Ispirato dalle parole della figlia Charlotte, il cantautore Simone Tomassini ha realizzato il brano “Quando tutto finirà”, scritto di getto insieme all’autore Fernando Coratelli, cantato in casa e arrangiato, sempre a distanza, da Alessandro Cirone, musicista e discografico di Cello Label. La canzone che in poche ore ha superato le 150 mila visualizzazioni sulla Pagina Facebook dell’artista è un inno di speranza, un brano attraverso cui Simone ha voluto in qualche modo dare il suo contributo in questo periodo, mantenendo alto il morale delle persone che gli sono accanto e per dar voce all’altalena di emozioni contrastanti che in questo momento uniscono tutti.
È uscito “Quando tutto finirà”, brano ispirato dalle parole che tua figlia Charlotte ti ha rivolto durante questi giorni di quarantena. Un brano molto significativo per te?
«Molto significativo. Tornavo dal mio primo tour in Argentina di tredici date, però purtroppo alla sesta data hanno bloccato tutto e siamo dovuti rientrare velocemente in Italia. La sera stessa quando sono rientrato a casa, ho abbracciato mia figlia e lei mi ha detto: “quando tutto finirà mi porti col camper al mare?”. In quel momento le ho risposto di sì e alle tre di notte, come la peperonata ho ripensato alle sue parole, mi sono messo al pianoforte, ho svegliato il mio amico Fernando Coratelli, e gli ho parlato della canzone. Quando gli ho chiesto come continuare la frase “Quando tutto finirà torneremo a far l’amore…” lui mi ha risposto “Ambarabà ciccì coccò tre civette sul comò”. Così abbiamo iniziato a scriverla, alle cinque del mattino era pronta, alle sette ho svegliato il mondo, tutti quelli della discografia, dicendo che dovevamo uscire con questo brano. Questo perché il 31 marzo sarebbe dovuto uscire un altro brano, che sarà posticipato».
Il videoclip del brano pubblicato su Facebook ha superato oltre le 150 mila visualizzazioni. Il brano è veramente molto apprezzato, non solo dal pubblico ma anche da alcuni dei tuoi colleghi. Come stai vivendo tutto questo?
«La cosa che mi ha entusiasmato tanto, a parte il risultato che sta avendo sui social, è appunto sapere di tutti gli artisti che l’hanno rifatta, da Paolo Meneguzzi a Charlotte Ferradini a Iskra, la corista storica di Lucio Dalla. La stanno rifacendo tantissimi artisti e questo è per me di buon auspicio, nel senso che non ho chiesto niente a nessuno ed è nato tutto in modo molto naturale e questa cosa premia il lavoro di un artista».
Ti aspettavi tutto questo riscontro sui social?
«È un risultato davvero inaspettato. Non sono molto social, preferisco di più il contato umano,quello fisico, sui social ho sempre pubblicizzato le date, però non sono mai stato molto attivo come molti altri colleghi».
Tutto questo a dimostrazione di quanto la musica unisce e coinvolge un po’ tutti noi?
«La distanza a volte aiuta. In questi giorni che stiamo tutti chiusi in casa ho pensato a quando anni fa ho partecipato al reality Music Farm, in cui sono stato chiuso con altri artisti per novanta giorni. E rivolgendomi agli amici, parenti, ai fan – in maniera scherzosa – gli dico che solo ora possono capire cosa si prova a stare chiusi, anche se a differenza del reality, ognuno oggi è chiuso in casa con la propria famiglia, con le persone che ama, quindi è molto più facile da sopportare».
È uscita anche la versione spagnola del brano “Cuando Todo Se Termine” tradotta da Paolo Meneguzzi.
«Con Paolo siamo molto amici, oltre ad essere colleghi. Da cinque anni dirigiamo la Pop Music School a Mendrisio, una scuola di canto, ballo e recitazione, con la quale abbiamo realizzato diversi musical e stavamo in procinto di realizzare anche un film. L’altra sera Paolo mi ha contattato e mi ha fatto ascoltare “Quando tutto finirà”, chiedendomi se mi piaceva la versione riadattata in spagnolo. Ho sentito questa magia che ha cantato in spagnolo e così abbiamo decisa di cantarla insieme, ovviamente lui a casa ed io a casa mia. Il brano è uscito in Italia e in tutto il mercato sudamericano».
Quando tutto finirà riprenderai anche il tuo tour in Argentina?
«Quello in Argentina è stato rinviato all’anno prossimo perché l’idea è quello di rifarlo nello stesso periodo di quest’anno, un periodo caldo. Sono contentissimo perché le sei date che abbiamo fatto sold-out, sono andate benissimo, ho fatto tante televisioni, tante radio, tante interviste, però mi è rimasto un po’ l’amaro perché il giorno dopo sarei andato nella capitale. Avrei fatto questo concerto a Buenos Aires, e ci tenevo tantissimo perché mi aspettavano veramente in tanti, inoltre in programma c’erano anche degli incontri che avrei dovuto tenere nelle scuole e nelle università italo-argentine».
C’era in programma anche un tour in Italia?
«Sì. Il problema di questa situazione che stiamo vivendo è che ha bloccato tutto, quindi non sappiamo quando ritorneremo alla normalità, forse a luglio, ma non possiamo saperlo. Avevamo già diverse date ad aprile, maggio, giugno e luglio, come tutti miei colleghi. Al momento non saprei cosa dire, speriamo bene».
Nel 2016 è uscito il tuo ultimo album “Felice”, a quando un nuovo disco?
«Sto progettando un nuovo album, lavorando a degli inediti. Diciamo che “Quando tutto finirà” ha un po’ spaccato tutto perché è arrivato così improvvisamente e sono contento che tutti ci hanno creduto dalla mia casa discografica al mio ufficio stampa a chi mi segue personalmente. Non c’è stato uno che era titubante a questa cosa».
Il disegno che vediamo sulla cover del singolo è stato disegnato da tua figlia?
«Sì è lei che l’ha disegnata e ci tiene in particolar modo affinché io dica che in quel disegno ci siamo io e lei, ma quelle due persone potrebbero essere anche due fidanzati, due amici, e la cosa importante è che non si sfiorano le mani, nel senso che loro non si toccano perché c’è il Covid19. E poi ha disegnato il sole che tornerà a splendere un po’ per tutti e i due girasoli che rappresentano sempre la speranza. In realtà lei ne aveva fatti due di disegni, l’altro era il classico arcobaleno che hanno disegnato tutti i bambini, però lei ha deciso per questo».
Nel 2011 è uscito il tuo primo libro dal titolo “Confessioni… di un pazzo” edito da Rupe Mutevole. In questo periodo hai avuto l’ispirazione per scrivere anche un altro libro?
«Mi piacerebbe ed è una cosa a cui sto pensando in questi giorni . Mi piacerebbe scrivere una serie di storie brevi, perché “Confessioni… di un pazzo” è andato molto bene, al di là delle mie aspettative e continua ad essere richiesto online. Un libro nato da un mio viaggio a New York, dove ho passato diverso tempo. Racconta di un personaggio, che io chiamo il barbone pulito, che andava a cantare e suonare per strada con la sua chitarra. Ed è un’esperienza che ho vissuto in prima persona. Perché lì viene considerato un vero e proprio lavoro. Chi fa musica per strada possiede una card, che viene rilasciata a seguito di alcune selezioni, in cui si decide chi può esibirsi per strada e chi invece non può. Una cosa che potrebbe essere usata anche in Italia».