Per tutti gli appassionati di Liberato e per chi è semplicemente incuriosito dalla sua maschera e da chi realmente si cela dietro l’incappucciato munaciello, il libro di Gianni Valentino, dal titolo “io non sono LIBERATO” (Arcana Edizioni), mette in evidenza i diversi aspetti di questo fenomeno. Entra nel progetto, incuriosisce il lettore e cerca di arrivare alla fonte, a chi realmente c’è dietro a tutto questo. «LIBERATO – a quanto sostiene il giornalista de La Repubblica, poeta/performer – ha sedotto non soltanto per la sua sagoma fantasma di spalle, bensì per la sua fantasmagoria sonora e letteraria. Per avere indotto chiunque a esprimere un commento, un parere, un io credo lui sia. La smania di recensire, interpretare, analizzare quello che è un fenomeno che non dà punti di riferimento se non la propria creatività». L’autore di questo libro ha conosciuto LIBERATO attraverso YouTube, come tutti. Poi al telefono, via e-mail, via Skype. In “io non sono LIBERATO”, Gianni Valentino porta alla luce una quantità enorme di materiali, tra narrativa, reportage, inchiesta, micro-macro interviste a Clementino, Raiz, Fabri Fibra, Nino D’Angelo, Populous, Ivan Granatino, Gemitaiz, Livio Cori, Bawrut, Planet Funk e, soprattutto, Enzo Chiummariello e il prof. Ugo Cesari. Questo personaggio, il suo mistero, il suo modo di fare musica, ha contagiato un po’ tutti, dividendo questa fetta di pubblico, in quelli che lo amano e in quelli che non lo sopportano più.
Come nasce l’idea di questo libro?
«A marzo 2017 LIBERATO aveva accettato di rilasciare a me la sua prima intervista. Aveva preparato un set video, con una ragazza seminuda sdraiata sul divano e le sciarpe di Napoli-Real Madrid. Era tutto pronto, dopodiché senza fornire spiegazioni s’è eclissato. Gli avevo proposto anche un libro-intervista per approfondire il suo progetto artistico ma ha rifiutato. Così ho desiderato storicizzare questa avventura musicale, in una fase così esplosiva e fragile che vive la città di Napoli. E avevo voglia di raccontare, attraverso LIBERATO, cosa è accaduto e sta accadendo oggi alla canzone napoletana».
“io non sono LIBERATO” è un libro che porta alla luce i diversi aspetti di questo fenomeno. Entra nel progetto e cerca di arrivare alla fonte, a chi realmente c’è dietro a tutto questo…
«Proprio così. Nel libro si risale alla fonte di ogni componente di LIBERATO: dai provini dei sei singoli sin qui pubblicati all’estetica dei videoclip; dalla genesi dei live – inclusi gli abboccamenti con Enzo Dong, Clementino e Elisa per il MI AMI – e del tour alla scelta del look Ultras della sua controfigura. Fino ai racconti di tantissimi addetti ai lavori che portano a galla retroscena, dietro le quinte, notizie inedite su tutta la sua parabola. Dalle azioni di Calcutta alla nascita del giubbotto che vediamo nelle clip e sul palco».
All’interno del libro ci sono diverse testimonianze di artisti, autori, musicisti, cantanti, producer, rapper. In quanto tempo hai raccolto il materiale e in che modo poi la scelta è caduta proprio su determinati personaggi piuttosto che su altri?
«Per scrivere “io non sono LIBERATO” ho impiegato quasi un anno di ricerche e lavoro. Avevo in testa fin dal primo istante l’architettura del volume ma il libro l’ho chiuso proprio il giorno in cui avevo la consegna all’editore. Poiché ogni volta che scoprivo qualcosa di nuovo era necessario modificare altri capitoli che contenevano contenuti figli, padri o fratelli di quella notizia fresca. Insomma, scrivere questo libro è stato quasi come fare un concerto: non sapevo mai cosa potesse accadere un secondo più tardi».
I personaggi da te intervistati hanno un po’ un filo conduttore che li unisce. La scelta di intervistarli è legata a una semplice curiosità, un modo per attingere a nuove informazioni o per il sospetto che tra questi ci sia LIBERATO?
«Ai cosiddetti sospettati di essere LIBERATO – vedi Livio Cori, Ivan Granatino, Alfredo Maddaluno, Dario Sansone, CoCo, Lucariello, D-Ross – ho dedicato un capitolo ad hoc. Così come nel capitolo “La maschera” c’è la ricostruzione circostanziata – tra le fonti e le documentazioni e i fatti avvenuti – della creazione del suo universo. Ringrazio ancora una volta tutti gli artisti e i producer e i dj e i musicisti che mi hanno donato un po’ del loro tempo: da Bawrut a Populous, da Raiz ai Planet Funk, da Gigi D’Alessio e Nino D’Angelo a Fabri Fibra e Gemitaiz, Speaker Cenzou, Nu Guinea. E sono grato anche alla signora Rosa Rubino, protagonista del video Me staje appennenn’ amò, che mi raccontato tanto della sua storia. Naturalmente mi dispiace che altrettanti artisti abbiano categoricamente detto no alle mie richieste di intervista: e cito Giorgio Moroder, Gennaro Nocerino, K-Conjog, Calcutta, Emanuele Cerullo».
Leggendo il libro viene fuori l’idea che LIBERATO non sia una sola persona, ma un insieme di artisti, non solo cantanti, un progetto vero e proprio. Secondo te dietro questo progetto quante menti ci sono che formano l’incappucciato munaciello? Tu che idea ti sei fatto?
«Ogni lettore|lettrice potrà dare la sua forma e la sua identità a LIBERATO, sebbene dentro queste pagine io scriva notizie assai precise e radicali. LIBERATO è uno: un compositore, un musicista, un artista colto che conosce bene il potere e la magia della musica, e conosce le dinamiche produttive internazionali e le maglie del marketing. Anche per la vicinanza a NSS Magazine. Nonostante ciò, gli sponsor sono sopraggiunti in una seconda fase. Non è il business dei brand ad aver generato questo progetto musicale invisibile».
Si legge in “io non sono LIBERATO”: “titoli, testi, canto, video, look, post di Facebook, concerti, crew – nulla è lasciato al caso”. In questo vortice di curiosità che ruota intorno a questo personaggio, se ci fosse stata una sbavatura non voluta, ma passata per tale, qualcuno l’avrebbe notata?
«Per tanti, fan e addetti ai lavori, le “sbavature”, o i contenuti poco comprensibili, sono stati soprattutto due singoli: “Gaiola portafortuna” e “Me staje appennenn’ amò”, che hanno spostato altrove un asse sonico espresso nei primi due singoli – “Nove maggio” e “Tu t’e scurdat’ ‘e me” – e negli ultimi due – “INTOSTREET” e “Je te voglio bene assaje” – e che hanno confuso abbastanza le acque. Ma LIBERATO contiene in sé la propensione a mescolare dub, canto neomelodico, urbanpop, dance da club, folk e ulteriori mondi ritmici. Mi sorprenderei soltanto se facesse un singolo operistico, probabilmente».
Da tutti i punti da te studiati e analizzati, dalle testimonianze che hai raccolto, qualora LIBERATO dovesse rivelare la sua vera identità, quale potrebbe essere il modo appropriato?
«Presumo attraverso un video. Senza le immagini questo progetto non esisterebbe. Le canzoni vivono e sopravvivono perché sono diventate un’astronave in movimento per merito della regia di Francesco Lettieri. E mi aspetto presto o tardi, più che un album classico, un cofanetto che includa anche lo sbarco con il gommone sul lungomare di Napoli, avvenuto lo scorso 9 maggio. LIBERATO usa i simboli della città, della sua cultura, della sua vita quotidiana – sport, adolescenti, corteggiamenti, architetture – per fortificare la sua identità. Ecco perché è una bugia dire che lui non ha volto. È il simbolo-santificato della Napoli attuale, con citazioni al passato».
In questo libro racconti anche di un’intervista a LIBERATO che non si è mai realizzata. Dopo quella volta ci hai più provato?
«Ci ho riprovato eccome, naturalmente. Non ha mai dato nessun cenno. Fino a quando gli ho proposto anche il libro-racconto, non biografico bensì artistico. Anche il quel caso una persona che lavora al suo fianco ha ribadito che per lui non era opportuno farlo».
LIBERATO ha già letto il tuo libro? Ha espresso un suo parere?
«Probabilmente lo leggerà e probabilmente lo leggeranno coloro che sono coinvolti nella sua attività e nel suo business. Ma non posso prevedere se avranno voglia di commentare e/o cosa direbbero».
Questo studio sul fenomeno LIBERATO avrà un seguito in un nuovo libro?
«Non credo. Sto facendo periodicamente performance poetiche – di recente una al museo Madre dedicata a Shirin Neshat e Oum Kulthum assieme a Raiz e Paolo Polcari – e sto raccogliendo nuovi poemetti. Forse il prossimo librò sarà una raccolta come quella che ho pubblicato nel 2015, “Le piume degli angeli scemi”, o forse una antologia foto-testi on the road del mio viaggio a New York City. Su LIBERATO ho scritto tutto quello che c’era da scrivere. Non ho censurato nulla».
Francesco Lettieri, regista dei suoi videoclip, afferma che nella musica del munaciello “non c’è niente, niente di niente, che sappia di neomelodico”, anche se in molti affermano il contrario…
«Io pure sono in disaccordo con il regista. Forse Lettieri ha paura di ammettere la presenza del mood neomelodico, o forse non ne ha una dotta e sincera conoscenza. Eppure è proprio Lettieri che dichiara di essersi ispirato a “Fotomodelle un po’ povere” di Gigi D’Alessio per realizzare il videoclip di “Tu t’e scurdat’ ‘e me”. Come dichiara la sua passione per “Stelle stelletelle” di Rosario Miraggio».
Il libro contiene anche un qr-code con contenuti extra. Una sorta di approfondimento di quello raccontato precedentemente, messo a confronto con nuove ipotesi, e fatti accaduti, interviste a producer, compositori, attori, ingegneri del suono, rapper. Come nasce l’idea di questa “traccia nascosta”?
«La mia ricerca ha portato alla luce una quantità enorme di materiali, tra narrativa, reportage, inchiesta, interviste. Il libro s’è mosso come una fisarmonica e mi divertiva l’idea che anche i lettori potessero continuare la loro personale caccia al tesoro. Rincorrendo il musicista, la sua creazione, i partner che lo hanno sfiorato, il marketing che lo ha accompagnato.
Scrivi: “LIBERATO ha sedotto non soltanto per la sua sagoma fantasma di spalle bensì per la sua fantasmagoria sonora e letteraria. Per avere indotto chiunque a esprimere un commento, un parere, un io credo lui sia”. Possiamo dire che LIBERATO ha sedotto anche te…
«Mica lo nego. Ricordo la notte d’inverno in cui sentii per la prima volta “Nove maggio”: restai commosso, eccitato. L’ho ballata subito e la ballo ancora adesso, anche se ammetto che INTOSTREET ha il medesimo fascino. Infatti la copertina di “io non sono LIBERATO” è proprio una fotografia che ho scattato al Sónar di Barcellona quando LIBERATO cantava questo singolo uscito a maggio. Da allora, è cominciata l’ennesima lunghissima latitanza».