«Io vivo di ricordi, perché sono l’unica prova che ho vissuto e che non sono solo esistito. Il ricordo è sempre un conforto, una certezza, l’illusione di una vita che continua. Nessuno te lo può rubare, non può essere inquinato o manipolato. È il tuo film più vero, più autentico. Il film della tua vita». Carlo Verdone
A distanza di nove anni da La casa sopra i portici, Carlo Verdone ha pubblicato per Bompiani nella Collana Overlook La carezza della memoria, pag.223 ,17 euro, una raccolta di ricordi e racconti professionali e privati.
Il libro è dedicato ai suoi due figli Giulia e Paolo con uno spiccato senso di protezione paterno ed una certa complicità ed è stato scritto all’inizio del primo lockdown quasi per caso. Così racconta lo stesso Verdone nelle pagine introduttive: «Durante questa lunga quarantena ho deciso di dedicarmi ad un grosso scatolone mai più aperto da dieci anni…. Alzo il coperchio e davanti ai miei occhi si presenta un ammasso disordinato di foto in bianco e nero, lettere piegate, rubriche telefoniche, agendine, fogli sparsi, piccole scatole, chiavi che aprivano chissà quali porte, c’è anche un santino. In questo scatolone ci sono le tracce di un’esistenza vissuta pienamente nel bene e nel male. Nei sorrisi e nella malinconia. Mi pare di aver trovato un certo antidoto, una risposta al bisogno di tornare a un presente sereno attraverso la contemplazione del passato». (pag 12-13)
Ed ecco che i tanti ricordi riaffiorano alla memoria e Carlo Verdone ce ne rende partecipi con una delicatezza ed uno struggimento rari. Il candore di Maria, una giovane prostituta, il viaggio fatto a Praga con il padre Mario, l’esilarante serata al circo Orfei, l’incontro decisivo con Enzo Trapani e Bruno Voglino per la seconda edizione di No stop, l’amico Guglielmo, la signora Stella e le sue lettere d’amore, gli incontri con persone di varia umanità in bische clandestine, il concerto degli Who all’arena di Verona con il figlio Paolo sotto una pioggia torrenziale, una tre giorni avventurosa dedicata alla poesia sul litorale laziale, gli spettacoli fatti in una Siena innevata… E i ricordi si fanno struggenti quando Verdone pensa ad una Roma che non c’è più e a tutte le persone alle quali ha dovuto dire addio in questi anni, incominciando dai suoi genitori, in particolare il padre di cui trova un foglio piegato in due, datato 24 settembre 1991 con il titolo Magnanimità.
Ognuno dei sedici capitoli del libro si apre con una foto in bianco e nero. La prima ci mostra una graziosa bambina dal sorriso dolce e dagli occhi lucenti: Giulia. E poi una foto di Verdone scattata da Maria, Carlo con Massimo Troisi e Francesco Nuti, il portone di una bisca dei flipper in Piazza della Trinità dei Pellegrini a Roma, a Praga sul Ponte Carlo nel 1973, con Paolo Poli davanti al Teatro Alberico nel 1977, la foto di un quadro regalatogli dall’amico Guglielmo, una foto con dedica di Pete Townshend, Mario Verdone con i nipotini, il litorale laziale tra Sabaudia e il Monte Circeo, con la mitica 1100 Fiat, un tramonto dalla casa in Sabina, un ritratto scolorito di Nonno Oreste. Anche noi lettori ci perdiamo in queste immagini un po’ sbiadite e le storie raccontate ci appartengono perché sono storie profonde che commuovono e divertono.
Insieme a Carlo Verdone, alla fine della piacevole lettura possiamo fare nostra una riflessione di Gabriel Garcìa Marquez: «La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla».