Il cantautore Roberto Sarno torna con un nuovo album dal titolo “Prova Zero”, un disco che raccoglie i brani più intensi degli ultimi dieci anni. Il chitarrista toscano ha ri-arrangiato dieci pezzi con un stile originale, utilizzando soltanto chitarre, sax e campionamenti digitali. “Prova Zero” ideato e prodotto assieme a Marco Mafucci contiene, inoltre, la cover Abbiamo vinto un’altra guerra di Motta.
Nel disco dal titolo “Prova Zero” hai inserito i brani più rappresentativi del tuo percorso artistico con una diversa veste. Stai percorrendo una nuova fase artistica?
«Mi piace ritenere di potermi evolvere continuamente, mi sento svincolato da qualsiasi dinamica di mercato o da scelte di tipo opportunistico. Mi sento aperto a scenari stilistici illimitati, almeno virtualmente, il confine mi separa solo dalle risorse che non ho. È una continua ricerca, nuotare nel mare di possibilità sonore mi affascina. Il paradosso è che più mi allontano e più mi sento a mio agio».
Il tempo che brucia sull’asfalto e Come per sempre sono due intense canzoni d’autore che descrivono dolori implacabili e sofferenze difficile da lenire. Quanto c’è di Roberto in questi due brani?
«Spesso le canzoni che scrivo partono da esperienze personali, talvolta evolvono in immaginazione, altre rimangono lì a ricordare a me stesso certe circostanze vissute. Le persone arricchiscono lo spirito, l’interazione con gli altri consente di allargare le proprie vedute, si possono consolidare le proprie idee o metterle completamente in discussione. Molte volte i momenti di sofferenza sono quelli che scavano più nel profondo e provocano cambiamenti radicali nella persona. Nel caso delle due canzoni che hai citato ho cercato di fissare due situazioni come queste».
Bubú canta la spensieratezza e i sogni dei giovani. È nei figli che si ritrovano le proprie speranze?
«Ripongo molte aspettative nei giovani, mi piace pensare che le nuove generazioni possano avere in generale un senso critico robusto e oggettivo. Il mondo contemporaneo, Covid-19 a parte, offre moltissime possibilità di interazione e di confronto, ovvero l’opportunità di conoscere e di sapere, di costruire un buon ambiente. Mi auguro che i miei figli possano contribuire in senso positivo».
Nel corso della tua carriera hai collaborato con varie band. Quanto hanno influito queste collaborazioni nella tua formazione musicale?
◄4Ogni esperienza aggiunge sempre qualcosa e ogni volta mi sono divertito. Ho conosciuto vari caratteri musicali e ne ho assimilato i loro contenuti, sia per la tecnica che per la creatività. Tuttavia credo che avrei dovuto concentrarmi maggiormente da prima sulla ricerca della scrittura e della composizione. Purtroppo ritengo di avere sviluppato troppo lentamente uno stile autorale personale».
Nel 2014 sei stato impegnato nella registrazione e produzione del disco “Quaderni” dei Metrodora, la band in cui suona tuo figlio Mattia. Com’è stata questa esperienza?
«È stata un’esperienza straordinaria per diverse ragioni, ma principalmente per l’avvicinamento e la condivisione di un percorso con una generazione successiva alla mia. Al disco hanno collaborato molti ragazzi che via via lo arricchivano col il loro contributo e io mi sentivo immerso.Credo di avere impattato molto sulla realizzazione di quel disco, pur mantenendo lo spirito di origine. In definitiva credo che sia una delle migliori cose alle quali ho collaborato».