“La donna più odiata d’America”, uscito nel 2017 e ora disponibile sulla piattaforma di streaming Netflix, è un film di Tommy O’Haver che racconta la storia dell’attivista atea Madalyn Murray O’Hair assassinata nel 1995.
La pellicola ripercorre l’inizio della battaglia intrapresa da questa donna, laureata in legge, che trovava “fuori luogo e retrograda” l’obbligatoria preghiera del mattino nelle scuole pubbliche americane. Portato il caso davanti alla Corte Suprema ed appellandosi al primo emendamento Murray riuscì a cambiare la storia americana, e a 23 anni fondò l’associazione A.A. (American Atheists) che opera dal 1963.
Tommy O’Haver riesce a rendere bene anche quello che Madalyn Murray O’Hair, interpretata da Melissa Leo, era come donna: una madre dispotica, dura e ben poco permissiva per quanto riguardava le scelte personali altrui. Il suo primo figlio William Murray, che nella sua vita si battezzò e diventò anche un predicatore, si allontanò dalla madre e per un periodo David Roland Waters, fu direttore dell’ufficio di Madalyn e suo confidente. Ex detenuto e presunto omicida, nel 1965, dopo una lite con la O’Hair ed il consecutivo licenziamento, insieme ad altri due uomini escogitò un piano per estorcerle il denaro che aveva rubato all’associazione. Insieme a lei sequestrò anche il figlio Jon e la nipote Robin. L’epilogo fu tragico: i corpi dei tre vennero rinvenuti in un ranch, seppelliti dopo essere stati smembrati da una sega. I rapitori furono catturati e processati.
Tuttavia la performance di Melissa Leo insieme a quella del cast non basta a tenere insieme un materiale troppo vasto e cangiante per 90 minuti di biopic standard. Il film, indeciso tra la trama dell’impegno civile e quella del colpo sconclusionato andato a male, fila veloce ed è, forse, troppo divertente per il tema trattato; sembra quasi un’occasione colta a metà.