Ci siamo: la settimana più attesa dal popolo italiano è iniziata. Martedì 5 febbraio 2019 è cominciato ufficialmente il Festival di Sanremo.
Alla conduzione Virginia Raffale, Claudio Bisio e soprattutto l’onnipresente Claudio Baglioni.
Si accendono i riflettori sul palco e il trio attacca con “Voglio andar via”: un ottimo inizio, non c’è che dire.
Si parte subito con la gara e a farlo ritroviamo Francesco Renga e la sua “Aspetto che torni”. Una canzone autobiografica, scritta inizialmente per una donna della sua vita ma che questa sera dedica alla sua voce, improvvisamente scomparsa e che speriamo si farà rivedere prima di sabato.
Subito dopo Renga a calcare il palco ecco Nino D’Angelo e Livio Cori. Avevo altissime aspettative per la loro performance e sono state deluse tutte. Peccato.
A darci sicurezza con un brano tipicamente sanremese ecco Nek con la sua “Mi farò tornare pronto”. Ed è subito tormentone.
Si continua con gli Zen Circus e la loro “L’amore è una dittatura”, un pezzo per niente sanremese (difatti il ritornello è assente) che però dimostra la bravura di un gruppo che anche sul palco dell’Ariston non ha perso la sua identità. Bravi.
Iniziano le urla delle milf dal pubblico ancor prima che i presentatori finiscano le presentazioni e questo fa già intuire che manca poco alla fine dell’inizio o comunque all’inizio della fine. Il Volo torna a Sanremo con un augurio (a mio avviso una maledizione): “Musica che resta”. Un ottimo mix di retrò e kitsch. Un ottimo mix in cui anche Gianna Nannini ha messo lo zampino. Un prodotto che potrebbe portarli a vincere, ancora. La speranza che accada il contrario sarà l’ultima a morire.
Cosce al vento e grinta da vendere per Loredana Berté e la sua “Cosa ti aspetti da me”. Loredana merita davvero, anche se a questo primo ascolto il suo look distraeva anche i più attenti.
La gara viene poi interrotta dal momento “Piccoli Bocelli Crescono”. Andrea Bocelli passa sul palco dell’Ariston dopo 25 anni dalla sua prima volta a Sanremo la giacca del testimone al figlio Matteo. A metà serata troviamo però già il primo vincitore: Claudio Bisio saluta Andrea Bocelli con la mano, ripetutamente. Il resto è storia.
Si torna alla gara con uno dei pezzi più belli del festival: “Argento vivo” di Daniele Silvestri. Daniele racconta il carcere dell’adolescenza, dà voce alla nuova generazione dimenticata. E lo fa in maniera perfetta. Forse non vincerà il festival, ma il silenzio del pubblico post performance vale più di tutto il resto.
A ripristinare i bassi standard di Sanremo ci pensano Federica Carta e Shade con la loro “Senza farlo apposta”, brano carino ma soprattutto copiato dal loro altro successo “Irraggiungibile”. D’altronde si sa: non c’è Sanremo senza autoplagio.
Torna sul palco il giovane Ultimo con i suoi “I tuoi particolari”. Un pezzo più sanremese di quello dello scorso anno. La sua performance risulta sicura e precisa. Ultimo piace, anche se non sorprende. Staremo a vedere cosa accadrà.
“L’ultimo ostacolo” di Paola Turci segue poi il giovane 20enne. La Turci è navigata e sicuramente sa come affrontare questo particolare palco, il suo brano però è da risentire.
Performance emozionata per il talentuoso Motta e la sua “Dov’è l’Italia”, brano che si fa notare tantissimo a metà serata e dopo averne già sentiti troppi. Bravo Francesco.
Nemmeno il tempo di riprendersi da Motta che ecco arrivare sul palco i Boomdabash con la loro “Per un milione”, brano che le radio apprezzeranno tanto, i cultori un po’ meno.
Momento siparietto per Patty Pravo e Briga con “Un po’ come la vita”. Qualcosa non funziona, la musica non inizia e Patty con la calma che la caratterizza domanda ai tecnici: Sono venuta a passeggiare o a cantare?. Patty è favolosa, il pezzo è da risentire.
Si torna seri con “Abbi cura di me” di Simone Cristicchi. Un pezzo cristicchiano. Un pezzo che piace, ma non sorprende. Un pezzo che come sottotitolo potrebbe tranquillamente avere: sappiamo e vi dimostriamo quanto Simone sia bravo.
Momento amarcord sul palco. Bisio e Baglioni ricordano Fabrizio Frizzi che proprio nella data di inizio festival avrebbe compiuto gli anni. Si continua poi sul viale dei ricordi con la voce di Giorgia che incanta tutti. Nessun problema tecnico per lei, solo pura perfezione. Ovviamente Claudio non la lascia sola: erano già dieci minuti che non cantava, il minimo era rimediare con Giorgia.
Sul palco si torna alla gara con Achille Lauro. Ci si aspettava un pezzo rap ma come dice anche lui “non è vita ma rock n roll”. Rolls Royce è da riascoltare, l’orario non ha aiutato l’artista ad essere apprezzato a dovere.
Torna sul palco Arisa, con un pezzo che spiazza, un pezzo in cui ci dà un’informazione essenziale: “Mi sento bene”. Che voce.
Politicamente scorretti tornano i Negrita con una dedica palese a Salvini con la loro “I ragazzi stanno bene”. Niente di nuovo, ma niente di brutto.
Post Negrita l’orario inizia a farsi sentire: Bisio, Santamaria, Virginia e Baglioni omaggiano il Quartetto Cetra. Un omaggio che non riesce affatto bene. Abbiamo altre quattro serate per recuperare questi siparietti.
Altra performance che potevamo risparmiarci risulta quella di Ghemon e la sua “Rose viola”. Un pezzo in cui il cantante non fa altro che citare sé stesso.
A rovinare ulteriormente questo fine serata arriva Einar con la sua “Parole nuove” ennesima lagna di cui non avevamo assolutamente bisogno. Risollevano il morale gli Ex Otago con la loro “Solo una canzone” che si farà strada, spero, al secondo ascolto, perché merita davvero.
Torna poi l’unica 30 enne che si diverte a sembrare più vecchia di mia nonna, ovvero Anna Tatangelo con “Le nostre anime di notte”. Annarella, sei sempre la più simpatica ragazza di periferia che abbia mai conosciuto, ma all’una di notte preferirei ascoltare altro.
Terzultimo Irama e “La ragazza con il cuore di latta” fanno capire a tutto il pubblico che gli autori di Sanremo hanno un cuore di pietra ad aver scelto questo tipo di scaletta.
Retorico all’ennesima potenza il buon vecchio Enrico Nigiotti e la sua Nonno Hollywood: il passato vince sempre sul presente? Staremo a vedere.
Chiude la serata più lunga della storia di Sanremo Mahmood e la sua “Soldi”. Mahmood piace, anche a fine serata e questo la dice lunga.
Al resto ci penseremo in queste altre quattro serate. Confidiamo nella seconda performance di tutti i cantanti in gara e speriamo che Virginia Raffaele la smetta di fare semplicemente Virginia e ci delizi indossando i panni di qualcun altro: abbiamo bisogno di qualcosa di forte per resistere altre quattro serate fino all’una di notte.
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