È uscito l’album d’esordio del cantautore e polistrumentista partenopeo, Nicola Russo, intitolato“Error 404 Heart Not Found”, pubblicato dalla label Elios Recording e disponibile su tutte le piattaforme digitali. Il disco, contraddistinto da sonorità indie con richiami al pop e alla trap, nasce dall’esigenza di svelare sensazioni e stati d’animo che i giovani spesso custodiscono. Il titolo è un messaggio per manifestare quel bisogno di cercare emozioni non in rete, ma dentro se stessi.
È uscito il tuo album d’esordio dal titolo “Error 404 Heart Not Found” che parla della tua generazione e che ti ha portato a scoprire la tua anima. Cosa ha significato per te questo viaggio interiore?
«Per me quest’album ha rappresentato un vero percorso introspettivo. Una finestra per guardarsi dentro ed estrapolare tutte quelle sensazioni che accomunano noi ragazzi, in particolare quelle persone che hanno una profonda visione dell’amore, sia per se stessi ma anche verso un’altra persona. Descrivere il tutto con richiami alla quotidianità, sottolineando la spontaneità con cui queste emozioni vengono vissute».
«Narghilè non è il pezzo che mi rappresenta meglio all’interno dell’album ma è comunque uno dei più importanti poiché con esso esprimo il groviglio interiore che si prova quando si è innamorati. La voglia e la speranza di essere ricambiati dall’unica persona che si ama, con cui spesso si immaginano momenti irrealizzabili, come fossero sogni, a cui si fa riferimento proprio nel brano. Credo che parlare di come noi ragazzi viviamo certe esperienze, senza giri di parole ma in modo diciamo “grezzo”, sia il modo migliore per far rispecchiare tante persone nella mia musica e non solo ragazzi ma anche chi lo è stato ed ha vissuto esperienze simili».
«Non so che mi aspetta è forse il brano più profondo dell’album, musicalmente si apre con un pianoforte che poi ci accompagnerà per tutto il brano. Parla degli amori finiti e di storie che sono destinate a terminare anche se sono state importanti; da solo scopri di essere fragile e vulnerabile mentre prima ti sentivi invincibile, “viviamo di abbandoni” ma non siamo mai preparati ad un addio e dentro sentiamo solo il vuoto».
«Gli artisti che più mi influenzano sono quasi tutti stranieri, posso citarne alcuni come Justin Bieber, Post Malone, Joji ma anche alcuni Italiani come Carl Brave, Franco126, Rkomi e Luchè. Non ho un genere preciso, nemmeno tra quelli che ascolto. Mi piace spaziare su tutto ciò che mi piace suonare ed ascoltare, alla fine credo sia anche questa una delle tante bellezze della musica».
«A circa 9 anni ho preso le prime lezioni di chitarra, durate poco perché poi ho deciso di proseguire da autodidatta. Non ho mai preso lezioni di canto per ragioni di tempo a causa dell’impegno scolastico ma avrei voluto tanto. I miei progressi da autodidatta sono stati spinti dal mio amore incondizionato per la musica in generale e per la produzione musicale, ma anche dal supporto di mio nonno che ha sempre creduto in me. Avrei voluto tanto vedesse l’uscita di questo mio primo album che, purtroppo, quando lui ci ha lasciato non era nemmeno in programma».