Il 4 dicembre di 50 anni fa usciva nelle sale cinematografiche italiane il film Il giardino dei Finzi –Contini, tratto dal romanzo di Giorgio Bassani pubblicato nel 1962 e Premio Viareggio nel 1963 per la regia di Vittorio De Sica. Il film vinse una serie innumerevole di premi tra i quali l’Oscar come, migliore film straniero nel 1972. Il cast era composto dai seguenti attori: Lino Capolicchio, Dominique Sanda, Fabio Testi, Romolo Valli, Helmut Berger.
Una ricca ed altolocata famiglia ebrea di Ferrara viene esclusa, a causa delle leggi razziali promulgate nel 1938, dal circolo del tennis e, in generale, dalla vita sociale della città. Pertanto Alberto (Helmut Berger) e Micol (Dominique Sanda), ospitano,nel grande giardino della loro villa, per le loro partite gli amici Giorgio (Lino Capolicchio), figlio di un noto commerciante ebreo e Giampiero (Fabio Testi), un giovane comunista). Giorgio a poco a poco si innamora di Micol non corrisposto mentre le leggi razziali si inaspriscono sino alla deportazione nei campi di sterminio.
Il film è stato restaurato nel 2015 e noi di Mydreams abbiamo trovato una parte dell’interista rilasciata da Christian De Sica a Silvia Fumarola in occasione della proiezione tenutasi l’11 maggio di quell’anno all’Auditorium Parco della Musica di Roma. Così si esprime il figlio del grande regista: «È un film al quale sono legatissimo e che mi ricorda la mia famiglia. Sono stato sul set a Roma e a Ferrara quando è stato girato. Mio fratello Manuel, recentemente scomparso,ne firmò la colonna sonora che fu candidata all’Oscar ma vinsero le musiche de Il Padrino.È altresì un film importante perché la mia generazione vide cosa succedeva in quegli anni, forse per la prima volta. La differenza che c’è tra il film di mio padre e gli altri dedicati alla Shoah è che nel Giardino dei Finzi-Contini non c’è la consapevolezza di quello che sta accadendo, non viene rappresentato l’orrore». Il film infatti pone l’accento sulle leggi razziali ed il loro inasprimento e parla anche per la prima volta di omosessualità, sebbene in forma sussurrata .
Oggi ci sembrano argomenti scontati ma non lo erano negli anni ’70, ancorati ad una morale spesso bacchettona che non aveva ancora fatto tesoro dei movimenti rivoluzionari del maggio parigino del ’68. E così pure il soffermarsi sulle tradizioni religiose ebraiche, sui dettagli scenografici, quell’indugiare della cinepresa sui volti dei protagonisti e l’utilizzo di una fotografia sfumata dei paesaggi rendono il film modernissimo, inaspettato perché girato da uno dei padri del neorealismo.
La piena fiducia di De Sica in attori che poi si riveleranno di grande spessore ma all’epoca giovanissimi, in particolare Capolicchio,Sanda e Testi, risulterà una scelta ottimale soprattutto per la vittoria agli Oscar. Nel panorama dei film presentati in America in quegli anni , a parte la fama di De Sica che aveva vinto già l’Oscar per Sciuscà nel 1948, nel 1950 per Ladri di biciclette e nel 1965 per Ieri,oggi e domani, la parabola umana di quei giovani ferraresi li accomunava in un certo qual modo a quelli americani partiti per combattere la guerra in Vietnam.
E pensare che De Sica aveva offerto il ruolo di Micol ad una giovanissima Patty Pravo. Questo la dice lunga sulle capacità del famoso regista di scovare talenti. Non sapremo mai quanto Nicoletta Strambelli abbia rimpianto quel no giovanile ed avventato.