Fino al 2 febbraio sul palco del Teatro Bellini di Napoli andrà in scena “Atti osceni. I tre processi di Oscar Wilde” di Moisés Kaufman. Lo spettacolo è stato tradotto di Lucio De Capitani, mentre la regia, le scene e i costumi sono a cura di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia.
L’opera teatrale, prodotta da Teatro dell’Elfo, racconta la caduta di Wilde dal culmine della sua carriera fino alla prigionia e alla prematura morte. La scenografia è essenziale: otto sedie d’epoca e quattro sbarre su un palco con uno sfondo nero. La parte centrale della scena è caratterizzata, a seconda delle fasi del processo, da immagini che si alternano attraverso delle proiezioni: la bilancia della Giustizia durante l’arringa degli avvocati; il ritratto della regina Vittoria, artefice di un inasprimento delle pene con l’approvazione di una serie di leggi durante il suo regno; una voce narrante annuncia i titoli dei giornali del processo a Wilde, sullo sfondo un puzzle di bulbi oculari osservano i protagonisti della scena, simboleggiano gli “occhi” degli organi di stampa. Infine, i serpenti sono la metafora dei ragazzi convocati in tribunale per testimoniare contro lo scrittore e le sbarre, delimitano la “libertà spaziale” di Wilde, il perimetro in cui è stato “rinchiuso”, giudicato dai presenti, dalla stampa e dal popolo. Il cast è composto d Riccardo Buffonini, Ciro Masella, Nicola Stravalaci, Giuseppe Lanino, Giusto Cucchiarini, Filippo Quezel, Edoardo Chiabolotti e Ludovico D’Agostino; tutti hanno dato prova della loro bravura.
Il 25 maggio del 1895 Oscar Wilde viene condannato dal giudice Willis a due anni di lavori forzati per omosessualità, il massimo della pena prevista dalle rigide leggi dell’epoca Vittoriana. Lo spettacolo, tra testimoni oculari, giornalisti, prostituti maschili, George Bernard Shaw e la regina Vittoria, inizia con la calunnia del Marchese di Queensbury infuriato dalla relazione di suo figlio Bosie con Wilde. Il marchese invia, infatti, un biglietto da visita a Wilde con una nota disdicevole, con su scritto “Sondomita”, accusando pubblicamente Wilde di essere un sodomita, come un tentativo di fermare la relazione. Wilde reagisce schiacciando accuse di diffamazione contro Queensbury, e così inizia il primo processo. La storia viene così narrata da diversi punti di vista, tenendo conto delle diverse versioni di quello che era successo: George Bernard Shaw, Lord Alfred Douglas, Frank Harris, Oscar Wilde, ognuno raccontava una sua personale, e a volte molto diversa, storia di quanto era accaduto. In scena, con lo svolgimento del processo, emerge come l’ipocrisia benpensante dell’opinione pubblica osteggiò Wilde, nonostante fosse un celebre e amatissimo scrittore e drammaturgo. Gli altri due processi, nati dalle dichiarazioni fatte nel primo, danno opportune ragioni alle autorità di credere che Wilde sia coinvolto nell’atto illegale di sodomia. Alla fine, il poeta viene condannato e incarcerato per “aver commesso atti di indecenza grave con altre persone di sesso maschile”.
Gli attori con le loro esibizioni impeccabili e appassionate hanno ricordato che, sebbene i tempi e le circostanze possano essere cambiate, le reazioni emotive umane rimangono le stesse. Lo spettacolo, sottolineando l’eterna battaglia tra arte e moralità e il modo in cui il potere esercita il controllo sulla vita privata delle persone, ha emozionato il pubblico lasciandolo entusiasta.