“Quel filo sottile” è il titolo dell’ultimo disco del cantautore Daniele Fortunato, un concept album intriso di sentimenti, che fa rifiorire attraverso sette fotografie musicali ricordi indelebili. Un lavoro discografico autobiografico penetrante, in cui il cantautore piemontese, romagnolo d’adozione, narrando la sua storia d’amore, rivive la leggerezza dell’adolescenza, canta la gioia del ritrovarsi da adulti dopo vent’anni e il desiderio di restare e vivere la paternità. “Quel filo sottile” scritto e arrangiato da Daniele Fortunato è un disco pop raffinato dalle sonorità folk, che attinge dal jazz, dal country e dai ritmi latini.
“Quel filo sottile” è un concept album che svela il legame indissolubile che unisce un uomo e una donna. Cosa hai provato nel narrare la tua storia d’amore?
«È stato come rivedere quei tragitti di vita su un grande schermo. Mi sono seduto, emozionato, facendo attenzione ai particolari. Non è facile essere completamente autobiografici quando si scrive una canzone; si cerca sempre di mascherare o sfuocare qualche contenuto, per la consapevolezza che certi sentimenti saranno poi esposti anche a coloro che non ti conoscono profondamente. Ma una storia così non capita tutti i giorni. E inciderla è stato il mio segno di gratitudine».
Nel brano Mancini maldestri descrivi in modo poetico una delle caratteristiche che accomuna le due anime. In quale momento l’hai scritta?
«Grazie per aver colto questo brano. È la canzone dalla quale è nato il disco. Oltre a raccontare la coincidenza dell’essere entrambi mancini (e talvolta maldestri) rappresenta, sotto forma di valzer, la crescita, le responsabilità, la vita scandita da impegni e fatiche quotidiane, ma soprattutto il momento in cui ci siamo accorti della grandezza e della potenza di determinate scelte».
Nell’ultima traccia, Quel filo sottile, canti “diventiamo come rami stretti a foglie nuove”. È un gesto d’amore verso i tuo figli.
«È stato difficile mettere nero su bianco questo brano. Ma poi è stato lui a dare il titolo all’album. Ho cercato di rendere l’amore e l’istinto di protezione che possono provare un padre o una madre; consapevole di affrontare un sentimento che non puoi “raccontare con sole parole”».
Riesci magistralmente a intrecciare generi musicali diversi viaggiando tra sonorità folk, pop, jazz e country. Quando è nata la passione per la chitarra?
«Ti ringrazio molto. Cerco di esprimermi musicalmente attraverso i generi che amo, senza forzare la mia identità. L’amore per la chitarra (soprattutto acustica) nasce alle scuole medie, nei lontani anni ’90, grazie alla mia prima band nata tra i banchi di scuola».
Da quali musicisti e cantautori ti sei lasciato influenzare?
«Non so dirti chi mi ha influenzato, ma con certezza posso dirti che amo: Lucio Battisti, Zucchero, Niccolò Fabi, Samuele Bersani, Jim Croce, James Taylor, John Mayer, Paolo Nutini. E molti altri».
Come compositore scriverai altre musiche per programmi televisivi?
«In questo momento sono molto concentrato sulla scrittura “cantautorale” ma se si presentasse nuovamente una bella occasione legata all’audiovisivo la accoglierei volentieri».
Le attività live purtroppo sono state sospese in questo periodo. Cosa prova un musicista quando viene privato della possibilità di suonare su un palco?
«Che tu abbia a che fare con grandi platee o con piccoli pub, la magia dello scambio di vibrazioni avviene solo ed unicamente dal vivo. Ho provato qualche live in diretta streaming, può andare bene per mantenere un contatto con le persone, ma non si può pensare di vivere e concepire lo spettacolo musicale in questo modo. Non è solo una frustrazione, ma una sofferenza. Auguro a tutti la forza necessaria per resistere, nell’attesa che la situazione globale migliori, e finalmente ritorni la vita».