Dopo nove anni, Amedeo Minghi esce con un nuovo album, Suoni tra ieri e domani, recital registrato dal vivo al Teatro Ghione di Roma, accompagnato al pianoforte da Cinzia Gangarella, ripercorrendo alcuni dei brani più significativi che il maestro Minghi ha scritto per altri grandi interpreti, per Rita Pavone, Anna Oxa, Mia Martini, Marcella Bella, Morandi, Bocelli e altri. Dieci brani più l’inedito struggente, Io non ti lascerò mai, dedicato ancora una volta alla moglie scomparsa all’inizio di quest’anno, accompagnato da un bellissimo video, che ha vinto anche dei premi, realizzato da Terre Sommerse Group per La Sanbiagio Produzioni con la regia di Michele Vitiello. Il cd è accompagnato da un bellissimo libro che racconta aneddoti legati alle canzoni e con foto dello spettacolo. Amedeo Minghi è attualmente in tour, il 21 dicembre è al Teatro Colosseo di Torino, il 22 al Teatro Nuovo di Milano, e tante altre date.
Com’è caduta la scelta di questi brani, c’è un’affezione particolare per ognuna?
«L’album è accompagnato da un libro di 64 pagine dove racconto in maniera più diffusa e dettagliata le motivazioni che mi hanno indotto a scegliere questi dieci brani, naturalmente ce ne sono molti altri, ma questi dieci brani, a parte che sono stati interpretati da grandissimi artisti straordinari, sono legati tra loro da una sorte di aneddoto, ognuno di loro sono legati da un fil rouge, che sono delle premesse sono brani che mi sono stati chiesti, a volte dagli interpreti stessi, a volte dai loro produttori o arrangiatori, per cui per ogni brano c’è un piccolo racconto e una motivazione diversa dal fatto che io abbia scritto un brano e poi ho chiamato Mia Martini per dargli un brano, è diverso, c’erano sempre dei progetti nei quali hanno voluto inserire un mio brano. In questo disco, così ho lasciato anche i monologhi che raccontano questi “esipodi”, come diceva Totò.»
Di queste canzoni lei in passato aveva inciso qualcosa o cantato durante i live?
«Qualcosa avevo fatto, come quello della Ricciarelli, Il profumo del tempo, l’avevo fatto con Mietta, in una versione minimale, molto bella e particolare. Poi avevo fatto Fijo mio, quella scritta con Califano, cantata come cointerprete insieme a Lando Fiorini, che aveva fatto una collana di brani in dialetto romano. Solo due e tre cose feci, ma come interprete da solo e con questa impostazione pianistica fatta con la Gangarella non l’avevo mai fatto, per cui alla fine li considero dei brani inediti.»
Com’è nato il sodalizio con il Maestro Cinzia Gangarella?
«Due o tre anni fa l’ho conosciuta quando partecipai come ospite in un concerto al Parco della Musica a Roma e, l’ho vista fare una cosa simile con una grande artista, mi è piaciuta, l’ho subito fermata e
le ho fatto questa proposta più che decente e lei entusiasta di questo progetto. Abbiamo scelto insieme i brani, ho portato la lista, abbiamo lavorato per qualche mese, ci siamo visti alcune volte. Il tutto nella maniera più semplice possibile, perché quando si ha a che fare con grandi artisti, con personaggi importanti è facilissimo avere delle soluzioni, quando scendi è più complicato, quando sali meglio si fa.»
In queste canzoni ha composto solo la musica o c’è il suo zampino anche nei testi?
«No, in queste canzoni qui, volutamente no, a parte quella di Andrea Bocelli, Per noi, il testo l’ho scritto io. Volutamente no, perché ogni volta che mi chiedevano un brano, io lo scrivevo secondo me, il mio punto di vista, ora se avessi aggiunto anche il testo sarebbe stato come affidare il mio mondo musicale come una sorta di imposizione e, quindi, dal punto di vista musicale ero libero di scrivere come sempre la mia musica, però qualche volta affidavo il testo a Mogol, Panella, Cogliati, Gaio Chiocchio, al gotha della musica italiana, mentre gli arrangiamenti erano fatti da Ennio Morricone, Celso Valli, Luis Bacalov, Renato Serio, insomma, preferivo che loro si accostassero alla mia musica attraverso anche un loro coinvolgimento.»
Tra quelle che ha scritto è legato a qualche canzone in particolare che le suscita ancora oggi delle intense emozioni?
«La faccenda è diversa, quello che scrivo per me è una cosa, quando scrivo pensando che il brano è per un altro, scrivo comunque per me, ma tenendo presente alcuni fatti tecnici, come le tonalità, l’espressione, e, quindi, la domanda dovrebbe esser duplice, quali tra quelle mie e quali scritte per altri.
Quelle mie, a tutt’oggi, è sicuramente L’immenso, del 1976, che fu il brano che mi dette il primo successo internazionale e la patente di cantautore, e, con quella ho cominciato la mia carriera e a quella devo, che dopo 48 anni, sono ancora qui a fare questo mestiere. Adesso, invece, c’è Io non ti lascerò mai, che secondo me è una ripartenza, uno start importante, perché viene a significare una svolta nel mio lavoro.»
Io non ti lascerò mai, ancora una volta emerge la sensibilità musicale del maestro Minghi, e ancora una volta un brano intenso dedicato a sua moglie Elena…
«Sono tutte dedicate a lei, questa in maniera ovviamente particolare, per ovvii motivi, ma io sempre scritto dedicandole a lei, ma lo è per tutti i musicisti, scrivono per se stessi ma hanno anche involontariamente una musa, e per me è sempre stata lei.»
È un grande pezzo anche questo…
«È molto importante. Tra l’altro c’è un riscontro da parte del mondo giovanile che, francamente, auspicavo ma non me lo aspettavo così, il video sta raggiungendo le trecentomila visualizzazioni in soli due mesi. Per me è un fatto estremamente importante e nuovo, perché nel mondo digitale non è esattamente il mio pubblico, non ho un pubblico di internauti, però questo testimonia che i ragazzi si stanno avvicinando a questa musica, anche in maniera piuttosto bella e veloce.»
Infatti, navigando su internet ho letto di ragazzini che insieme all’hip hop ascoltano e osannano le sue canzoni…
«Ad ottobre abbiamo fatto la presentazione del video realizzato da giovanissimi ragazzi dell’Università La Sapienza che ha vinto anche un premio, ma penso ne vincerà anche degli altri. A questa presentazione abbiamo invitato altri giovani che, spontaneamente, non indotti da me o dal mio staff hanno realizzato dei miei brani, anche classici, come 1950, addirittura in versione rock, bellissimo. Questi ragazzi stanno realizzando dei miei brani secondo la loro visuale, assolutamente non suggerita da me né da altri. Ciò, oltre a farmi piacere, lo trovo interessante, perché sono soluzioni impensate, che io stesso non avrei mai pensato, essendo ragazzi giovanissimi per loro è stato spontaneo.»
Infatti, ho conosciuto dei giovani musicisti, sotto i venticinque anni, che seguono la musica di Minghi perché ha delle partiture molte particolari…
«Sono anche un po’ complesse e questo da degli stimoli, trovano terreno fertile sul quale poter lavorare, questo è molto importante. Sicuramente, c’è un momento nel quale i giovani per cercarsi un po’ vanno a ritrovare la nostra giovinezza, il nostro passato, perché se non si conosce quello, come si fa ad andare avanti, non si può continuamente ripetere le cose che si ascoltano e clonarle, per trovare la propria strada bisogna per forza guardarsi indietro, e costruire una propria forma di espressione.»
Lei ha esaltato le varie collaborazioni avute nella sua carriera, ma c’è qualcuno che l’ha fatto rimanere a bocca aperta, e che lei ama particolarmente? Anche fra i giovani che lei ha scoperto…
«I giovani che ho scoperto sono tanti, qualcuno è andato bene altri un po’ meno, come sempre succede. Le collaborazioni sono state molto semplici, quando vai su in alto, lavori con i grandi artisti, tutto diventa molto più semplice, c’è una grande disponibilità nelle collaborazioni, sono numerose oltre che prestigiose proprio per questo e non era difficile. Oggi è più complicato, ci sono delle torri d’avorio, come questi ragazzi che escono dai talent show, sono inattaccabili, non si può entrare, è difficile, questo non è molto positivo. Il successo di Mina o di Mia Martini o di Celentano o altri grandi interpreti di una volta, era perchè in grado di cantare, con tutta semplicità, canzoni proposte sia da grandi autori che da sconosciuti. Mina, lo si sa, ascolta i provini che le arrivano durante l’anno per il suo disco e chiama lei direttamente. Chiama un ragazzo quando una canzone gli piace e dice, ciao sono Mina Mazzini, a quello gli prende un colpo. Ma è così, funziona così, come faccio anch’io e tutti quanti noi.»
Ha mai avuto un rifiuto per qualche canzone che ha presentato a qualche artista e non l’ha voluta?
«Certo, è successo di tutto, brani proposti che non andavano bene, ma questo fa parte del gioco, perché magari il testo non era adatto a quel personaggio, o la canzone te la immagini in un modo, ma quando l’ascolti è in un altro. Per fortuna c’è anche il contrario, mandi una canzone, fanno un provino e scopri che è bellissima, come non avresti mai immaginato. La musica è bello per questo perché è imprevedibile.»
Vorrei farle un appunto, lei dice, leggendo dal booklet del disco, che grazie a Morandi, il brano 1950 ha avuto una seconda possibilità e ha avuto più successo, sarò anche eretico o ignorante, ma nel mio immaginario collettivo l’ho sempre sentita da lei, non ho mai sentito la versione di Morandi. C’è qualcosa che non va che lei ha scritto o ero distratto?
«Forse sei giovane o a quell’età non ascoltavi Gianni Morandi.»
Non direi, le radio hanno sempre trasmesso la versione del maestro Minghi e non quella di Morandi.
»Sicuramente sì, ma io ho menzionato Gianni perché lui l’ha incisa e con la sua enorme popolarità ha dato un altra possibilità a questa canzone. È vero le radio hanno trasmesso e trasmettono ancora tutt’oggi questo brano in versione originale, oramai considerato un classico della musica italiana, però Gianni ha dato una mano a questa canzone, perché essendo talmente popolare e cantando questo brano lo ha aiutato a diventare quello che è. Anche se, effettivamente, le radio hanno e continuano a mettere la versione originale e a tutt’oggi resta comunque quella sicuramente più bella.»
Gliela avranno chiesto migliaia di volte, com’è nata questa canzone, 1950?
«Ci vorrebbe una giornata e, tra l’altro in questo momento andrebbe veramente riascoltata con molta attenzione, perché l’Italia avrebbe bisogno di un nuovo rinascimento, come dicono qui a Milano per l’Expò, e quella canzone parla esattamente di questo, parla del rinascimento italiano nel 1950, dell’immediato dopoguerra e, adesso, ci sarebbe bisogno di un nuovo rinascimento in questa decadenza che ci sta coinvolgendo tutti.»
È partito il suo tour, cosa succederà, sarà sulla falsariga di questo cd?
«Man mano le date si stanno aggiungendo, riprenderemo dopo la pausa del tour estivo andremo nei teatri delle città di provincia che sono tantissime, e sono tutte quante molto curiose di partecipare a questo concerto. Comunque ci saranno le canzoni del cd e anche altro che ovviamente io sono un teatrante quindi non ti apro il sipario a porte chiuse. Ci sarà un primo tempo che è questo e un secondo tempo che ha un viaggio quello che abbiamo nel nostro comune passato.»
Che rapporto ha con i fan?
«Bellissimo, noi il 13, domani insomma, facciamo un incontro come avviene tutti gli anni, lo faremo a Roma con gli iscritti al Primula fanclub e stiamo insieme, mangiamo, parliamo, discutiamo, ci raccontiamo le cose. È un rapporto molto stretto, poi adesso con l’avvento di facebook, ci scriviamo, quindi, è un rapporto molto ravvicinato. Ho sempre privilegiato il rapporto con il pubblico, adesso con la mediazione del mondo digitale questo rapporto è ancora più rafforzato.»
Lei è una persona molto umile, come riesce a stare in questo mondo musicale fatto da pescecani?
«Sì, perché vado per la mia strada, penso a quello che devo fare, a quello che mi piace, penso alla mia musica, e, del resto non me ne occupo, per cui non navigo in acque in cui ci sono pescecani.»
La sua Lustful è stata campionata da Justin Timberlake…
«Timberlake ha praticamente anticipato quello che stava avvenendo qui in Italia da parte di questi ragazzi come ho spiegato prima. Anche lui è un ragazzo giovane, una grande popstar, lui ha scelto questo brano mio, scritto oltre quarant’anni fa, ne ha fatto una cover version, così come stanno facendo questi ragazzi. Ha anticipato un po’ quello che sta avvenendo qui in Italia. Sta in linea con le cose che stanno avvenendo.»
Le è piaciuta questa versione?
«Certo è un modo molto divertente, francamente il mio pubblico non è impazzito per questa versione, l’hanno presa e accettata, ma non hanno fatto salti di gioia. Il pubblico che segue il mio lavoro, è molto particolare, molto esigente, molto attento alle cose, non si fanno prendere dai grandi effetti sonori, badano ad altro.»
Lei in questo live cita Napoli, che rapporto ha con questa città, cosa ama?
«Chiunque fa questo mestiere, non può non amare l’esperienza musicale di Napoli. Tutti quanti noi musicisti dobbiamo a Napoli moltissimo, dal punto di vista dell’arte e della musica, nella mia carriera ho tenuto presente la tradizione italiana e non potevo non citare l’esperienza della musica napoletana, ho inciso Rosa e Vicerè in lingua napoletana, seguendo anche l’esempio del più grande di tutti noi, Domenico Modugno, il quale da non napoletano, ha scritto canzoni napoletane meravigliose, per fare un omaggio a quella esperienza musicale che Napoli ha regalato al mondo e che è inimitabile.»
Lei ha composto anche diverse colonne sonore, non so se le piacerebbe fare qualche opera rock o tipo quelle di Cocciante…
«No, anche perché il rock non esiste, sono decenni che è morto. Ho scritto colonne sonore, ora ne sto preparando anche un’altra. Probabilmente preferirò fare un musical, ma minimale, a me non piacciono queste gigantesche faccende di palazzi in movimento e di gente che salta per tre ore sul palcoscenico, amo fare cose minimali e dare spazio alla musica, che si chiama musical e non in un altro modo.»