Il 9, 10 e 11 marzo “Ultras” (Originale Netflix in associazione con Mediaset) di Francesco Lettieri sarà distribuito da Indigofilm solo in alcune sale cinematografiche. Nel cast: Aniello Arena, Ciro Nacca, Simone Borrelli, Daniele Vicorito, Salvatore Pelliccia e Antonia Truppo.
Il film, ambientato a Napoli, vede al centro della storia Sandro (Aniello Arena), che a quasi cinquant’anni è ancora il capo degli Apache, il gruppo di ultras con cui ha passato tutta la vita allo stadio: una vita di violenza, scontri, passioni e valori incrollabili. Ma ora che un Daspo gli impedisce di avvicinarsi alla curva, quei valori iniziano a vacillare. Sandro sente per la prima volta il bisogno di vivere una vita normale e di costruire una famiglia. A tal proposito incontra Terry (Antonia Truppo).
Angelo (Ciro Nacca) ha sedici anni e considera gli Apache la sua famiglia, Sandro la sua guida, la persona che ha preso il posto di suo fratello Sasà, morto anni prima durante gli scontri di una trasferta. ULTRAS è la storia della loro amicizia, di una fede e di un amore scanditi dalle ultime settimane di un campionato di calcio e dell’inevitabile incontro di entrambi con il proprio destino.
Com’è nato Ultras?
«Ultras è nato anni fa, mentre scrivevo il soggetto per il video diFrosinone di Calcutta, poi mai realizzato. Già in quella bozza c’era il Mohicano, ex capo ultras del Latina, tenuto lontano dallo stadio da un Daspo ricevuto a causa degli scontri con gli ultras del Frosinone. Lo stadio Francioni è diventato il San Paolo, Er Mohicano è diventato ‘O Mohicano, Latina è diventata Napoli. Di quel soggetto è rimasta l’idea di raccontare una storia d’amore tra un uomo e la sua squadra del cuore, nel contesto di un mondo violento. A questo si è aggiunta una storia volutamente classica, scritta insieme a Peppe Fiore, in cui Il Mohicano diventa un eroe che prova a sfuggire a un destino già scritto, un racconto quasi epico in contrasto con lo stile di ripresa del film».
Come è avvenuta la scelta del cast?
«I casting sono durati più di sei mesi. L’idea era quella di lasciare spazio a tutti i personaggi, anche quelli minori, e dare un’identità e una verità a tutti. Abbiamo incontrato attori professionisti, giovani emergenti e attori non professionisti. Il risultato finale è un mix di tutti questi elementi».
Quali sono state le scelte registiche?
«Per quanto riguarda la regia, ho scelto un approccio il più possibile libero, cercando di trovare il modo migliore per girare ogni singola scena, piuttosto che legarmi a una coerenza forzata. Per questo motivo il film è girato con molteplici tecniche: macchina a mano, zoom e cavalletto, zoom e carrello, crane e macchina a mano, ronin e zoom. Volevo che la sensazione finale fosse quella di una regia presente ma mai virtuosa e sempre funzionale al racconto. Con Marcella Mosca – scenografa e collaboratrice da sempre – abbiamo cercato di costruire un immaginario nuovo sia con le location che con gli arredamenti».
Qual è la Napoli di Ultras?
«La Napoli di Ultras non è quella di Gomorra, non è quella dell’Amica Geniale e non è neanche quella di Liberato. È una Napoli lontana dal centro storico e dai vicoli con i panni stesi, lontana dal degrado della periferia, che si concentra nell’area flegrea, tra vulcani inesplosi e le rovine greche e romane dove il mito e la leggenda convivono con la quotidianità».
Le musiche di Ultras sono di Liberato.
«Anche sulla colonna sonora di Liberato c’è stato un grande lavoro. Aveva già attinto alla tematica ultras e quando ho scritto un film su Napoli era inevitabile che le musiche fossero sue. È stato bravo a spaziare tra i generi e a mettersi al servizio della storia».