Penultimo appuntamento con il cinema di qualità su RaiPlay, la piattaforma digitale streaming dove sarà possibile vedere in prima visione il film Dafne di Federico Bondi, vincitore del Premio Fipresci della stampa internazionale nella sezione Panorama dell’ultima Berlinale che doveva arrivare nelle sale il 21 marzo scorso per la Giornata Mondiale delle persone con Sindrome di Down.
Ecco come il regista, alla sua seconda prova dopo Mar nero del 2008, racconta la genesi del film: «Un giorno, qualche anno fa, vidi alla fermata dell’autobus un padre anziano e una figlia con la sindrome di Down che si tenevano per mano. Fermi, in piedi, tra il via vai di macchine e passanti mi apparvero come degli eroi, due sopravvissuti. Dafne nasce da questa immagine-emozione, la scintilla che mi ha spinto ad approfondire. Sono entrato con curiosità in un mondo che non conoscevo, finché ho avuto la fortuna di incontrare Carolina Raspanti, con cui è nata un’amicizia fondamentale non solo per il film ma anche per la mia vita».
Il lungometraggio racconta le vicende di Dafne (Carolina Raspanti), una giovane ragazza trentacinquenne affetta dalla Sindrome di Down. Ha un lavoro in una Coop che le piace, molti amici e colleghi che le vogliono bene e vive con i suoi genitori Luigi (Antonio Piovanelli) e Maria (Stefania Casini). L’improvvisa scomparsa della madre manda in frantumi gli equilibri familiari. Dafne dovrà non solo metabolizzare il lutto ma sostenere anche il padre, caduto in forte depressione. Una gita in montagna, nel paesino dove è nata la madre, restituirà serenità ad entrambi.
La protagonista del film ha un umorismo spiazzante ed imprevedibile, una forza ed una vitalità fuori dal comune che affascinano lo spettatore fin dalle prime inquadrature. Dafne è diretta, simpatica, sensibile, spiritosa, volitiva, loquace, amante della compagnia e per niente viziata essendo figlia unica.
Si comprende che il regista ha cucito addosso a Dafne –Carolina una storia rispettandone i tempi e gli umori. Ne viene fuori un personaggio credibilissimo che lo spettatore non guarda con pietà o con commiserazione perché Dafne non subisce la propria diversità ma la accetta in modo naturale dimostrando ancora una volta che le persone ritenute fragili ed indifese nascondono una forza interiore e una determinazione fuori dal comune.
Belle le immagini dell’Appennino toscano e i primi piani riservati alla protagonista anche nei momenti più dolorosi e struggenti. La scena finale del palloncino verde che contiene il respiro della madre morta vale tutto il film che è realistico e poetico.
Ancora una nota di regia: «Il film, almeno negli intenti, rappresenta un invito ad abbandonare l’atteggiamento rigido del pregiudizio e sentimenti come la paura, a volte persino l’orrore o più spesso la compassione davanti al diverso».
Ci auguriamo che passata l’emergenza sanitaria il film Dafne possa essere visionato anche nelle scuole e costituire in questo modo una riflessione sulle persone portatrici della Sindrome di Down che meritano rispetto ed ascolto.