La Scat Gatt Orchestra pubblica una suite di circa nove minuti dal titolo Napoli Sotterranea, un brano edito nel 2014 su etichetta Apogeo Records che viene riproposto come reazione viscerale del popolo napoletano alla pandemia che stiamo vivendo. Il video, girato presso l’Elios Recording Studio di Castellammare di Stabia e prodotto da APS EB STUDIO, è a cura di Ludovica Bastianini per la regia di Sasà Giglio. Ricordiamo che il loro primo album dal titolo Rari Nantes contiene 16 tracce ed ha per argomento le migrazioni dei popoli nel rispetto delle antiche leggi dell’ospitalità. Vi proponiamo un’intervista corale come è nello spirito musicale e culturale di questa prestigiosa formazione.
Quando e come è nata la Scat Gatt Orchestra e per quali motivi accoglie musicisti di varia provenienza musicale e culturale?
Daniele La Torre: «Scat Gatt Orchestra è nata 10 anni fa con l’intenzione di sviluppare un progetto ampio e auto-sostenibile. Si è poi arricchito grazie alla partecipazione di numerosi musicisti e gradualmente ha definito una sua forma “solida” partendo da repertori di “intrattenimento” e poi virando verso scelte più “complesse” che riguardassero il mondo della world music così come quello dell’attualità e del contesto socio – culturale in cui ci troviamo calati. Intendo come epoca e non come collocazione geografica».
L’album Rari Nantes , pubblicato lo scorso febbraio e disponibile sulle piattaforme digitali ha per tema dominante le migrazioni dei popoli e la necessità di un loro approdo sicuro nel rispetto delle antiche leggi dell’ospitalità. Perché avete sentito il bisogno di parlarne in un disco contenente ben 16 tracce?
Daniele La Torre: «L’idea è andata delineandosi lentamente, così come la stessa formazione che lo ha registrato. A un certo punto ho avuto la sensazione che tutti questi linguaggi etnici e non, ma soprattutto le suite composite fra Klezmer e musica classica, musica Napoletana tango ecc non fossero esecuzioni o composizioni fini a se stesse. Ho avuto la sensazione che avessero tutte un filo rosso che viaggiava sotto pelle. Questo filo rosso ci parlava sottovoce [poi a gran voce medatica] delle migrazioni dei popoli, delle guerre e fondamentalmente di un’umanità che ripercorre cicli di distruzione e conflittualità. L’idea è subito rimbalzata sull’aspetto filosofico, per cui citiamo Spengler o Vico, ma soprattutto poi, questo rimbalzo ha trovato un tramite, che è il viaggio, inteso nel senso classico. E quale viaggio, classico, più dell’Odissea, si presta a una narrazione che però, nel nostro caso vuole essere una distopia, una frammentazione, appunto un’allucinazione dello stesso approdo e deriva».
Quali sono gli altri temi che vengono sviluppati nell’album?
Daniele La Torre: «Credo che ci siano tanti temi che snocciolati rischiano di essere un po’ retorici, parlando già di viaggio, accoglienza, approdo, migrazioni ecc. Uscendo da questo campo semantico credo che un tema sia rilevante fra i sottotemi ed è quello della eterogeneità. Parla di qualcosa che è alla ricerca di una forma definitiva, ma non lo sarà mai, si muove in modo multiforme, in totale assenza di coerenza artistica o di genere, fluttuante. Credo sia questo:la ricerca di una forma, di un’identità».
Secondo la Scat Gatt Orchestra quale è il momento più critico nei viaggi dei migranti: la partenza, il percorso o la destinazione? E l’Italia può essere ancora un Paese accogliente?
Fernando Marozzi: «Credo che siamo oramai abituati a pensare che il momento più critico del viaggio dei migranti sia per forza identificato con una delle fasi citate. Personalmente, molti dei migranti moderni credo abbiano almeno parziale coscienza di cosa ci si può aspettare durante il viaggio, incidenti inclusi. E questo non sminuisce affatto la tematica, ma piuttosto ci riporta al suo cruciale incipit – purtroppo quello secondo me più critico –alias il raggiungimento della consapevolezza che il luogo natio non può offrire, vuoi per una ragione o un altra, la pace e la realizzazione di sé sperata: È a quel punto che avviene la cosa peggiore, la sconfitta più grande: muore l’ideale di società, fallisce l’insieme e ognuno torna al suo più “primitivo” istinto: la semplice sopravvivenza del Sé. Non so bene rispondere alla domanda sull’Italia, perché non riesco a darne un volto preciso. L’Italia è un paese composto da una moltitudine di individui, ed anche esprimerne un pensiero più o meno dominante non rappresenta la sua totalità. So che ogni popolo del mondo dovrebbe esprimere fratellanza e solidarietà, una fratellanza che prima di tutto ed aldilà dei colori delle bandiere e della pelle, è rappresentata dalla genetica. Siamo e saremo per sempre una cosa sola, noi tutti abitanti del Mondo. Credo che una umanità disunita sia una umanità che è destinata a perdersi, per sempre».
Per quali motivi avete riproposto un brano del 2014 intitolato Napoli Sotterranea ?
Alessio Castaldi: «Il brano Napoli Sotterranea è un brano che fa parte del disco “Swunk Infusion” degli Swunk. Quando Saverio Giugliano – il compositore e l’arrangiatore del brano – ci fece ascoltare il suo arrangiamento adattato all’orchestra ce ne siamo innamorati …. era incredibilmente bello ed eravamo tutti entusiasti di suonarlo».
Daniele De Santo: «Essere nella “Napoli sotterranea” vuol dire essere nel cuore di Napoli, nella vera Napoli sommersa ma che vive e che non è stata mai dimenticata. Oggi la nostra categoria in un certo qual modo è sommersa, dalle brevi scadenze e dalle brevi durate di successo…da un lato spinta dai media perché motori di pubblicità alla portata di tutti, dall’altro sommersi da una miriade di informazioni, bombardati di immagine dove “la tua”è susseguita a velocità di byte da altre 100. Noi non dimentichiamo mai la nostra origine, dal profondo del cuore proprio come la Napoli da vivere. Noi ci sentiamo in una “Napoli sotterranea” e pulsiamo e ad ogni modo saliamo in superficie».
Quali sono i musicisti con i quali avete collaborato per realizzare tale brano?
Daniele La Torre: «Il disco è stato appunto un percorso nel quale sono confluiti musicisti di vario genere e derivazione, non poteva essere altrimenti la realizzazione di un nuovo brano che innanzitutto include il gruppo Swunk, poi abbiamo avuto il grande piacere e onore di collaborare con il M° Lino Cannavacciuolo, che è stato disponibilissimo e entusiasta e ha dato un colore unico alla parte dedicatagli; Non in ultimo Giustina Gambardella, vitalissima interprete della musica tradizionale campana e percussionista poliedrica, che ci ha infuso appunto molta vitalità».
Sappiamo che si tratta di una suite di circa 9 minuti. Ne ricostruite la genesi?
Saverio Giugliano: «Napoli sotterranea è passato e presente, è i vicoli dimenticati con la quiete barocca ed è i quartieri spagnoli nel fermento delle processioni. Napoli sotterranea è la Napoli che emerge e si costruisce da sola, nascosta negli angoli pieni di storia, pieni di vita. Napoli sotterranea è la Napoli piena di contraddizioni, non solo tetra, non solo festosa, ma una città che vive della combinazione di questi ed altri infiniti concetti, in cui nessuno sintetizza l’altro, ma lo rafforza, in un caos di poesia e volgarità che fa sì che Napoli sia, nella sua unicità, semplicemente Napoli. Credo si possa sintetizzare in questo».
Che rapporto c’è tra l’album Rari Nantes e Napoli Sotterranea?
Daniele La Torre: «Senza dubbio un rapporto di continuità dal punto di vista della ricerca di una forma “musicale” che possa essere rappresentativa di un’orchestra che vive delle peculiarità e delle sensibilità di ognuno, a prescindere dalla “partitura” o dalle indicazioni “stilemiche”».
Il video di Napoli Sotterranea è stato girato con la collaborazione di Ludovica Bastianini e Sasà Giglio e girato presso Elios Recording di Castellammare di Stabia. Volete parlarne in modo più dettagliato?
Daniele La Torre: «Scat Gatt Orchestra collabora da anni con svariate professionalità, creando un organico ben più ampio di quello che è “l’esecutivo”. Simona Giglio che cura le proiezioni dal vivo durante i concerti, Pilar Penalosa che ha curato la grafica del disco, vari interpreti hanno collaborato ai live quanto al disco, come Clara Bocchino, Noemi Perfetto, Ilaria Cecere, Dalal Suleiman ed Emiliano Carillo per la realizzazione in questi anni di altri progetti video. Con Elios Recording e Carlo Gentiletti ci lega un rapporto di reciproca stima e affetto, rappresentano per noi un punto di riferimento. La realizzazione del video Napoli sotterranea è stata affidata a Ludovica Bastianini con la quale non avevamo prima collaborato e verso la quale nutriamo grande stima professionale, avevamo voglia di fare qualcosa insieme. Con Sasà Giglio è sempre un piacere collaborare, disponibilissimo nel fornire tutto quello che ha e poter dare il massimo a questa realtà, verso la quale nutre principalmente un sentito e profondo affetto».
Il 28 febbario la Scat Gatt Orchestra si è esibita presso il “cantiere delle arti viaggianti” MACADAM di San Guiorgio a Cremano. Come è stata l’accoglienza del pubblico?
Salvatore Torregrossa: «Il 28 è stato il mio compleanno! (ed anche quello di Alessio Castaldi). Sono il più “vintage” di questo gruppo di musicisti di cui sentiremo parlare sicuramente. Il Macadam è un posto magico. Uno spazio davvero adatto alla nostra musica. Il pubblico ha risposto bene sul piano della presenza, ma ancora meglio sul piano della partecipazione. La musica è arrivata col suo carico emotivo e “semantico”. E quindi anche noi musici abbiamo ricevuto una bell’emozione. Il live serve a questo. A raccontare, a dare spazi di riflessione ed emozione, a fare entrare il pubblico nelle stanze sonore tanto accuratamente create e rifinite per loro. E la cosa bella è che ognuno, che accetta la proposta di quel viaggio sonoro, riceve esattamente ciò di cui ha bisogno. Per cui i musici suonano e il pubblico ascolta e in questo modo tutti si arricchiscono!».
Cosa vorreste dire ai fan in un momento così difficile e critico per l’Italia?
Daniele La Torre: «Parlare di “fan” già è rincuorante dato che oggi non si può parlare di “pubblico”, nel vero senso della parola, vuoi per tutto ciò che stiamo attraversando, vuoi per la difficoltà che da qualche anno vive la musica di “nicchia (come siamo stati spesso catalogati) e creare un vero e proprio pubblico di fruizione, se non quello virtuale (che comunque si divide tra organico e numeri nell’etere). Diciamo che i nostri fan saranno sicuramente dei temerari. Ci sentiamo di dire che nelle situazioni difficili nasce sempre dell’ottima musica, la storia insegna e quindi dovrebbero supportarci ed ascoltarci ancora più attentamente di prima, tra un drink e una sigaretta durante un concerto. Ascoltarci con il cuore perché affrontare difficoltà e tirare fuori contemporaneamente “il bello e avere un sorriso che scolpisca un’emozione, non è mai facile…e non è necessario per tutti. I musicisti provano a fare questo tutti i giorni della loro vita».
Fernando Marozzi: «Mi piacerebbe comunicare a tutte le persone che si identificano nella nostra musica che c’è bisogno di un cambiamento, un cambiamento che necessita di impegno da parte di tutti. Personalmente quando ascolto musica e quando la scrivo soprattutto, non posso fare a meno di immaginare dipinti, dei veri e propri portraits immaginari che rappresentano paesaggi e dimensioni fantastiche ma mai troppo lontane dalla realtà, che donano colori e vita alla musica che li accompagna. E a pensarci bene noi siamo circondati dal bello, da queste cose meravigliose e la Terra ce ne ha offerte fin dal principio. Il mio invito è volto ad espandere questa visione. La nostra musica è fortemente legati ad immagini e concetti paesaggistici astratti o reali. Prendiamo più consapevolezza dalle meraviglie attorno a noi, coltiviamole e dimostriamo di essere i Guardiani della vita, non meri passeggeri di una nave con un tempo limitato in cui fare ciò che ci pare e piace».
Quali altri progetti per un prossimo futuro?
Daniele La Torre: Progetti futuri? Sicuramente cercheremo di sopravvivere a questo “naufragio” da noi, ironicamente, profetizzato. Cercheremo di capire come poter procedere in una realtà così complessa non perdendo di vista il “Mostro” che oggi si prospetta dinnanzi: l’incertezza per il futuro. Mai come oggi la nostra figura professionale ed artistica è esposta ad un grande rischio. Credo che sarà prioritario creare una base solida sulla quale poggiare il “fare” e la “creatività”. Quindi direi senza dubbi: un nuovo approdo ed una nuova forma che sia la metamorfosi della precedente e che tendi ad adattare temi, gusti, possibilità».