Anela alla pace e alla fratellanza il disco d’esordio del cantautore toscano Ivan Francesco Ballerini intitolato “Cavallo Pazzo”. Pubblicato e distribuito da Radici Music Records di Aldo Coppola Neri, il concept album racchiude 10 brani inediti e ricorda l’eccidio dei nativi d’America. “Cavallo Pazzo” fa cavalcare l’ascoltatore attraverso estese praterie e ripercorre la storia della tribù degli Oglala Lakota e del guerriero Cavallo Pazzo, che combatté per difendere le sue terre e proteggere la sua tribù dall’uomo bianco. Il disco, anticipato dal video di lancio del singolo “Gufo Grazioso” diretto da Nedo Baglioni, invita inoltre ad osservare la nostra società incivile governata da uomini di potere ormai privi di scrupoli. A tal proposito abbiamo chiacchierato con Ivan Francesco Ballerini.
Il concept album intitolato “Cavallo Pazzo” narra le vicende della tribù degli Oglala Lakota e del guerriero Cavallo Pazzo. Il disco parla di fratellanza, di libertà, di pace e ricorda le atrocità commesse nei confronti dei nativi americani. Quelle azioni deplorevoli che ancora oggi gli uomini di potere continuano a perpetrare. Quando hai sentito l’esigenza di raccontare questa storia?
«Domanda bellissima. Ho sentito l’esigenza di trattare questo argomento appena conclusa di scrivere la canzone “Cavallo pazzo”, che poi ho deciso fosse quella che avrebbe dato il titolo all’intero album. Poi mi è sembrata una buona idea quella di associare i fatti storici che hanno riguardato lo sterminio dei nativi Americani, perché è di uno sterminio voluto a tavolino, che si tratta, ho voluto associare questa triste pagina con gli accadimenti attuali e i flussi migratori di disgraziati che quotidianamente muoiono in mare cercando una vita lontana dai loro paesi d’origine».
Il brano Cavallo Pazzo che dà il titolo al disco descrive il guerriero Cavallo Pazzo che combatté per difendere la sua tribù. Hai enfatizzato tra l’altro il valore dell’amicizia.
Preghiera Navajo è un canto sacro che celebra l’amore per la famiglia, per la natura circostante ed evidenzia il legame indissolubile con la propria terra. Cosa ti affascina del loro culto?
Gufo Grazioso, ricorda la storia d’amore tra Nuvola Rossa e sua moglie Gufo Grazioso. Attraverso la tua immaginazione hai ricostruito il loro primo incontro. Com’è nata l’ispirazione?
Il canto di una figlia è dedicato a tua figlia Eleonora. Quali emozioni hai avvertito mentre la scrivevi?
«Un brano struggente che inizia con un coro impercettibile. Avrei tanto desiderato che a cantarlo fosse Eleonora ma…. non sono riuscito a convincerla… ahahahah, speriamo in una prossima volta. Il brano narra di un indiano che mentre parte per andare a caccia, ode la voce di sua figlia, solo ieri bambina ma oggi donna, cantare. Sua figlia diventata donna in un batter di ciglia, perché il tempo, scandito dal passaggio delle stagioni vola. Parte come canzone molto malinconica, ma sul finale Alberto si è letteralmente scatenato trasformando un brano melodico in un brano rock… bravissimo e bestiale in ogni sua intuizione».
Sei stato ammaliato dalla musica sin da bambino. Cosa ti resta di quegli anni?
Stai per realizzare un nuovo disco di inediti. Puoi darci qualche anticipazione sulle tematiche affrontate?