«Dio, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare»
Il destino di alcuni scrittori è spesso singolare. È il caso dell’americana Lucia Berlin che ha visto riconosciuta la sua grandezza di scrittrice da critici e pubblico dopo la sua morte. È stata paragonata alla canadese Alice Ann Munro, premio Nobel per la letteratura 2013. In effetti la sua predilezione per i racconti brevi la accomuna ma i personaggi di varia umanità che affollano i suoi scritti pungenti, ironici e spesso autobiografici mostrano uno spaccato della provincia americana anni ’60 – ’80 difficile da dimenticare. Una cronaca spietata ed affascinante del miracolo americano che non si è mai realizzato per coloro che sono ai margini della società, raccontata quasi con rigore storico e per il lettore contemporaneo fonte di curiosità e di riflessione.
Classe 1936, nata a Juneau in Alaska e morta nel 2004 a Marina del Rey, in California, Lucia Berlin ha avuto una vita travagliata come pochi. Trascorre la sua adolescenza da nomade al seguito del padre, ingegnere minerario, in Cile e in Messico. Tre matrimoni falliti e quattro figli da allevare con problemi di salute a causa di una scoliosi che le provoca forti dolori ai quali rimedia con l’alcool. Ma Lucia non smette mai di scrivere anche quando fa i mestieri più umili e faticosi per sostenere la famiglia quali la centralinista e la donna delle pulizie. Riesce alla fine degli anni ’90 ad insegnare presso l’Univerity of Colorado e a far leggere i suoi scritti a Lydia Davis (curatrice della pubblicazione postuma dei suoi romanzi in America) e Saoul Bellow, ricevendone consigli ed apprezzamenti.
Due sono i suoi romanzi, tradotti in Italia e pubblicati da Bollati Boringhieri, a cura di Stephen Emerson: La donna che scriveva racconti e Sera in paradiso tradotti rispettivamente da Federica Aceto e Manuela Faimali.
Il titolo originale del primo è A Manual for Cleaning Women ovvero Manuale per donne delle pulizie ed è composto da 43 racconti. La qualità della scrittura è alta e le storie, anche quelle di poche pagine, sono ben strutturate ed affascinano perché parlano di noi, della nostra vita, delle nostre esperienze con grazie e sensibilità perché Lucia Berlin cerca poesia nel dolore, riscatto nella memoria, lucidità nelle azioni, nostalgia nei ricordi. I suoi personaggi rappresentano il meglio ed il peggio del vivere americano e ci si affeziona subito ad essi perché ne avvertiamo i pensieri struggenti e la volontà di un cambiamento che non potrà mai realizzarsi. Come non restare colpiti dall’indiano alcolizzato della lavanderia a gettoni di Angel, come non condividere le ansie e le paure di una ragazza fotografata in clinica che pratica aborti clandestini, come non rimanere affascinati dalle immersioni subacquee di Eloise Gore e la sua voglia di cambiare, come non commuoversi al destino di Jesus? E ancora la vita in un collegio e quella in un ospedale? Le storie raccontate con un linguaggio di strada sono dure e parlano di solitudini e di fallimenti, di incontri mancati e di possibilità di riscatto interrotte sul nascere.
Lucia Berlin non pone alcun filtro tra sé ed i suoi personaggi, tra la sua storia e quelle che necessitano di essere raccontate.
La donna che scriveva racconti non è un libro di facile lettura. Va centellinato come un buon vino d’annata, a piccoli sorsi, riconoscendone il vitigno ed assaporandone il retro gusto.
Leggiamo una storia ma essa subito termina, si completa, si esaurisce e la curiosità del lettore si fa più forte, impellente e lo incita a leggere altre pagine ritrovando poi le stesse caratteristiche dei personaggi appena lasciati nei protagonisti di altre vicende. Alla fine ci rendiamo conto che ogni racconto è la tessera di un mosaico amaro di varia umanità dove l’unica protagonista è la stessa scrittrice con le sue debolezze, le sue fragilità, il suo percorso di vita accidentato. Le foto che la ritraggono le restituiscono bellezza. La vediamo pensierosa ma sorridente con occhi grandi azzurro cielo e capelli corti e chiari, mossi dal vento. Una vita difficile ma ricca di colpi di scena quanti sono i personaggi dei suoi racconti, unici perché unica è la loro voce: la voce di Lucia Berlin.