Pride.1984, l’epoca Thatcher (la controversa Iron Lady, leader del partito conservatore inglese dal 1975 al 1990 e Primo Ministro del Regno Unito dal 1979 al 1990) è in pieno e luminoso svolgimento. Il governo britannico decide la chiusura di una miniera di carbone nello Yorkshire alla quale seguirà un piano di smantellamento di siti minerari che porteranno ad una perdita di circa 20.000 posti di lavoro con uno sconvolgimento totale dell’assetto economico-sociale di intere cittadine.
L’Unione Nazionale dei Minatori proclama, quindi, uno sciopero nazionale che durerà un anno intero e durante il quale saranno considerati alla stregua di criminali e attaccati con violenza dalla polizia.
Nulla di nuovo per nessun paese “civile” se non fosse che, in occasione del Pride di Londra del 1984, il lungimirante attivista Mark Ashton ha l’idea di raccogliere fondi per sostenere la lotta e il lungo sciopero notando infatti come i gay e le lesbiche siano vittime dello stesso sistema e punta a costruire un legame di solidarietà con i lavoratori non certo inclini a ricevere questo inaspettato e “diverso” aiuto. Nasce così il Lesbian and Gay (all’epoca non era ancora il movimento LGBT) Support the Miners (LGSM) il cui scopo sarà quello di raccogliere, appunto, donazioni nella comunità gay e lesbica londinese in sostegno dei minatori.
Lo sparuto gruppetto (cinque uomini e tre donne) giungeranno nel profondo Galles, nella comunità di Dulais con la quale, superata la diffidenza iniziale, nascerà davvero un profondo ed incrollabile rapporto di pura solidarietà che porterà un anno dopo ad uno storico Pride in cui i minatori in massa assalteranno pacificamente la manifestazione meritandosi la testa del corteo. Ma ancor più importante sarà il fatto che, su impulso dei sindacati dei minatori, le Unions inglesi includeranno i diritti delle persone gay e lesbiche nei loro statuti.
Alla luce di tutto questo, Pride, diretto da Matthew Warchus, con un parterre di attori eccezionali e stupendamente normali con rughe e pancetta, si classifica ad essere il Film delle feste appena trascorse perché diverte, fa riflettere, non è volgare e appassiona raccontando una storia vera.
Certo, si scivola in qualche cliché e si sorvola su quello che fu il risultato di tutta questa lotta e cioè una perdita assoluta e su tutti i fronti. Si accenna solamente a quella che divenne, ed è tutt’ora, una delle malattie più infami mai viste: l’AIDS che si diffuse proprio in quel periodo e che si portò via l’appena ventiseienne Ashton.
Ma questo film lo amerò per sempre perché racconta di solidarietà umana che travalica qualsiasi tipo di differenza, di altruismo puro che non guarda in faccia a nessuno e se c’è un po’ di buonismo chissenefrega!