Willie Peyote, il noto rapper torinese, al secolo Guglielmo Bruno, parteciperà per la prima volta al Festival di Sanremo con Mai dire mai (la locura), un brano di denuncia contro l’industria musicale italiana, colpevole di aver creato dei trend social applicati al mercato industriale tipo Spotify e Tik Tok.
Il titolo è un chiaro riferimento alla sit-com italiana Boris con Francesco Pannofino che presenta in modo caricaturale e grottesco il dietro le quinte di un set televisivo. La locura, ovvero la pazzia è la carta vincente dei nostri giorni: il travestimento, la finzione, la parvenza di una novità che non è innovazione o modernità bensì un semplice mascheramento di facciata.
Il testo della canzone è stato pubblicato pochi giorni fa ed ha scatenato una serie di polemiche che, come sappiamo, suscitano quella particolare attenzione da parte del pubblico e degli addetti ai lavori rivolta al circo mediatico sanremese per la serie bene o male purchè se ne parli e già c’è odore di un probabile premio della critica.
Il brano composto dallo stesso Willie Peyote con la collaborazione di C.Cavalieri D’Oro, D.G. Bestonzo e G. Petrelli, Ed. Sugarmusic/Turet/Gorilla Publishing Milano Torino, ha dei passaggi potenti. Ve ne segnaliamo alcuni: «Non si vendono più dischi tanto c’è Spotify Riapriamo gli stadi ma non teatri e live». E ancora: «Non ho capito in che modo twerkare vuol dire lottare contro il patriarcato. Siamo giovani affamati, siamo schiavi dell’hype…».
Per essere più chiari, ecco come lo stesso Willie spiega il brano: «La canzone parla di come ci siamo abituati a mettere al primo posto il mero intrattenimento, in tutti i campi, dall’arte e la cultura, passando per lo sport ed arrivando anche alla politica. Avere un personaggio che funziona è più importante che avere talento, avere il consenso è più importante che avere un programma, far parlare di sé è più importante che avere qualcosa da dire. Anche in pandemia The show must go on, quindi si gioca lo stesso in stadi vuoti, teatri chiusi e concerti annullati ma con gli streaming e i talent show la giostra sembra continuare a girare. Questa è l’Italia del futuro:un paese di musichette mentre fuori c’è la morte».
Noi di Mydreams abbiamo partecipato al roundtable. Ecco le domande e le risposte che ha rilasciato Willie Peyote in un italiano a raffica, condito da una buona dose di nervosismo.
Il testo di Mai dire mai, che porterai alla 71esima edizione del festival di Sanremo ha smosso gli animi. Come te lo spieghi e perché?
Willie Peyote: «Voglio sempre alimentare una discussione sulla musica. Le polemiche sono spesso strumentali. Accetto le critiche e le prese in giro, fa parte del gioco e so che sarebbe successo ma non c’è nulla di offensivo in quello che ho detto, mi sembra. È la realtà. Mi diverto».
Hai concluso il 2020 con un brano La depressione è un periodo dell’anno, una sorta di analisi molto veritiera sul lungo periodo di lockdown fatto di paure e di incertezze. Nel brano sanremese la cura della mediocrità viene prima del talento? C’è stata un’inversione di tendenza?
Willie Peyote: «Dobbiamo imparare a prenderci in giro di più. Dobbiamo prendere sul serio solo le cose che facciamo e che diciamo. Io penso le cose che ho scritto ma non bisogna vivere riducendo il tutto ad un fatto personale. Nessuno dovrebbe sentirsi offeso per le cose che ho detto, ho parlato in generale e queste cose non mi stanno bene. Abbiamo ridotto tutto ad un jingle su Tik Tok. Non sono contrario a questo ma c’è dell’altro per fare della buona musica. Bisogna usare bene queste piattaforme».
Quali caratteristiche deve avere un brano per essere ascoltato e dare emozioni?
Willie Peyote: «Deve essere piacevole, deve muovere culo e cervello e per questo vado a Sanremo. La musica solo da intrattenimento non fa per me. Un brano deve essere portatore di un messaggio ed il rap è il genere ideale per fare questo».
Nel testo parli del patriarcato. Credi che ce ne fosse bisogno?
Willie Peyote: «Non mi sembra di essere un maestro in queste cose e neppure voglio esserlo .Il mio è un tentativo di smuovere le acque. Le lotte sono esasperate. I femminicidi aumentano. Siamo un Paese retrogrado ma io non voglio insegnare niente a nessuno. Pongo delle domande, ecco. È un modo come un altro per arrivare alla gente».
Il 4 marzo salirai sul palco dell’Ariston con Samuele Bersani e farete la cover Giudizi Universali, un brano del 1997 scritto dallo stesso Bersani. Come mai questa scelta?
Willie Peyote: «La canzone mi piace e ringrazio Samuele per essere leggero e profondo allo stesso tempo».
Cosa farai dopo Sanremo?
Willie Peyote: «Spero di tornare a suonare presto dal vivo insieme alla mia squadra di musicisti».
Emozioni a Sanremo?
Willie Peyote: «È sempre un’emozione suonare. Mi mancherà la mia band ma spero di divertirmi anche con quelli a casa».
Saresti disposto a condurre un programma in TV o un Talent?
Willie Peyote: «Se mi facessero scegliere e fare un programma tutto mio sì, i talent no».
Tik Tok ha cambiato il modo di fare musica. Che ne pensi?
Willie Peyote: «Mi spaventa un po’, devo capire ma io me la prendo con le Majors e mi chiedo: che fine ha fatto il lavoro dei talent scout?».
Per quale squadra tifi?
Willie Peyote: «Il Toro, sarebbe scontato, forse una squadra neo promossa».
Cosa farai se la tua canzone sarà virale su Tik Tok?
Wille Peyote: «La canzone di Caparezza Sono fuori dal tunnel arrivò nelle discoteche. Se piace il pezzo puoi ascoltarlo dove vuoi. Una volta che pubblico le mie canzoni non sono più mie, appartengono agli altri che ne possono fare quello che vogliono».