Dal 29 maggio è disponibile sulle piattaforme digitali il nuovo singolo del cantautore Tia Airoldi, nome d’arte di Mattia Airoldi, dal titolo Isn’t it Fine (etichetta Candle Studio S.r.l.). Il brano, scritto a quattro mani con il produttore e compositore Fabrizio Campanelli, è colonna sonore dello spot Immobiliare.it ed è accompagnato da un suggestivo videoclip. Cantautore e docente di Cassano d’Adda, classe ‘87, Tia Airoldi, suona in Italia e all’estero in apertura di numerosi artisti nazionali ed internazionali quali: Spandau Ballet, Josh T. Peterson, Ben Ottewell, Matt Elliott, Juan Mordecai, Statuto, Punkreas. Ha suonato in Canada, Germania, Svizzzera, Polonia, Belgio, Inghilterra e in alcune venues straordinarie come il Brussels Summer Festival e il Reeperbahn Festival di Amburgo, oltre al Festival MI AMI di Milano con il gruppo da lui fondato dei The Please.
Quando e come è nata la tua passione per la musica?
«Fin da bambino la musica è stata una serie di presenze: quella costante in casa, della chitarra di papà, immancabile strumento di compagnia, i primi studi con il violino e la musica dei miei film preferiti. E ancora tutti i dischi passati ai tempi del liceo dagli amici più grandi: dal punk-rock all’indie, al folk. Suonare insieme agli amici: le canzoni, i concerti, i tour. Sentirsi parte di un mondo, di una famiglia (nella band così come nella cosiddetta musica indipendente). Le ore infinite nelle sale prove, in macchina e in furgone, nei bar, in casa a chiudere le confezioni dei nuovi dischi appena arrivati dal grafico. Sui palchi, con tutte le emozioni del mondo».
Quali sono le tue fonti di ispirazione e quali cantanti ascolti?
«I miei ascolti sono stati sempre orientati fuori dai confini italiani. Il cantautorato folk classico e contemporaneo da Johnny Cash, Bob Dylan, Neil Young, Lee Hazlewood e Lou Reed fino a Nick Drake, Elliot Smith, Bright Eyes, Fleet Foxes, Sufjan Stevens, Timber Timbre… Certamente Fabrizio De Andrè è il cantautore italiano che sento più vicino. Ma sono davvero numerosi gli artisti nostrani che ammiro; tra i più recenti ci metto sicuramente i Daylight Seven Times, gli Iori’s Eyes, gli Amor Fou e le recenti produzioni di Maciste Dischi».
Hai fondato il gruppo dei The Please. Perché ora hai deciso di esibirti da solo?
«In realtà ho sempre portato avanti una mia esperienza da solista parallela (sotto diversi pseudonimi) ma al contempo non sono mai stato “da solo”; spesso a suonare nei live mi accompagna Marco Gilioli, amico e cofondatore dei The Please ma anche gli altri amici di sempre sono spesso presenti in varie tappe delle mie creazioni. Ad esempio, il brano Golden Sun è stato registrato da Luca Piazza, bassista dei The Please e nella canzone potete sentire la voce di Francesca Stella Riva, anche lei della band. E poi tanti altri amici sono una sponda perenne di confronto, penso in particolare a Sergio Grandolfo, musicista e produttore, che in passato ci ha spesso supportato nelle produzioni con la band».
Su Spotify si possono ascoltare le tue composizioni che sono dei veri e propri gioielli in lingua inglese: Morning News, Golden Sun, Dinner. A quando un brano in lingua italiana?
«In passato ho trovato più immediato ed istintivo rapportarmi con la mia voce nella lingua inglese. Da qualche tempo ho iniziato a subire il fascino della nostra lingua madre e a cercare la mia via; questo è un grande stimolo. Posso dire che sono già al lavoro su alcune canzoni».
Isn’t it Fine è il tuo nuovo singolo, scritto a quattro mani con il compositore e produttore Fabrizio Campanelli e colonna sonora dello spot pubblicitario Immobiliare.it accompagnato da un suggestivo videoclip. Ci racconti come è nata questa collaborazione e la genesi del brano?
«Le prime bozze risalgono a qualche anno fa. Io e Fabrizio Campanelli ci conoscevamo da qualche tempo. Io ero rimasto folgorato dal suo lavoro per la canzone Lovely on my hand. Fabrizio, nel suo Candle Studio di Milano, stava lavorando alla struttura base di un pezzo folk, solare, caldo e recentemente la canzone ha assunto la sua forma definitiva che la pubblicità, attraverso il medium televisivo, ha contribuito a diffondere e a far conoscere ad un grande numero di ascoltatori».
A quando un tuo primo album?
«Non abbiamo programmato un’uscita precisa, ma da settembre ci potrebbe essere già un primo singolo in italiano in giro…!».
Prevedi di inserire anche famose cover della tradizione folk americana?
«Suggestione interessante, chissà…per ora mi cimento sui social».
Hai avuto modo nella tua carriera di “aprire” i concerti di alcune star della musica. Ci puoi parlare di questa esperienza raccontandoci anche qualche aneddoto?
«Ricordo con particolare affetto il post concerto al Tambourine di Seregno in apertura di Depedro (allora chitarrista dei Calexico) a cantare a squarciagola Material Girl a locale ormai chiuso con il suo chitarrista, i The Please e i nostri managers. Mi disse poco dopo che anche se tutti ti considerano un loser va bene così; la testa bisogna continuare a sbatterla contro il muro per raggiungere i propri obiettivi. Essere loser, sentire di non farcela, ha i suoi lati positivi e ti mette di fronte a te stesso».
Oltre ad essere un musicista sei anche docente alle scuole elementari. Come fai a conciliare entrambe le attività?
«Negli scorsi anni ho avuto l’opportunità di lavorare nella scuola pubblica e tutt’ora sono docente in una scuola di musica nel paese in cui abito. Certamente durante il giorno non c’è mai da annoiarsi! Centellinando i tempi finora sono sempre riuscito ad organizzarmi per portare avanti attività live; ogni tanto facendo un po’ di corse. Quando ho aperto il concerto degli Spandau Ballet a Milano, ho finito i colloqui con i genitori in tardo pomeriggio e sono volato verso il club! Eh eh…».
Ci puoi parlare più dettagliatamente del progetto In Utero che ha attirato l’attenzione di pubblico e critica?
“L’istallazione sonora In Utero, creata con i ragazzi di Associazione Fedora che hanno da sempre la missione di fare cultura accessibile anche per le persone non vedenti e non udenti, si è svolta a Milano, alla fine dello scorso anno, registrando il sold out nella partecipazione. Il successo chiaramente non sta tanto e solo nei numeri, quanto nella capacità di avere intrapreso un percorso fatto di volti e di suoni in un’esperienza che, secondo l’opinione di molti partecipanti, si è offerta come qualcosa di inedito. Ciò che è al centro di questo lavoro è la libera esplorazione del luogo sonoro comune ad ogni essere umano vivente, la reale culla della vita: il grembo materno. Un’esplorazione dal di fuori al di dentro ed ancora verso l’esterno, in una tripartizione che darà al ri-nascente, la possibilità di abitare il campo sonoro primigenio. La pedana sensoriale si pone come mezzo privilegiato, come trasduttore di esperienze sonore e tattili, proiettando la fruibilità dell’istallazione in una dimensione interattiva anche verso quei percorsi, talvolta drammatici, della disabilità visiva ed uditiva, con la speranza di trovare in momenti come questo dei con-corsi e non solamente dei per-corsi. Ciò che all’interno dell’istallazione si può sentire, il cibo sonoro, è un soundscapematerno, fatto di cuore e di viscere, di acqua e di carne, che vuole donare un momento immersivo nel quale ricontattare le primissime memorie sonore e condurre il fruitore alla ricerca delle ragioni d’essere della propria sonorità e musicalità come abitante ed eterno scopritore di quel mondo esterno, dopo che è stato abitante del mondo interno. Stiamo lavorando affinché questa esperienza possa ripetersi in molti luoghi diversi ed in tutta Italia».