La 70esima edizione del Festival di Sanremo inizia con … una benedizione! Entra in scena Fiorello, vestito dal prete più famoso d’Italia, ovvero Don Matteo.
Lo showman continua così a scherzare sulle gaffe dell’amico Amadeus introducendolo e mettendo in piedi un simpatico siparietto al di sotto però degli standard a cui ci ha abituati.
Si parte così con la categoria giovani ed ecco arrivare le prime scelte discutibili. Tra gli Eugenio via di Gioia e Tecla la giuria demoscopica preferisce la seconda e nessuno capisce bene il perché; tra Leo Gasmann e Fadi trionfa invece il primo, rilasciamo un commento anche noi: “viva la Romagna”.
Ecco arrivare sul palco la voce più attesa di questo festival, l’uomo che forse batterà il record di Claudio Baglioni: Tiziano Ferro. Il cantante di Latina regala il primo omaggio con “Nel blu dipinto di blu”.
Inizia finalmente la gara con Irene Grandi che interpreta un brano scritto per lei da Vasco: bentornata Irene. Si prosegue con un altro veterano e il suo “Confronto”, riecco Marco Masini e il suo classico brano sanremese. A risvegliare il pubblico più passivo nella storia dei Festival ci pensa Rita Pavone che è un mix di grinta e potenza, peccato per la canzone. Aspettiamo un secondo ascolto. A stupire tutti però sia in teatro che a casa ci pensa Achille Lauro che non si limita a cantare, ma ci porta con lui dalle tenebre alla luce, dalla ricchezza alla povertà. Uno show incredibile in soli tre minuti e mezzo.
Fortunatamente Diodato, che si esibisce subito dopo, resta nella comfort zone della classica canzone sanremese e convince forse proprio per questa netta contrapposizione alla performance di Lauro.
Con Le Vibrazioni il livello dello show si abbassa il livello della canzone che non entusiasma, il gruppo riesce a interpretarla bene, ma nessun momento degno di nota.
Anastasio e la sua “Rosso di Rabbia” non deludono le aspettative sul rapper, ma c’è bisogno di altri ascolti.
Il meglio del nuovo pop italiano, ovvero Mahmood e Dardust salgono sul palco con “Andromeda” interpretata da Elodie: un brano che ricorderemo sicuramente post Festival, sarà sicuramente iper trasmesso dalle radio.
Bugo e Morgan si divertono, piacciono, intrigano. Peccato che subito dopo a rovinare tutto ci pensa Alberto Urso che ci fa capire quanto non avessimo voglia di sentire “Il Volo 2.0”. Una sola considerazione: perché?
Poteva andare peggio e così è stato grazie a Riki: “Lo sappiamo entrambi” che non è questo il tuo posto, come ci sei finito qui?
Chiude la gara Raphael Gualazzi con una performance e una canzone molto sottotono. È tardissimo, col suo pianoforte cerca di risvegliare un pubblico sempre più addormentato. Inutilmente.
Sono altri però i momenti da ricordare o dimenticare e altre le domande spontanee che sono sorte nel corso di questa prima puntata.
Ricorderemo e rivedremo il monologo di Rula Jebreal che resta il momento più alto della prima serata. Un pugno dritto nello stomaco, fino all’ultima frase: «Chiedetevi come erano vestite le donne a Sanremo, ma non chiedete mai più come era vestita chi è stata stuprata».
Cercheremo di dimenticare invece la presenza imbarazzante di Diletta Leotta: chi le ha scritto il monologo sulla nonna? E, soprattutto, perché?
Ancora, sorrideremo ripensando al cast del film di Muccino che interpreta una canzone di Claudio Baglioni: ne sentivamo la mancanza, ammettiamolo. Così come sentivamo la mancanza di Albano e Romina, nonostante abbiano cantato in playback il brano della vera star della serata: Cristiano Malgioglio.
Infine, ultimi due dubbi esistenziali: per quale motivo Emma è uscita dal teatro dopo il suo medley andando a fare un concerto privato su un palco montato a cento metri dall’Ariston? E, soprattutto, perché con un livello finalmente più alto di canzoni a Sanremo bisogna accontentarsi di un’imbarazzante giuria demoscopica?
Cerca
-
Articoli recenti
Find us on Facebook
-