“Noi attori abbiamo il privilegio di poter continuare i nostri giochi d’infanzia fino alla morte , che nel teatro si replicano tutte le sere” Gigi Proietti
Gigi Proietti ci ha lasciati nel giorno del suo compleanno. Oggi avrebbe compiuto 80 anni. Assistito dalla moglie Sagitta Alter e dalle figlie Carolina e Susanna, si è spento in una clinica romana per problemi cardiaci.
Sembra di risentire la sua voce quando ironizzava sulla sua data di nascita o quando declamava con finta indolenza una poesia di Trilussa o del Belli.
Una carriera lunghissima che lo ha visto attore, regista, drammaturgo, comico, cabarettista, doppiatore, conduttore televisivo, cantante, direttore artistico e insegnante sempre da mattatore in teatro, al cinema e in TV.
Come spesso succede la famiglia lo voleva avvocato ma sente prepotente il richiamo del mondo dello spettacolo in tutte le sue forme dalle macchiette di Petrolini ai sonetti di Shakespeare, da Brecht alla commedia musicale. La sua grande occasione gli arriva nel 1970 quando sostituisce Domenico Modugno nel musical Alleluja brava gente della premiata ditta Garinei & Giovannini, dividendo il palco con Renato Rascel. Da quel momento la sua carriera prende il volo e Gigi Proietti può finalmente mostrare il suo enorme talento istrionico con una leggerezza che nasconde rigore, fatica ,emozione.
Quanti spettacoli e quanti film e quante fiction di Gigi restano nella nostra memoria! A me gli occhi, please, primo esempio di teatro-grafia che segnò uno spartiacque nel modo di fare teatro, Febbre da cavallo nel ruolo dell’incallito scommettitore Mandrake, Preferisco il Paradiso, un commovente San Filippo Neri e Il Maresciallo Rocca che anche all’ennesima replica conta su uno zoccolo duro di telespettatori. E le sue doti canore? Certo anche quelle nel cantare gli stornelli romani, l’imitazione di Luis Armstrong, la sua partecipazione a Sanremo nel Trio Melody insieme a Stefano Palatresi e Peppino di Capri e la dissacrante e divertentissima Nun me rompe er ca…facendo il verso agli chansonniers francesi …
La sua voce inconfondibile è stata quella di Gatto Silvestro, il Genio della Lampada di Aladino, e ancora Stallone, De Niro, Hoffmann, Burton …
Un artista che ha anche cercato di insegnare il suo mestiere ad altri con generosità con l’apertura di un laboratorio teatrale da cui sono usciti veri talenti quali Flavio Insinna, Gabriele Cirilli, Enrico Brignano.
Ci ha anche accompagnati recentemente nelle puntate di Ulisse, il programma di Alberto Angela, come voce narrante o rivestendo i panni di famosi personaggi storici.
Come scrittore lo ricordiamo per due libri: Tutto sommato qualcosa mi ricordo, Milano, Rizzoli 2013 e Decamerino. Novelle dietro le quinte. Milano, Rizzoli, 2015.
CIAO GIGI!
IL RICORDO DI VINCENZO SALEMME
«Ti scrivo qualche riga quando ancora non so se sarà consentito venire a darti l’ultimo saluto. Non ti vedevo da un anno. In una trasmissione televisiva mi avevi raccontato la tua volontà di prendere in gestione un teatro. E volevi farlo insieme a me. Per me sarebbe stata un’avventura entusiasmante. Fare teatro accanto al più luminoso dei Giullari. Sei quello che meglio di tutti ha saputo spazzare via quelle stupide etichette dei tempi moderni, che dividono gli artisti in “alti” e “bassi”, profondi e superficiali, popolari e di élite… Avevi un rapporto con il pubblico che non era mai falso, manifestavi ciò che eri. Perché un attore, prima di tutto, deve essere onesto. Questa è l’etica di un vero attore. Tu ogni volta facevi un patto con il pubblico: facciamo finta che io sia… E così diventavi re Lear o Mandrake, un cantante maestoso o un menestrello, raccontavi una barzelletta o recitavi un sonetto del Belli. Il pubblico, con te, non era mai passivo, era essenziale, non ti guardava dal buco della serratura come accade nei reality, era in teatro con te e sceglieva il luogo con te, viveva il racconto con te. Avevi una quantità infinita di talento e, grazie al cielo, ce ne hai fatto dono. Di solito non mi piace usare il termine popolo a sproposito ma nel tuo caso è giusto e doveroso dire che il popolo te ne sarà grato per sempre e non ti dimenticherà mai. Perché se Attore è anagramma di Teatro, tu ne sei stato l’esempio più nobile».
IL RICORDO DI LORETTA GOGGI
«Dal pestifero Titti all’indomabile Gatto Silvestro: se è vero che mi hai definito uno Stradivari, è altrettanto vero che tu sei stato e rimarrai per sempre il “Cannone” di Guarneri del Gesù di Paganini e Paganini stesso messi insieme! Mi lasci insieme a Sagitta, Carlotta, Susanna, ai tuoi amici e al tuo sconfinato pubblico, orfana del tuo amore, del tuo affetto, della tua straripante bravura. Grande in tutto, Gigi caro, anche nell’insegnare, nel trasmettere, senza avarizia alcuna, ai tuoi allievi, oggi affermati numeri uno, impostazione, dizione, tecnica e segreti della tua arte. Mi hai riportato a recitare, volendomi accanto a te, in teatro, nel 1981, condividendo per la prima volta il palcoscenico con qualcuno. Noi due (tu anche meraviglioso regista!), da soli, in “Stanno suonando la nostra canzone”, un successo da brivido per me che venivo da Sanremo, che avevo rifiutato, per lavorare con te, il mio secondo Fantastico… quanto ti devo anche per questo! Ora non mi resta che unirmi, nello sconcerto di saperti nato al cielo, a tutte le voci del mondo dello spettacolo e al tuo pubblico sterminato nel gridare a squarciagola perché ti arrivi fin lassù: GRAZIE, GIGIIIII!!!!».
IL RICORDO DI RENZO ARBORE
«Gigi è stato il più eclettico artista della sua generazione. Accanto all’intesa artistica c’è un’intesa umana che è stata fondamentale nella mia carriera. Ci sono dei personaggi che non sono dei semplici attori o intrattenitori o registi o cantanti o umoristi, ma sono degli autentici pilastri dello spettacolo. Gigi Proietti è uno dei pilastri sui quali si reggeva lo spettacolo italiano, tutto lo spettacolo italiano. Si ricorreva a lui quando bisognava celebrare l’antica Roma, come ha fatto la saggiamente Alberto Angela e si ricorreva a lui per raccontare una facezia romana dei borghi, si ricorreva a lui quando si voleva cantare una canzone meravigliosa, o quando si voleva fare una risata, ma anche quando si doveva pensare o si voleva chiedere un parere sulla società civile o sullo spettacolo. Gigi è stato il più eclettico artista della sua generazione. L’idea di intestargli il Teatro Brancaccio mi sembra assolutamente un’idea da sposare. Gigi per il teatro e per la diffusione del teatro ha fatto veramente quanto non sono riusciti a fare altri: dalla regia, alla direzione, alla scoperta di nuovi talenti. E’ difficile elencare i meriti di una personalità così eclettica come quella di Gigi Proietti. Per me, diciamo, provinciale foggiano trapiantato a Napoli, Gigi personificava Roma, la sua grandezza, la sua bellezza e il suo spirito, la sua cultura. È l’erede veramente di grandissimi come Aldo Fabrizi, Alberto Sordi. Erede dell’umanità, del disincanto romano, delle qualità dell’ospitalità e dell’accoglienza che i romani hanno tra le proprie caratteristiche. È inutile elencare le malefatte fatte insieme, ha partecipato perfino al mio mio film FF.SS. dopo che io ho partecipato a quasi tutti i suoi programmi televisivi di varietà, ricordando vecchie canzoni, e lui è stato protagonista di molti miei programmi televisivi, sempre con un’idea vincente. Tra i miei ricordi più belli c’è la sua partecipazione a “Meno siamo, meglio stiamo” dove veramente ha sintetizzato quella parte dello spettacolo leggero che lui condivideva insieme allo spettacolo importante del quale è sempre stato rappresentante. Capisco che ogni giudizio su Gigi è riduttivo in questo momento, effettivamente lo shock è stato violentissimo per me. Accanto all’intesa artistica c’è un’intesa umana che è stata fondamentale nella mia carriera, con lui e con la sua famiglia. Eravamo amici confidenti».