La Nona edizione del Social World Film Festival conferma i suoi punti di forza; un festival fatto da tutti giovani che ha lo spessore di un festival navigato. In presentazione il direttore generale Nuzzo ha rimarcato con orgoglio le scelte, anche fuori dagli schemi, che caratterizzano questa edizione come l’apertura affidata al regista Francesco Patierno con il suo “Camorra”.
Il luogo che accoglie l’evento, Vico Equense, incanta i partecipanti, che restano ammalati dal fascino della cittadina costiera set naturale di tante pellicole. L’Amministrazione, come ha sottolineato il Sindaco, si impegna molto nel rendere la città accogliente e per trasformarla, edizione dopo edizione, nella capitale del cinema sociale, quello che aiuta a riflettere.
Tema del festival è il viaggio e questa edizione si presenta molto ricca: 126 proiezioni, 72 anteprime e tanti artisti nazionali e non come ospiti.
Stefano Accorsi padrino di questa edizione ha tenuto una masterclass interessante mostrandosi artista a tutto tondo che non nasconde le insidie del mestiere di attore. «Se ti piacerà – dice l’ attore – il mestiere d’attore lo capirai solo facendolo. Bisogna essere curiosi, studiare e pensare di potere essere gli innovatori».
Il regista Francesco Patierno apre la serie di incontri con la stampa e con il pubblico: «La RAI mi ha offerto la possibilità di fare un film sul tema della camorra ed ho potuto utilizzare immagini reali. Ho pensato che questo tema si è diffuso attraverso film di finzione, ed io che sono amante delle immagini del reale, ho voluto far conoscere quel periodo che va da fine anni Sessanta all’inizio degli anni Ottanta, in modo differente. La mia scelta è precisa: creare dei film che parlino di questa cosa e che siano film e che mostrino, quindi, facce e volti molto diversi da quelli delle fiction. Mi piace dare suggestioni precise, non falsarle. Sono contento del risultato di questo lavoro che sta girando in tutto il mondo. I nostri sono anni di cambiamento perché credo che Napoli abbia sempre potuto avere una vocazione turistica che ha voluto snaturare quando è diventata industriale. Ora ritorna alla sua naturale vocazione. Credo che i festival servano molto, perché danno la possibilità di fare conoscere lavori che altrimenti non avrebbero mercato. Oggi c’è bisogno di raccontare».