° Festival di Sanremo, con il brano Un milione di cose da dirti, una canzone d’amore semplice, dal sound essenziale, con pochi accordi, che il cantautore ha composto tre anni fa, solo pianoforte e voce. «Un milione di cose da dirti è una ballad scritta tre anni fa, quando stavo attraversando un momento di solitudine- dichiara il cantautore nel corso della conferenza stampa- Era da poco iniziata la mia carriera da solista, la mia vita era piena di grandi scosse, avevo un blocco emotivo, interiore. L’unica cosa che potevo fare era scrivere una canzone per liberarmi. Così, l’ho scritta in dieci minuti, in maniera istantanea. Un milione di cose da dirti è una canzone d’amore, che ha la gioia della consapevolezza di aver vissuto qualcosa di importante. Nel testo, il cuore a sonagli e occhi a fanale sono due nomi, due persone. Ho voluto utilizzare queste due immagini, per rendere la canzone fiabesca. Quando due persone stanno insieme e si vogliono bene, spesso non si chiamano più per nome. Un milione di cose da dirti è una canzone d’amore verticale, che tenta di salire verso l’alto».
Ermal Meta torna sul palco di Sanremo, per la quarta volta da solista, dopo aver partecipato nel 2017, con il brano Vietato Morire, vincendo anche il Premio della Critica Mia Martini e il Premio per la miglior cover, per la sua interpretazione di Amara Terra Mia, ed aver trionfato nel 2018 con il brano Non mi avete fatto niente, insieme a Fabrizio Moro: “Stavolta vado a Sanremo con uno spirito diverso, non mi interessa il podio. Torno al Festival, perché in questo momento, il palco dell’Ariston è l’unico palco su cui si possa salire. A me interessa fare musica dal vivo, far ascoltare la mia canzone e far emozionare.”
Un milione di cose da dirti farà parte nuovo album di inediti intitolato “Tribù urbana”, che uscirà il 12 marzo, su etichetta Mescal, distribuito da Sony Music, che è stato anticipato dal singolo No satisfaction.
Per quanto riguarda la scelta del titolo, Tribù urbana, Ermal Meta ci svela: «Il titolo mi è venuto in mente, alla fine, quando ho ascoltato tutte le canzoni del disco. Da sempre gli esseri umani tendono a stare vicini, prima in gruppi, in tribù, villaggi, diventati poi città. Ma in realtà, ultimamente, tendiamo a formare tribù e per tribù si intende l’anima che unisce le persone pur essendo diverse tra loro.” Poi parlando delle sonorità che il disco propone, Ermal racconta: “Questo disco è stato scritto immaginando di stare in platea e non su un palco, mi sono messo nei panni di chi viene ad un mio concerto. Ho scritto delle canzoni che possono essere cantate a squarciagola. Il disco è una commistione di suoni, di generi e stili diversi, perché la musica è bella tutta. Dipende molto dai sentimenti che in quel momento sto provando e dal tipo di strumento usato. Se ad esempio sto provando un nuovo tipo di chitarra, sperimento nuovi suoni e nascerà sicuramente qualcosa di originale. Il disco è molto più rock. Facendo musica da vent’anni, ho attraversato le varie fasi il punk, il crossover, l’hard rock, quindi, quel tipo di suono mi è rimasto dentro, perché le mie radici affondano anche in quelle sonorità».
Tra i brani del disco Tribù urbana si distingue Gli invisibili in cui Ermal ha avvertito l’esigenza di parlare della situazione dei senzatetto, che vivono di nulla: «Questa è una canzone importante per me, che nasce dopo un viaggio, due anni fa, negli Stati Uniti dove ho scattato diverse foto, fotografando gli homeless che incontravo. Parlando con uno di loro, che mi ha raccontato una parte della sua vita, nel giorno del suo compleanno, pensai subito che fosse una bella storia da raccontare. Gli invisibili con atti di pura gentilezza salveranno il mondo, tutti noi almeno una volta, nella vita, siamo stati invisibili. Ho immaginato un esercito di invisibili dalla capacità di volare, che diventano supereroi.” L’altro brano del disco Destino universale affronta il tema dell’immigrazione e contiene un messaggio di speranza: “La mia vuole essere una testimonianza di ciò che ci fa paura, del diverso. Si parla spesso di terra nostra, di terra loro, di mare nostro e di mare loro. Penso che sia importante il movimento dell’umanità, come il sangue che circola ed io ne sono la testimonianza. Ho lasciato la mia terra a tredici anni e non sapevo assolutamente cosa mi aspettava, però sapevo che dovevo partire ed andare via, lasciare l’Albania».
Nella serata delle cover, Ermal Meta interpreterà Caruso di Lucio Dalla, insieme con la Napoli Mandolin Orchestra. «Ho scelto la canzone Caruso, di Lucio Dalla, perchè tutti mi avevano sconsigliato di farla, ma preferisco misurarmi con i miei limiti, di toccare qualcosa di intoccabile. Volevo provarci. Un giorno ho registrato piano e voce Caruso, poi l’ho mandata al maestro Diego Calvetti, che mi dirigerà. Gli ho chiesto di fare un arrangiamento particolare. Gli ho suggerito che desideravo farla con dei mandolini, perché Caruso rappresenta la napoletanità. Volevo dei mandolini di Napoli e lui mi ha parlato della Napoli Mandolin Orchestra, subito ho accettato. Sento un legame molto forte con Napoli, la prima volta in cui ci sono andato, mi sono sentito a casa, non so spiegare. Penso che Napoli rappresenti l’Italia musicalmente».