Prendendo in prestito le parole di John Hughlings Jackson, Andrea De Rosa porta in scena per la prima volta lo spettacolo “Vitalico Bulimico – 15 anni di schizofrenia comica”. Giovedì 7 marzo alle ore 21:00 al Parioli Theatre Club di Roma, l’esilarante attore romano coinvolgerà il suo pubblico con un’arringa tragicomica in cui verranno raccolti il meglio (e il peggio) dei suoi primi quindici anni di pazzia comica, ironizzando su se stesso e ciò che lo circonda, dagli anni della scuola agli atti impuri, dai cartoni “porno” animati alla televisione dei buoni sentimenti, arrivando ad oggi, in un’ora di auto-terapia. Lo spettacolo fa parte della sezione “Indie” curata da Alessandro Bardani e Francesco Montanari.
Lo abbiamo intervistato per voi.
Conosciuto dal pubblico per la tua poliedricità. Come sei nella vita reale? Come affronti le vicissitudini della quotidianità? Metti da parte il tuo essere attore o lo usi in base alle varie esigenze?
«Nella vita reale non recito, anche perché sono fortemente convinto che per essere un buon attore bisogna trasmettere verità…e per far questo bisogna vivere in maniera fluida le proprie emozioni, nel bene e nel male, per poi assimilarle e cercare di riproporle di volta in volta a seconda del ruolo che si va a interpretare. In sostanza, gli attori che fuori dal lavoro si danno un “tono” o recitano una parte, fanno un torto a sé stessi. Poi esistono le eccezioni…come ad esempio quando ti ritrovi tuo malgrado in situazioni collettive in mezzo a gente con cui non hai niente da condividere: ecco, in quel caso, essere un buon attore è anche un fatto di educazione».
Spesso dai tuoi spettacoli esce fuori il tema della follia. Come mai?
«Secondo me la follia è uno dei carburanti del mio lavoro. In uno spettacolo ho detto (e lo penso ancora) che tanti fanno gli attori come alternativa alla psicanalisi, perché per tanta gente fare questo mestiere è una richiesta d’amore. Quindi tante volte lo fai perché ti è mancato l’amore durante l’infanzia, oppure ce l’hai avuto ma ne vuoi di più, oppure hai dei blocchi psicologici causati da traumi di vario genere. E allora pensi, a torto o a ragione, che immedesimarti in un personaggio può aiutarti a risolverli, o per lo meno a renderti più consapevole e maturo. Perché ti insegna a vedere la realtà attraverso punti di vista diversi dal tuo».
Sei uno sportivo? Cosa ne pensi del benessere fisico e mentale?
«Il benessere fisico e mentale sono collegati. Forte di questa consapevolezza, cerco di combattere la mia pigrizia facendo esercizi a casa, almeno tre volte a settimana. È la cosa più semplice e sana per tirarmi “su” quando mi sento un po’ “giù”. Sentirmi più forte fisicamente mi aiuta in molti casi a esserlo anche psicologicamente».
Questo è un anno molto importante ricco di impegni. Come affronti il passaggio da un set ad un palcoscenico?
«Più che da un set ad un palcoscenico affronto il passaggio da un ruolo all’altro, cercando attraverso dubbi e incertezze di trovare la chiave di lettura giusta per interpretarlo. Non ho un metodo fisso, cerco di adattarmi alle circostanze».
Veniamo all’ ultimo tuo lavoro “Vitalico Bulimico” in scena al Parioli Theatre Club il 7 marzo 2019. Parlacene liberamente.
«”Vitalico bulimico” è un monologo di un’ora circa dove raccolgo la sintesi dei miei primi quindici anni di palco. In particolare da tre spettacoli che ho fatto: “Parolacce”, “Psicomico” e “Psicomico revolution”, ovviamente adattati e aggiungendo elementi nuovi. Sono 60 minuti di “auto-terapia”, in chiave comica».
Cosa sogni per te e per i tuoi amici più cari?
«Sogno e mi auguro di poter fare sempre un lavoro che amo, in modo da farlo bene, per poter essere utile a qualcun altro. Questo è l’augurio per me e per i miei amici, ma anche per tutti gli altri».