Parliamo di letteratura pop, quasi adolescenziale nel senso estetico del termine e dei contenuti, parliamo di una lettura che non pretende e non promette rivoluzioni ma che al contempo, con fare decisamente sobrio, stimola la curiosità e quelle domande esistenziali che tanto ci piacciono. Ma più di tutto, questa spaccato di vita biografica percorsa a ritroso, ha il pregio di non mollare la presa e non perdersi. Narrare una storia, la propria vita, partendo dal momento attuale e, capitolo dopo capitolo, tornare indietro nel tempo risulta essere una formula pericolosa… il banale errore di lasciare cadere l’interesse del lettore anche con banali anticipazioni di quel che verrà, è un pericolo vistoso che si può toccare con mano. Ed invece Gianluca Del Chicca, in questo breve romanzo dal titolo “Quel dolorino in basso a sinistra” ha saputo come gestire le parole e la narrativa, la cronaca delle volte, le descrizioni e il peso poetico di quel certo incanto che c’è nel vivere la vita andandole incontro, scoprendo e “prendendo o perdendo” treni strada facendo. La prefazione è curata da Dario Ballantini e, in poco meno di 130 pagine, Del Chiccha diventa uomo passando inevitabilmente dall’ingenuità di un adolescente che abbandona le sue radici… per l’amore e per la vita in se… Letture che prendono la mano, non la stringono ma sono sicure di non abbandonarla. “Quel dolorino in basso a sinistra” edito da Biblioteka Edizioni.
La prima curiosità estetica è Dario Ballantini. Come l’hai intercettato per questa prefazione?
«Essendo Dario livornese come me non è stato poi così complicato; pur abitando a Milano, torna ogni tanto a Livorno e alle volte viene chiamato per proporre spettacoli o prendere parte ad eventi. Tempo fa venne chiamato come ospite in una serata di beneficenza con lo scopo di raccogliere fondi per il recupero di una cripta sul lungomare di Livorno, mio padre era uno degli organizzatori di quella serata perchè fa parte del comitato che gestisce questo recupero, e quindi sapevo di poter avere il suo contatto. Ho pensato a lui in quanto personaggio eclettico che si cimenta in più campi artistici, e devo dire che è stato molto disponibile ed ha subito accettato quando gli ho prospettato il mio desiderio di averlo come autore della prefazione».
Una biografia fuori standard. Tutto accaduto davvero o qualcosa è stato alterato per servire la narrazione?
«La linea di confine tra la verità e la narrazione è molto sottile in questo libro, anzi il più delle volte sfuma fino a scomparire del tutto sfociando nella narrazione tutta la verità. Non è facile dare delle percentuali, la verità comunque supera di gran lunga la finzione, e non potrebbe essere altrimenti in un romanzo la cui trama si dipana a ritroso nel tempo, partendo da situazioni ed emozioni vissute in prima persona che uscivano di getto capitolo dopo capitolo. Non finisce ovviamente qui, a volte la storia ha bisogno di essere resa più intrigante, devi creare razionalmente un qualcosa di diverso e accattivante non collegato a quella che fu la realtà stretta dei fatti; in queste situazioni ecco che emerge la narrazione romanzata, un po’ di necessaria fiction! Qualcosa insomma è stato per forza di cose alterato o inventato, ma la maggioranza dei fatti sono accaduti davvero così come narrati…».
Raccontaci della tua narrazione: a questo libro ci sei arrivato o da questo libro sei partito?
«Indubbiamente a questo libro ci sono arrivato, ed è stato un percorso anche piuttosto lungo. Mi sono dilettato con la poesia per molto tempo, inframezzata ogni tanto da sporadici racconti; poi la poesia non è più venuta fuori e i racconti hanno finito di soddisfarmi pienamente, ed è qui che ho iniziato a pensare ad un libro, che è rimasto nel cassetto per parecchi anni. Arriviamo quindi a quella vigilia di Natale con cui si apre il testo ed anche il cassetto, io in una taverna londinese con un computer davanti e una finestra di lato, circondato da sconosciuti, l’esigenza di iniziare a scrivere, raccontare me stesso, quello che provavo e spiegare come mi fossi ritrovato in quella taverna, con il capitolo finale che risulterà essere il primissimo racconto che avevo inconsapevolmente scritto tanti anni prima».
Prossimo step? Allungherai la forma racconto lungo? La grande traversata di un romanzo… come la vedi?
«La grande traversata che porti ad un romanzo più compiuto e strutturato è ovviamente il prossimo obiettivo; come già detto la poesia è stata il primo amore ma si è dissolta strada facendo, o almeno questa è la situazione attuale, mentre i racconti probabilmente non mi si addicono, ne ho scritti in passato ma non li sento in grado di soddisfare le mie esigenze narrative. Se il secondo romanzo è un obiettivo che non mi nascondo, c’è però da dire che è ancora in stato embrionale, sto lavorando su una traccia la cui fattibilità non mi dà ancora certezze, al momento sono solamente nella fase della raccolta di materiale, idee e purtroppo possiamo dire anche di tempo, sembrerà strano ma quella è una delle cose basilari insieme alla lucidità mentale e creativa…comunque arriverà!».
Londra. Di certo questa è verità: dalla Toscana a Londra. Ennesima voce di chi va via dal nostro paese… un consiglio che daresti ai ragazzi più giovani?
«Partite e fate quest’esperienza! Se potete non iniziate l’università subito ma prendetevi un anno per viaggiare o comunque abitare in una nazione nuova, imparare una lingua e con la mente sgombra poi pensate a cosa fare successivamente, potrebbe essere Londra come qualsiasi altro posto ma è un consiglio che darei a chiunque… Nello specifico Londra ti prende e chiede molto, soprattutto dal punto di vista dei rapporti umani e dei ritmi stressanti, ma ti ridà anche tanto indietro, sotto forma di opportunità, esperienze e direi anche servizi. Si scontrano due mentalità opposte, un luogo in continuo divenire dove evolversi e cambiare è all’ordine del giorno, e l’Italia che vive nel passato, sempre ancorata all’idea del posto fisso dove rimani tutta una vita e che si culla nel suo gradevole ristagno. Certo che in Italia la qualità della vita è sulla carta migliore, cibo, clima e più tempo libero per rimanere sui soliti cliché, solo che sempre meno persone si possono permettere una qualità di vita discreta e si affannano per arrivare alla fine del mese; le possibilità che ti dà Londra invece sono innumerevoli, la meritocrazia e la capacità personale sono aspetti mai messi in discussione, certo niente ti cade dal cielo, devi darti da fare ma qui puoi star certo che se ti rimbocchi le maniche i risultati arrivano di sicuro…».
E in Inghilterra? Esiste una versione in lingua inglese per quel mercato?
«Non per il momento, se devo essere sincero è un mercato che non conosco così bene per cui non ho ancora deciso di fare questo passo. Ho chiesto e fatto un po’ di ricerche, più che altro per curiosità personale, con lo scopo di raccogliere informazioni su traduzioni professionali, ma la procedura di presentazione dell’opera e ricerca di una casa editrice è un qualcosa su cui allo stato attuale non voglio concentrarmi…diciamo che sono più focalizzato sulla stesura di un secondo libro!».
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