“Fogli che raccontano” segna l’esordio nel mondo della discografia di LaRizzo, nome d’arte di Alessandra Rizzo. L’album, in cui la world music d’autore si sposa con contaminazioni jazz, sud americane ed etniche, si compone di otto tracce e rappresenta un viaggio, un percorso artistico fatto di immagini, luoghi, parole e sonorità, che restano impresse come durante la lettura di un libro.
Fogli che raccontano è il tuo primo album, un diario che racconta dieci anni del tuo percorso artistico. Cosa rappresenta in particolar modo per te questo lavoro discografico?
«Fogli che Raccontano è un sogno che si realizza. Attraverso questo “biglietto da visita” abbiamo piantato un piccolo seme che definirei sia un traguardo raggiunto, sia un fantastico luogo dal quale ripartire».
Sono otto i brani che hai scelto per questo tuo primo disco. Come sono stati selezionati?
«Negli anni ho attraversato varie fasi ed ho conosciuto tante versioni di me. Ho pensato ai brani ai quali mi sentivo più legata e che raccontavano le tappe più importanti di un percorso, da qui anche la scelta di proporli all’ascoltatore, esattamente nell’ordine in cui sono stati scritti».
Il brano “Albero di pietra”, ti è stato donato dalla cantautrice catanese Agata Lo Certo. Come mai ha scelto di inserire questo pezzo, l’unico che non porta la tua firma?
«Albero di Pietra rappresenta molto. Innanzitutto è un dono prezioso che arriva da un’artista che ho sempre stimato. La generosità di Agata nel donarmi un suo figlio, mi ha insegnato quanto sia importante sostenersi a vicenda. E’ stata una spinta verso la scrittura, una sorta di “benedizione” da parte di chi questo lavoro lo fa da molto più tempo di me».
“Sono frammenti” e “Troppe luci niente stelle” (al 2° posto del Lennon Festival nel 2015) sono due brani scritti a quattro mani con il leader degli Sugarfree Matteo Amantia. Com’è nata la collaborazione e l’idea di scrivere insieme?
«In realtà questi due brani facevano parte di un progetto che non ha mai visto la luce. Avevo deciso di lavorare alla realizzazione del disco, ma ero inesperta e forse non avevo nemmeno ancora ben capito chi fossi. Matteo mi ha affiancato nella scrittura dei testi, ma crescendo ho capito che il vestito che avevano indossato non era più al passo con me, per questo la scelta di aspettare tempi più maturi e reinterpretarli».
“Con le mie scarpe” è un brano pubblicato nel 2015 e riproposto in questa occasione in una nuova veste, più coerente con quello che sei oggi, arricchito musicalmente dalla voce di Teresa Raneri. Il testo parla di una consapevolezza che tutto deve andare avanti, perché il tempo passa, ma anche il non riuscire a lasciare andare totalmente. Dalla precedente versione a quella attuale quanto sei cambiata?
«Moltissimo e credo che questo si evinca non solo dal nuovo modo in cui è stata riproposta, ma anche dai testi che sono nati dopo quel 2015».
In “Fogli che raccontano” si evince la tua voglia di raccontare te stessa, il tuo percorso artistico, un viaggio fatto di immagini, luoghi, parole e sonorità, che restano impresse come durante la lettura di un libro. Il racconto di una storia che ripercorre momenti importanti della tua carriera artistica. Un racconto che parla della fine di un percorso ma anche dell’inizio di un nuovo viaggio…
«Per questo motivo Fogli che Raccontano ha dato il nome al disco. E’ un po’ la chiave di lettura di tutti i brani, la fine ed il nuovo inizio, il raggiungimento della consapevolezza che si può lasciar andare il vecchio ma anche la voglia di mostrarsi senza filtri e da li ripartire».
Il tuo genere musicale può identificarsi come una world music d’autore con contaminazioni jazz, sud americane ed etniche. Cosa ti affascina di questo genere musicale e quando hai capito che rappresentasse al meglio la tua espressione artistica?
«La contaminazione fa parte di me. La mia famiglia è un pot – pourri meraviglioso che mi ha insegnato a prendere il meglio da ogni cultura. Così faccio anche con la musica. Sono affascinata da tutto quello che mi permette di essere libera e lontana da una definizione. In questo momento era questa la strada da attraversare… chissà domani da cosa mi farò attrarre».