È ormai un’attrice affermata la giovane Martina Galletta impegnata da circa tredici anni tra teatro, cinema e televisione. Di recente l’abbiamo apprezzata per essersi calata in maniera brillante nei panni di Giulietta Masina nel film “Permette? Alberto Sordi” su Rai1. Presto la vedremo nel ruolo di Ursula in una serie televisiva che andrà in onda su Sky.
Hai interpretato magistralmente il ruolo di Giulietta Masina nel film “Permette? Alberto Sordi”. Una grande occasione per te!
«Sì, assolutamente. È stata una grande opportunità ed un onore perché la Masina fino ad ora non era stata interpretata da nessun attrice. Ho sentito molto il peso di questa responsabilità, però sono stata guidata da un regista eccezionale come Luca Manfredi».
Cosa ti affascina dell’indimenticabile Giulietta Masina?
«Quel dualismo tra la felicità, la sua mimica quasi da clown e la sua recitazione, caratterizzata da un portato emotivo- tragico incredibile. Lei riusciva ad essere da un lato un personaggio quasi fatato e dall’altro era dotata di concretezza e passionalità, doti che venivano fuori nei suoi personaggi».
Come ti sei preparata per calarti in questo ruolo?
«Ho rivisto tutti i suoi film, che avevo visto già in passato e le sue interviste, ho ascoltato “Le avventure di Cico e Pallina” il programma radiofonico che le ha permesso di conoscere Federico Fellini. E poiché volevamo raccontare la Giulietta ragazza, personalmente ho studiato il modo in cui si muoveva, in cui parlava e rideva. La Masina era una donna colta, dotata di una pacatezza ed un’eleganza nell’esprimersi, al contrario dei suoi personaggi, come Gelsomina, ad esempio, una donna molto povera. Il giorno del provino mi sono presentata con un abito stile anni ’50, con le ballerine, con la parrucca bionda e con la sigaretta in bocca, dato che la Masina era una grande fumatrice. Penso sia stata notata la mia passione e il desiderio di voler interpretare questo personaggio».
Nel corso dell’ultima tournée teatrale hai portato in scena lo spettacolo “Lezione da Sarah”. È stata un’esperienza impegnativa?
«“Lezione da Sarah” è uno spettacolo che racconta una transizione, il passaggio di Marie, una ragazza che non sa niente di teatro, con il desiderio di diventare un’attrice e che passa attraverso gli insegnamenti di Sarah Bernhardt, interpretata da Galatea Ranzi. Così, dall’essere una neofita, ignorante di teatro, diventa un’ottima attrice professionista. Questo viene raccontato in tre quadri, e il dover calibrare la goffaggine iniziale di Marie – che man mano imparava a recitare, attraverso gli insegnamenti crudi di Sara Bernhardt – penso sia stata la cosa più difficile. Si trattava di interpretare una persona che non sapeva recitare, qualcosa di metateatrale, ed abbastanza complesso. È stato entusiasmante, perché la metateatralitá si fondeva con la realtà, quindi, le indicazioni che mi dava il regista Ferdinando Ceriani sembravano quelle della Bernhardt, e personalmente anch’io ho contribuito con qualcosa di mio. Lo spettacolo cambiava da sera a sera a seconda del pubblico».
Il tuo percorso artistico è iniziato a teatro.
«Sì, mi sono diplomata nel 2008 alla Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi e nei successivi tredici anni ho lavorato nelle produzioni del Piccolo Teatro, del Teatro dell’Elfo con il regista Alessandro Genovesi e del Teatro Bellini di Napoli. Per quanto riguarda l’aspetto televisivo e cinematografico, ho preso parte a diverse serie per la Lux Vide e per la Rai. Di recente ho partecipato al nuovo film di Genovesi e nei prossimi mesi interpreterò il personaggio di Ursula in una serie televisiva in costume d’epoca, con un cast internazionale, che andrà in onda su Sky. Non posso ovviamente anticiparvi nient’altro».
Nel film “I baci mai dati” per la regia di Roberta Torre hai recitato al fianco di Donatella Finocchiaro.
«Il film è stato presentato alla 67ª edizione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, lì ho vissuto emozioni incredibili, come la sfilata sul red carpet. Devo alla regista Roberta Torre, il mio inizio al Teatro Bellini, quando mi scelse per lo spettacolo teatrale “La Ciociara” al fianco di Donatella. E a la Torre devo il mio debutto cinematografico».
Sei stata impegnata in una lodevole iniziativa con i padri Somaschi, in aiuto delle donne sfruttate e costrette alla prostituzione, attraverso due spettacoli teatrali “Strada Provinciale 40” e La Prostituzione raccontata al mio Omeopata”. Ci parli di questo progetto?
«Si tratta di un progetto che ho portato avanti per diversi anni, di cui andiamo molto fieri, soprattutto per il grande valore umano che aveva per noi. Lo abbiamo portato in giro, con i padri Somaschi e altre mie colleghe, che sono diventate amiche del cuore. Il nostro impegno consisteva nel portare conforto materiale e umano alle ragazze di strada, ascoltando le loro testimonianze. Abbiamo cercato di mettere in scena, i loro silenzi e le loro bugie, dette per poter tirare avanti, perché costrette e minacciate. Abbiamo scoperto il mondo inquietante dei riti voodoo, che riguarda le ragazze di strada nigeriane. Siamo entrati in questo mondo terribile a fatica ed è stata dura ma al tempo stesso importante per noi poter portare le voci, di chi la voce non ce l’ha più da tanto tempo».